Il regista di Solis torna dietro alla mdp per un ibrido maldestro, che cerca di combinare fantascienza e sentimento ma non riesce a rappresentare appieno nessuno dei due
A Sitges 52 abbiamo potuto constatare una tendenza che in quest’ultimo anno si è decisamente rafforzata: sono stati infatti presentati molteplici titoli che, dietro blande premesse da cinema horror e fantastico, nascondono in realtà drammi dall’alto tasso emotivo, che poco hanno con la tipologia a cui inizialmente sembrerebbero rimandare. Così, del cinema di genere – a cui ci aspetteremmo di assistere – rimane ben poco, solo una suggestione che si perde via via nel minutaggio.
A volte il risultato è ugualmente convincente, come in Adoration di Fabrice du Welz (la recensione), o è solo una scusa per parlare d’altro, come in After Midnight / Something Else di Christian Stella e Jeremy Gardner (la recensione), altre ancora dopo un buon inizio da thriller con tocchi demoniaci si discende lentamente nella catarsi lacrimevole del rapporto madre-figlia come in Pelican Blood di Katrin Gebbe (la recensione).
In alcuni casi siamo fortunati, in altri molto meno. In questi ultimi rientra così a pieni meriti Dark Encounter di Carl Strathie, film di stampo fanta-horror nelle promesse, ma derivativo, prolisso e melenso nel risultato.
Il tentativo che Carl Strathie, al suo secondo lungometraggio dopo il trascurabile Solis (2018), fa con Dark Encounter è palese: mira a declinare in modo diverso e più profondo gli stereotipi tipici della cinematografia di fantascienza, in particolare quel filone che si concentra sull’arrivo più o meno pacifico degli extraterrestri. Nel farlo, cerca di mantenere una buona dose di ambiguità, per creare (si suppone) una certa suspense, almeno fino all’ultimo terzo del film e alla rivelazione finale. Così, sono mischiati in sceneggiatura elementi molto diversi, ma non sarebbe di per sé un problema, anzi. La fortissima componente emotiva, luttuosa, e quella orrorifica, se ben bilanciate in una trama costruita con cura potrebbero creare un insieme non scontato e coinvolgente. Purtroppo ciò non accade qui.
Da un lato si fa infatti fatica ad empatizzare con i protagonisti, caratterizzati come stereotipate maschere di dolore più che come complessi essere umani. I dialoghi banali e gli atti da melodramma ne sono l’espressione compiuta. Ancor più, i due nuclei tematici forti di Dark Encounter non si compenetrano a dovere e gli sviluppi in un senso e nell’altro sono forzati, innaturali, quasi quanto la azioni dei protagonisti e la loro resa manierista da parte degli interpreti, in particolare del duo di genitori disperati costituito da Olivia (Laura Fraser) e Ray (Mel Raido). In tutto ciò, particolarmente deludente è l’utilizzo dell’immaginario sci-fi horror legato agli UFO, che finisce per essere una somma di cliché ritriti. Così, quello che dovrebbe essere il massimo momento di tensione perde malamente ogni spessore, vista la combinazione di prevedibilità e l’assenza di un vero e proprio ritmo, di un’atmosfera realmente sinistra che renda il pericolo tangibile.
Insomma, Dark Encounter sembra quasi in certi passaggi (più di uno) la copia di un episodio di X-Files riuscita male, visto che non esiste alcuna tensione in ciò che ci viene mostrato sullo schermo. Non va poi dimenticato c’è il ‘fattore home invasion aliena’, una versione priva di mordente di Dark Skies – Oscure presenze di Scott Stewart o di un duplicato monco del Signs di M. Night Shyamalan (il nostro dossier sulle inquietanti teorie dietro al film), per arrivare infine, dopo uno sviluppo a singhiozzi, a derive catartico-intergalattiche in stile Incontri ravvicinati del terzo tipo. Il risultato a fine visione è di un ensemble pasticciato che non esplora e porta a degno compimento nessuna delle suggestioni di cui è composto. Avanti il prossimo.
Di seguito trovate il trailer ufficiale di Dark Encounter (della cui possibile distribuzione nel nostro paese non si hanno per ora informazioni):