Dossier: la fase porno di Lars von Trier, Constance, Pink Prison e All about Anna
03/12/2019 news di William Maga
Agli inizi del 2000, il regista e produttore danese si cimentò con la sua Zentropa nel genere per adulti, lavorando a una 'trilogia' (+ 1) che nelle intenzioni avrebbe dovuto rivoluzionare il settore in senso 'femminista'
Chi lo conosceva sapeva che Lars von Trier non era un tipo nuovo alle sorprese. Meno che mai poi, il regista danese amatissimo dalla critica internazionale, si sottraeva alle provocazioni. In anni in cui il cinema rincorreva la perfezione stilistica attraverso l’uso smodato del computer, aveva creato il Dogma: il tentativo di scriverne la storia moderna partendo dalla semplicità. Ovvero, tradotto nei fatti: niente luci artificiali, niente effetti speciali, nulla nell’interpretazione degli attori che tradisse la finzione della recita. Poi, mentre altri autori applicavano il Dogma 95 alla lettera, lui decise di seguire altre strade.
E con Dancer in the Dark, al Festival di Cannes del 2000, sperimentò una nuova formula di musical. Risultato: una Palma d’oro al film e una alla cantante Bjork come migliore attrice protagonista. Ma non è mai stato un autore capace di accontentarsi, Lars von Trier. Qualche anno prima, appena finite le riprese di Idioti aveva infatti promesso, lasciando basiti i presenti: “Con la mia casa di produzione, la Zentropa, ho intenzione di produrre dei film porno. Si tratta di un genere cinematografico che mi incuriosisce. E voglio vedere come è possibile modificarne la struttura, per cercare nuove strade”.
Allora era parsa un’uscita come tante altre. Alla von Trier appunto. Una boutade o poco più. E chiusa la pagina dell’annuncio ad effetto, nessuno era più tornato sull’argomento.
Invece, dalle parole si è passati ai fatti e, nella primavera del 2001, i film hard prodotti da Lars von Trier, che si era associato per l’occasione con la danese Puzzy Power, furono disponibili a noleggio nelle videoteche italiane. Dopo essere passati, non senza lasciare qualche strascico polemico, ai festival di Stoccolma e Rotterdam.
Nessuno o quasi, nell’universo dell’home video, si era però accorto dell’avvenimento. Vuoi perché l’uscita non era stata anticipata da nessuna campagna pubblicitaria. Vuoi perché dietro la misteriosa etichetta Lynx, che li commercializzava, ci sarebbe stata la Columbia Home Entertainment, emanazione italiana della major americana di proprietà della Sony, che dopo averne acquisito i diritti avrebbe preferito mettere in atto la strategia del ‘silenzio commerciale’.
Già, perché nonostante i titoli non fossero per niente pruriginosi – Constance – Il diario segreto (1998) e Pink Prison – Le catene del desiderio (1999) – e la collocazione nelle videoteche fosse tra i prodotti erotici, ad uso e consumo anche di grandi catene come Blockbuster (che ha sempre rifiutato di commercializzare il porno), i due film sono veramente V.M. 18, come pure i successivi HotMen CoolBoyz (2000) e All About Anna, arrivato nel 2005 (che merita un discorso a parte). Tutti e quattro i film sono basati sul Manifesto della Puzzy Power in 7 punti, redatto da Gerd Winther, Lilli Henriksen, Christina Lohse, Vibeke Vindel e Mette Nelund per la Zentropa nel 1997 e basato sull’idea ‘rivoluzionaria’ – e femminista – di sovvertire i canoni del genere, focalizzandosi sulla bellezza del corpo e sul piacere della donna.
I primi due hanno in comune la stessa protagonista: la pornostar Katja Kean, bionda trentaseienne danese conosciutissima nel mondo delle luci rosse, dove, dopo l’esordio con la svedese Private, aveva tentato come altre colleghe di fare fortuna in America. Eppure, a dispetto delle apparenze e dei contenuti, i due lungometraggi non possono essere definiti tout court pornografici. Non almeno per quello che si intende per convenzione il solito hard, spesso e volentieri girato in fretta, con pochi soldi, con poca fantasia e senza tenere conto delle più elementari regole della ‘grammatica’ cinematografica.
Constance – Il diario segreto, diretto da Knud Vesterskov, ad esempio, venne filmato in pellicola. La trama è semplice e al tempo stesso complessa, soprattutto se confrontata con altri film a luci rosse. In sintesi racconta di una ragazza che ritrova il diario della nonna e, attraverso la lettura delle pagine manoscritte, ne ripercorre le fantasie erotiche.
