Voto: 6/10 Titolo originale: Cruella , uscita: 26-05-2021. Budget: $200,000,000. Regista: Craig Gillespie.
Crudelia: la recensione del film Disney di Craig Gillespie
26/05/2021 recensione film Crudelia di Gioia Majuna
Emma Stone ed Emma Thompson sono le protagoniste di una storia delle origini della celebre villain che si rispecchia - nel bene o nel male - nella sua dualità
Sulla falsariga di più o meno recenti remake o reimmaginazioni in live action di casa Disney come Maleficent o Dumbo (la recensione), è ora il turno di Crudelia (Cruella), diretto da Craig Gillespie (Tonya) e interpretato dalla talentuosa Emma Stone (La Favorita), Emma Thompson (Love Actually), Mark Strong (Sherlock Holmes), Joel Fry (Yesterday) e Paul Walter Hauser (BlackKklansman). Questo prequel / storia delle origini cerca di rimodellare la famigerata cattiva di La Carica dei 101 Disney alla maniera di una antieroina alla Harley Quinn (lasciamo stare il Joker va …) non una folle assassina di innocenti cuccioli di dalmata, quanto piuttosto una irriverente ragazzaccia decisa a sradicare le convenzioni degli anni ’70 e a rivendicare le proprie pretese in mezzo a quei falsi profeti che guidano la ‘visione pubblica’ del mondo (della moda).
A differenza di Maleficent, però, che era meno legato al passato in quanto trasformava la villain de La Bella Addormentata in un personaggio per il quale provare genuina compassione, Crudelia si presenta più come una poser punk, una finta rivoluzionaria la cui potenziale eroicità viene- necessariamente – oscurata dal suo futuro già scritto.
Ambientato quasi interamente nella palpitante Londra degli anni ’70, Crudelia segue la giovane orfana Estella (Stone) che vive con i suoi compagni senza famiglia Jasper (Fry) e Horace (Hauser) organizzando piccole truffe, borseggiando malcapitati e – in generale – commettendo meschini furtarelli per tirare avanti. Tutto sembra finire quando Estella, desiderosa di diventare una stilista più di ogni altra cosa, si ritrova a lavorare sulla prossima collezione per la più grande stilista di Londra, la Baronessa (Thompson).
Condividendo un simile debole per la moda più dirompente e all’avanguardia, Estella si ritrova sempre più vicina, fisicamente e nel modo di pensare, alla fredda e calcolatrice Baronessa fino a quando non impara una vecchia lezione: mai conoscere il tuo idolo. Lo shock di quanto scopre non è tuttavia qualcosa che può mettere un freno a Estella, soprattutto quando può sempre far entrare in scena il suo birbantello alter ego Cruella per invertire il corso della corrente, travolgendo Londra nell’operazione.
Il problema con qualsiasi prequel è il suo necessario collegamento al ‘futuro’. Maleficent schivava questo particolare proiettile reinventando la storia di La Bella Addormentata in modo che entrambe le versioni del personaggio potessero essere vere: eroina e cattiva. Nella sceneggiatura scritta da Dana Fox e Tony McNamara da una storia di Aline Brosh McKenna (Crazy Ex-Girlfriend), Kelly Marcel (Venom: la Furia di Carnage) e Steve Zissis (A Casa con Jeff), Crudelia cerca di adattare tutto in una volta il personaggio dal racconto originale di Dodie Smith, quello del classico animato del 1961 e quello del primo adattamento dal vivo del 1996, creando un personaggio che confonde, in quanto troppo bischero per tifare completamente per lei, ma troppo dolce per essere completamente odiata.
Come presentata qui, Cruella è prima una bambina vessata a causa della bizzarra bicromia dei suoi capelli (chissà cosa ne pensa Sia) la cui forma di ribellione passa attraverso il design di moda e le maniere forti di fronte a un insulto. C’è qualcosa di veramente positivo nella rappresentazione di un personaggio che non si fa guidare dalle opinioni degli altri su se stesso ma è convinto fortemente della propria auto-realizzazione. Successivamente, è una giovane donna che cerca di sopravvivere, usando le sue capacità per ragioni meno rispettabili, ma sono proprio queste abilità che la rendono formidabile quando imboccherà la retta via.
Se soltanto questo arco narrativo non fosse così direttamente legato a doppia mandata a chi il pubblico sa bene essere Crudelia De Mon (o almeno lo si spera …), la versione di Emma Stone non solo sarebbe deliziosa da guardare, ma lo faremmo con una gioia diabolica negli occhi mentre lei corregge gravi torti attraverso una punizione poetica.
Invece, non essendoci fortunatamente volontà di (totale) revisionismo da parte della Disney, ben poche sono le vere sorprese nella storia, anche perché i colpi di scena vengono tutti rivelati entro i primi minuti del film. Per non parlare del fatto che il modo in cui la sceneggiatura cerca di aggirare e / o evitare la caratteristica futura crudeltà verso gli animali della Crudelia più ‘anziana’ richiede qui una certa flessibilità degna di un acrobata del Cirque du Soleil.
O si accetta un cattivo così com’è passato alla storia e si affronta la sua inevitabilità (una preoccupazione che alcuni avevano riguardo alla realizzazione di un prequel di questo personaggio) OPPURE lo si rende qualcos’altro. Affrontandone invece la spigolosa caratterizzazione tramite qualche semplice battuta o vago riferimento, qualsiasi tentativo di ‘riforma’ non può che diventare allora superficiale, e insoddisfacente.
