Voto: 6.5/10 Titolo originale: Cattivo sangue , uscita: 13-05-2022. Regista: Simone Hebara.
Cattivo Sangue: la recensione del film noir a sfondo crime di Simone Hebara (su Netflix)
06/09/2022 recensione film Cattivo sangue di Francesco Chello
Interessante opera prima del filmmaker romano nonché gradita sorpresa questa piccola opera indipendente italiana che s’incunea con fierezza nel cinema di genere nostrano. Cupo, asciutto, violento, per niente consolatorio.
Un merito di Netflix è quello di aver dimostrato in questi anni di sapere guardare anche al bacino di produzioni indipendenti per la scelta dei titoli da aggiungere alla propria library. Bacino da cui arriva uno degli ultimi inserimenti, vale a dire l’italianissimo Cattivo Sangue, disponibile dal primo settembre scorso.
Un film che vive in maniera viscerale la definizione di indipendente, come sottolineato orgogliosamente dal regista Simone Hebara e da altri a bordo del progetto che hanno parlato testualmente di ‘prima volta in Italia per un film indie indie indie, partito dal basso, che approda su Netflix’.
Che se anche non fosse il primo, ma ‘uno dei’, sarebbe comunque uno step importante per una produzione così piccola (in termini di mezzi a disposizione), umile ma ambiziosa, che grazie alla propria qualità sta risalendo i gradini della distribuzione. Cattivo Sangue era stato presentato in anteprima al FiPiLi Horror Festival a fine ottobre 2021.
A marzo di quest’anno fa capolino sul circuito streaming, distribuito da Minerva Pictures che riesce a collocarlo su Rakuten TV, Google Play ed Amazon Prime Video (piattaforme su cui è tuttora disponibile per l’acquisto ed il noleggio digitale). A fine agosto arriva quasi inaspettatamente la notizia dello sbarco su Netflix, che si unisce a quella della vendita dei diritti all’estero in diversi paesi (tra cui Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania).
Ambizione, dicevo. Quella di una produzione a bassissimo costo che tenta di farsi notare attraverso il nostro amato cinema di genere. Che è lodevole già di suo e da sostenere a prescindere, ma non resta fine a sé stesso nel momento in cui all’intenzione fa seguire un’esecuzione all’altezza.
Nelle piccolissime produzioni di genere nostrane può capitare di apprezzare impegno e passione, per poi vederle venire puntualmente meno sul versante tecnico e/o qualitativo e/o narrativo. Avere la bravura di abbinare alla voglia una realizzazione consona, aggiunge pregio a quell’apprezzabile proposito.
Il bello è che Cattivo Sangue la suddetta ambizione la raddoppia nel momento in cui il suo posto al sole cerca di procurarselo attraverso un genere non esattamente semplice da raccontare come può essere un noir a sfondo crime. Una storia di sicari, vendetta, malavitosi, in cui il sangue del titolo diventa una sorta di filo conduttore. A partire dal suo protagonista, un sicario su commissione che dal sangue delle proprie vittime è riuscito a guadagnarsi la sicurezza economica per potersi ritirare in quel di Malta dove gestisce un bar e non sa come spendere tutti quei soldi.
Il richiamo del sangue lo riporta in azione (a Roma e dintorni) permettendogli di evadere da una vita, quella nuova, che chiaramente gli sta stretta; una via di fuga apparente che in realtà nasconde una voglia di redenzione, di fare pace in qualche modo con la propria coscienza, esplicitata dall’accettare un ingaggio che puzza di bruciato (e di sangue, ovviamente) lontano un miglio. E ancora, la forza del sangue fraterno, quello che in questa storia lega (in declinazioni differenti) due personaggi per ogni schieramento, e che spinge ad accollarsi i sentimenti di un’altra persona in nome di un legame più forte della razionalità.
Senza dimenticare il sangue inteso come condanna, nella fattispecie di un HIV che diventa la pallina di un ping pong di vendette reciproche. Non ultimo, il colore del sangue, unica tinta in cui può concludersi una storia di questo tipo. Perché Cattivo Sangue non è certo un racconto rassicurante che mira ad accarezzare lo spettatore con un tono confortevole. Tutt’altro.
Film cupo, dal sapore amaro, ambientato in un contesto emotivamente disagevole in cui quasi tutti i personaggi hanno i propri peccati da espiare, e soprattutto tutti hanno perso o perdono qualcosa. Anche se poi l’impostazione spinge lo spettatore comunque a schierarsi, più per empatia che per familiarità con una situazione che evidentemente non rientra nella media.