Giocato su continui flashback tra passato e presente – e intercalato da una voce off femminile -, il film mette in scena il tradizionale campionario “estetico” di un hard movie. Ma – e qui è la sostanziale differenza – più che mostrare nei minimi particolari il contenuto pornografico o la meccanica dell’amplesso, ne accenna il contesto. Senza mai indulgere o soffermarsi più di tanto sull’atto sessuale. Anzi, fermandosi un secondo prima del “cumshot”, che di un film a luci rosse e il climax, se non proprio l’unica ragione di essere. Una scelta spiazzante, da alcuni ritenuta semplice mistificazione. In qualche misura, una scelta d’autore. Per quel tanto di autoriale che il genere hard può permettere.
Piccolo intermezzo. Knud Vesterkov è anche il regista di HotMen CoolBoyz (H.M.C.B.), film pornografico gay prodotto dalla Puzzy Power con la HotMale, braccio adulto maschile proprio della Zentropa di Lars von Trier. Interpretato da Ron Athey e Billy Herrington, è l’unico lungometraggio di questo genere mai prodotto da una società cinematografica affermata, anche se al momento della sua uscita in home video venne praticamente ignorato all’unanimità dalla stampa danese, tanto che, nonostante alcune nomination di prestigio ai GayVN Awards, trovò una distribuzione internazionale in DVD solo nel 2004.
Si trattò di un tentativo di ‘rivoluzionare’ i porno omosessuali, infarcendo di sfondi bizzarramente digitali un contesto da antica Grecia con velleità artistoidi incomprensibili. Comprensibile invece l’accoglienza.
Diverso è il discorso e l’approccio al “tema” di Pink Prison – Le catene del desiderio, la storia di una fotografa che entra di nascosto in una prigione maschile per realizzare uno scoop fotografico e resta vittima, nell’ambiente claustrofobico, delle proprie fantasie e perversioni segrete. Una trama che più tradizionale non si può. Un plot messo in scena mille e mille volte dai registi a luci rosse.
E che neppure Pink Prison – Le catene del desiderio, girato in video, riesce più di tanto a rinnovare o reinventare. Nonostante – ed è quasi una novità – fosse diretto da una regista donna, per di più esordiente, Lisbeth Lynghoft. Infatti, le cronache del Festival di Stoccolma, dove era stato presentato, recitavano: “Pink Prison altro non è che un film porno” o “Il porno sbarca al Festival di Stoccolma”. E ancora “Il film di Lisebth Lynghoft non è diverso da altri dello stesso genere”. Stesse accoglienze ricevette anche a Rotterdam 2000. Nessuno, però, gridò allo scandalo.
Più semplicemente, la stampa del Nord Europa aveva sottolineato, con un pizzico di ironia e forse di delusione, che probabilmente c’era poco da inventare in un contesto, quello del cinema per adulti, in cui l’invenzione era sempre più l’ultimo dei pensieri di registi e produttori. Anche quando ci si chiama Lars von Trier. Invece no.
Come anticipato, All about Anna fa quasi storia a sé. Innanzitutto, questo terzo – e ultimo – tassello della trilogia non venne prodotto dalla Puzzy Power, scaturendo invece dalla coproduzione tra la Zentropa e la Innocent Pictures. Diretto da Jessica Nilsson, vede poi la cantante danese Gry Bay prendere il posto della star Katja Kean (ormai sul viale del tramonto), interpretando Anna, una ragazza single dal carattere forte che, attraverso una vita sessuale molto attiva, cercava di evitare relazioni romantiche a lungo termine per paura di cominciare a dipendere da qualcuno, salvo iniziare a dubitare del suo stile di vita, parallelamente però tentata sul lavoro da svariati colleghi di entrambi i sessi.
Non sembrerebbe nulla di eclatante nemmeno qui insomma, se non fosse che – finalmente – la regista tiene fede al manifesto programmatico iniziale, innestando la narrazione di riflessioni sulla condizione umana, parlando di desiderio insoddisfatto, tentando di creare una nuova forma di film erotico, basato sulla realtà piuttosto che sulle tipiche fantasie che caratterizzavano i titoli hard tradizionali (di cui mantiene tuttavia il desolante aspetto visivo, piuttosto grezzo, quasi da soap opera). Non a caso, le scene di sesso sono brevi, molto meno esplicite e parte integrante della storia e delle descrizioni dei personaggi, quindi non nascono praticamente mai ‘dal nulla’.
Un’opera insomma che, ambiziosamente, parla di Amore e di difficoltà, condito di umorismo e atti sessuali, proprio come succede nella vita reale. Selezionato allo Zurich Film Festival, Gry Bay si aggiudicò addirittura il premio come attrice ‘più venduta in DVD’ agli Scandinavian Adult Awards nel 2007.
Purtroppo, questa carriera ‘parallela’ venne abbandonata qui da Lars von Trier (il quale peraltro ha dichiarato in anni recenti di non aver nulla a che fare con questi progetti, al contrario del socio – e CEO della Zentropa – Peter Aalbæk Jensen), che nel 2013 sarebbe comunque arrivato personalmente a girare il suo personalissimo film per adulti, lo scandaloso Nymphomaniac.
Di seguito il trailer internazionale di All about Anna:
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