Ciò che è più frustrante è la quantità di potenziale sul piatto. Entrambi gli sceneggiatori, Dana Fox e Tony McNamara, hanno dimostrato già in passato si saper come sovvertire le aspettative del pubblico riguardo le donne. La prima con Non è Romantico, dove aveva creato una commedia romantica in cui la storia d’amore si rivolgeva, alla fine, all’interno. Il secondo con il decadente e diabolico La Favorita, che non solo è valso ad Emma Stone il suo secondo premio Oscar, ma che capiva come anche le donne possano essere ‘sporche’ tanto quanto gli uomini. Inevitabile, visti i nomi, essersi quindi fatti qualche aspettativa con Crudelia.
Per usare un linguaggio caro all’industria della moda, il loro script è lo sketch all’interno di un lookbook, i contorni definiti, il concept chiaro, bastano solamente il tessuto, i belletti e altri piccoli dettagli per fargli prendere vita nella realtà. Emma Stone ed Emma Thompson sono – prevedibilmente – le parti migliori del film e danno vita ad alcuni dei momenti più riusciti quando sono in scena insieme, in una sorta di rivisitazione ‘made in Disney’ delle dinamiche già viste in Il Diavolo Veste Prada tra Anne Hathaway e Meryl Streep.
Il momento in cui Estella canticchia sulle note di These Boots Are Made for Walkin’ di Nancy Sinatra evidenzia la facilità e la grazia dell’attrice, anche quando Estella è altrimenti alterata. Ma dove Emma Stone nei panni di Estella o Cruella rapisce immediatamente l’attenzione dello spettatore, la collega premio Oscar nel 1993 le sta abilmente dietro nota per nota, colpo su colpo. Qualcosa che le due attrici condividono è la padronanza della loro fisicità, al punto che ognuna ha un momento in cui il rispettivo volto passa da uno stato d’animo all’altro così perfettamente da sembrare opera della CGI. È inquietante e sorprendente allo stesso tempo.
Il problema, come detto, nasce dal fatto che Crudelia è così indissolubilmente legato a dove dovrà terminare che, nel seminare piccoli riferimenti per il futuro, la conclusione di questo racconto è sia prevedibile che inevitabile, creando così una situazione non invidiabile in cui il divertimento è al massimo temporaneo (a dire il vero, non si ride quasi mai …) e manca di qualsiasi possibile senso di soddisfazione duratura.
In ogni caso, come abilmente enfatizzato dai trailer promozionali, il film – che pure talvolta vira verso territori dell’heist movie, giusto per non farsi mancare nulla – punta fortissimo sulla maestosità dei costumi creati da Jenny Beavan, già vincitrice di una Academy Award per il costume design di Mad Max: Fury Road, non tanto mozzafiato in sé, ma ingegnosi più che altro per come sono valorizzati e messi in scena. Sono complessi e raccontano storie da soli. Sono provocatori e stimolanti, ma seducenti. Uno di questi coinvolge addirittura l’impiego di un camion della spazzatura in una sorta di performance di strada a effetto, brillante nel design ma portando anche avanti la narrazione.
Gran parte dei modelli di Crudelia prendono spunto dal periodo intorno alla rivoluzione degli anni ’60 / ’70 a Londra e in tutto il mondo, che – come saprete – ha visto l’ascesa dei movimenti anti-establishment. Tutti gli abiti che Estella crea (cioè la Beavan) spingono sull’idea di rompere le catene di ciò che era per creare qualcosa di audace e di nuovo. Dal punto di vista dell’estetica, il team creativo cattura con efficacia l’aura di Crudelia, e il momento storico è ‘sincronizzato’ in tal senso, ma, specialmente se visto in combinazione con il frequentissimo ricorso ai successi dell’epoca (a proposito, ma quanto hanno speso per i diritti dei pezzi della colonna sonora?), il film di Craig Gillespie perde la sua indole punk facciata, rivelando un cuore glamour e studiato a tavolino per venire incontro alle masse (anche se non è chiarissimo il pubblico di riferimento, visto che non sembra pensato per i bambini).
Siamo di fronte, dopo tutto, a una produzione Disney, uno studio che è la cosa più lontana dall’anti-establishment sul pianeta, quindi cercare di fare di Cruella una punk rocker (nella vera accezione del termine, ovviamente) è falso almeno quanto provare a fare di Young Signorino un cantante da portare a Sanremo.
Crudelia esamina il tema della dualità sia visivamente, nella letterale spaccatura bianconera dei capelli di Estella, che metaforicamente, nell’alter ego che la protagonista diventa quando fa cose turpi per ottenere ciò che vuole. La stessa cosa succede con la produzione del film: splendidi abiti, una narrazione progettata in modo appealing (vedi costumi e make-up abbacinanti) e un casting in parte, il tutto però in forte contrasto con un ricorso eccessivo alle canzoni per trasmettere spessore (attraversi i loro testi), un eccessivo affidamento sul futuro già scritto per creare un passato che lo sposi e una rappresentazione inautentica del cosa significhi ribellarsi.
Se si dovesse distillare Crudelia in una sola parola, sarebbe ‘furbetto’. Quando funziona, fa il suo dovere. Il cast si è palesemente divertito a girarlo. Quando non va, si slabbra in corrispondenza delle cuciture. Troppo scintillante per appartenere a quell’epoca, troppo preciso per essere genuino. È vuoto e, anche se alla fine ‘va bene’ così (in fondo, i precedenti live action della Disney non so certo capolavori, anzi), ci sono ben poche ragioni per pensare di volerlo rivedere.
Di seguito – sulle note di Perhaps, perhaps, perhaps di Doris Day – trovate il full trailer doppiato in italiano di Crudelia, dal 26 maggio in contemporanea nelle nostre sale cinematografiche e su Disney+ con Accesso VIP:
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