Il motore dell’operazione è Simone Hebara che Cattivo Sangue lo scrive e lo dirige. Lungometraggio d’esordio per il 32enne filmmaker romano, che non mostra assolutamente l’emozione e le incertezze che avrebbero potuto caratterizzare una prima volta, quanto piuttosto idee chiare sia in fase di scrittura che di regia. Dialoghi ridotti all’essenziale, silenzi, attese snervanti.
Violenza, sia fisica che psicologica. Atmosfera, tempi sapientemente allungati all’interno di ottantasei minuti di durata che scivolano via senza intoppi. Mano ferma, intuizioni visive, movimenti interessanti. Sicurezza nel padroneggiare il mezzo ma nessuna voglia di strafare. Come nel caso delle sparatorie, chiare ed asciutte, girate con la consapevolezza dei mezzi a disposizione evitando quindi di fare il passo più lungo della gamba.
Senza dimenticare soluzioni che rendono la narrazione filmica accattivante, penso al prologo in piano sequenza in soggettiva e, soprattutto, a un finale che agisce per sottrazione limitandosi a suggerire (con l’aiuto del sonoro) ciò che non vediamo ma riusciamo ad immaginare, quando magari sarebbe stato più semplice lasciarsi andare ad uno showdown più esplicitamente pulp.
La stessa scelta di fotografia e montaggio (rispettivamente di Giuseppe Chessa e Niccolò Notario) si incastra con giustezza in questo quadro.
La riuscita di Cattivo Sangue può contare sul lavoro di squadra in cui non è da meno quello di un cast che non solo non mostra quell’inesperienza che una produzione a basso budget potrebbe far temere, ma non cade in quei difetti prevalentemente italiani che vanno dal sussurrare costantemente, alla solennità teatrale, all’esasperazione di chi ha l’overacting facile.
A cominciare da Claudio Camilli, a cui va l’onere e l’onore di un ruolo da protagonista portato a casa con impegno e attitudine. Mi riferisco al personaggio di Sergio, killer taciturno che non a caso viene soprannominato il Muto, particolare che implica l’importanza del linguaggio non verbale – mi è rimasta impressa la scena in cui se ne sta sullo sfondo di un dialogo tra altri due personaggi e per ragioni imprecisate inizia ad odorare frutta e ortaggi presenti in casa di uno dei due (sono portato a pensare si tratti di un particolare improvvisato dallo stesso Camilli, sarei curioso di sapere se effettivamente è così) – così come presuppone un numero limitato di battute ben calibrate che in termini di loquacità vengono compensate dal voice over con cui il nostro ci racconta una piccola parte del suo background.
Alcuni dei suoi omicidi (rigorosamente numerati) narrati col calore di un tono che per qualche motivo mi ha fatto pensare a qualcosa di Ferruccio Amendola, al punto che quei racconti ti sembrano pochi e quasi quasi ci starebbe lo spin-off audiolibro di Sergio che snocciola nel dettaglio la sua intera carriera omicida.
Tra i cattivi spicca Edgardo, sadico e psicopatico, interpretato ottimamente da Matteo Quinzi, unico che deve ricorrere al sopra le righe, utilizzato in maniera intelligente, pertinente e propedeutico al personaggio, alcune delle sue scene distillano disagio – esempio doveroso la scena del dito che vede coinvolto Riccardo Camilli (fratello di Claudio), con richiami alla Yakuza per niente casuali, testimonianza di un’influenza nipponica che deve aver avuto il suo peso (insieme ad immancabili reminiscenze del cinema di genere nostrano dei bei tempi) sull’Hebara autore.
Francesco Braschi è l’ex poliziotto logorato dai rimorsi e dalla malattia, torna a lavorare col regista dopo Legacy, corto sci-fi presentato al FiPiLi del 2016. Completano la rosa di Cattivo Sangue Giulia Paoletti e la sua sete di vendetta, Fabio Massenzi nei panni della talpa che tenta disperatamente di uscire dal giro, e Gianluca Tocci che interpreta Massimo Ventura, fratello di Edgardo che si divide tra la voglia di dare un lustro differente al suo status di malavitoso e l’esigenza di tenere a bada un fratello problematico anche per un criminale.
In definitiva, Cattivo Sangue si conferma una piacevole sorpresa. Ho parlato di conferma per chi, come me, ha potuto vederlo per la prima volta ma ci arrivava dopo un passaparola beneaugurante. Passaparola a cui ci auguriamo di dare il nostro contributo consigliandovi un film che merita la sua bella dose di visualizzazioni che di riflesso potrebbero fare solo bene a tutto il cinema indipendente italiano.
Di seguito trovate il trailer di Cattivo Sangue (non sembrerebbe, ma se cliccate si apre!):
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