Nel 1997 Beau Bridges e Phil Hartman erano i protagonisti di un film per la TV che con la presidenza Trump sarebbe insospettabilmente diventato attuale al di là di ogni previsione
Se non molto tempo fa tutti quanti abbiamo contemplato le ramificazioni della Civil War della Marvel (per la quale sono stati presi a prestito il Paul Rudd di Runaway Daughters e le sue abilità di miniaturizzazione simili a quelle viste in Salto nel buio), quello che abbiamo visto all’inizio di questo 2021 in diretta TV fa tornare alla mente un altro conflitto armato – sempre di stampo hollywoodiano – che si è intensificato a causa del rifiuto ostinato di semplicemente arrendersi da parte dei suoi potenti istigatori.
Il riferimento è ovviamente alla situazione di stallo inscenata nel film La seconda guerra civile americana (The Second Civil War) tra il governatore interpretato Beau Bridges, che prende la decisione di chiudere i confini dello stato dell’Idaho a un convoglio di profughi pakistani, e il Presidente degli Stati Uniti di Phil Hartman, i cui consiglieri pensano che aiuterebbe a rafforzare il suo consenso presso gli elettori l’inviare le truppe contro la Guardia Nazionale dell’Idaho e costringere così con la forza Bridges ad accettare i caparbi immigrati.
Questa semi sconosciuta gemma satirica girata da Joe Dante, realizzata nel 1997 per la HBO come sorta di precursore di Small Soldiers (in Italia e altri paesi europei venne però distribuito al cinema), fin da subito era apparsa tanto divertente quanto inverosimile. Rivedendo La seconda guerra civile americana di questi tempi, il tutto sembra invece fin troppo pertinente, affrontando obiettivi che è difficile credere non siano basati su ciò che sta accadendo davvero negli USA in questo momento.
È significativo, ad esempio, che l’Huffington Post – più o meno consapevolmente – qualche tempo fa abbia pubblicato articoli che fanno riferimento alla divisione tra i sostenitori e gli oppositori di Donald Trump come a una “seconda guerra civile”, citando la sua dipendenza dall’ipernazionalismo xenofobo e dalle manifestazioni estremiste. Avere sullo schermo Beau Bridges, un ex liberale che si rivolge alla maggioranza conservatrice del suo stato, che sfrutta l’indignazione contro gli alieni illegali per mero guadagno politico – tra l’altro al fianco di sottotrame su un Presidente stupido il cui Consiglio di Gabinetto prende tutte le decisioni per suo conto e un possibile attacco terroristico a New York City … – rende la sceneggiatura curata dal regista e autore satirico canadese Martyn Burke ancora più profetico.
Joe Dante, il quale una volta ha detto “non si può fare una grande satira se non si ama ciò che si sta prendendo in giro“, ha potuto beneficiare d’altra parte dal fatto che questi spinosi problemi non fossero ancora così rilevanti nella metà degli anni ’90 come lo sono oggi, passando così per essere solo un grande affabulatore e un sagace filmmaker visionario che potesse permettersi di trattarli con tale tono scanzonato (l’obiettivo della distruzione nel film è la Statua della Libertà, a mo’ di Il Pianeta delle Scimmie).
Tra l’altro, sarebbe stato un Joe Dante ben più arrabbiato a dirigere nel 2005 la più ambiziosa – e meno efficace – satira televisiva Homecoming per la serie Masters of Horror (la recensione), permettendo al rancore personale verso l’amministrazione Bush e alla sua guerra fasulla di prevaricare il lato più leggero della storia.
Come intuibile, il regista ha scelto ancora una volta di accedere alla satira politica attraverso i media, avendo in precedenza presentato un team di giornalisti meno che scrupoloso in L’ululato e distorcendo l’etica confusa di mescolare notizie e intrattenimento con il personaggio di John Glover in Gremlins 2, la prima parodia ufficiosa fatta da Joe Dante di Donald Trump . “Se non è sullo schermo, non sta succedendo!” insiste Dan Hedaya, ignorando il fatto che è lui a decidere cosa vada su quello schermo.
In questo senso, La seconda guerra civile americana è altrettanto preveggente nella sua rappresentazione di come i media di oggi vengono criticati, arrivando un decennio prima che il Daily Show iniziasse a chiedere conto alle reti statunitensi della loro spericolata presentazione del mondo in cui viviamo. Come esclama a un certo punto un cronista: “Grazie a Dio per l’arroganza, la lussuria e l’avidità, o faremmo tutti televendite!”.
Al di là del suo arguto sarcasmo sociale, La seconda guerra civile americana è un film realizzato in modo impressionante, soprattutto considerando che venne pensato per la televisione. Storicamente Joe Dante non ha mai dovuto destreggiarsi tra diversi personaggi disseminati in varie località, ma qui dimostra di avere la stessa abilità di un Robert Altman nell’intrecciare i molti fili della trama, ottenendo peraltro performance sopra la media da attori come Elizabeth Peña, Denis Leary e James Coburn – anche Roger Corman fa un ottimo lavoro come membro del team delle news.
Compaiono anche un paio di affezionatissimi di Joe Dante come membri del Gabinetto (il grande Kevin McCarthy e il leggendario William Schallert), mentre Phil Hartman, la cui versione di Bill Clinton (una figura che si rivelò inefficace contro il sentimento restrizionista e anti-immigrati presente nel governo repubblicano proprio durante la metà degli anni ’90) era stata proprio in quegli anni forse la caricatura più raffinata di una figura politica importante nella storia del SNL.
Il suo presidente in La seconda guerra civile americana non ha un nome, il che ci porta a chiederci: potrebbe essere lo stesso personaggio visto in Small Soldiers l’anno seguente? Il Presidente Phil Fimple?
Chiudiamo allora con una citazione senza tempo: “La gente vota per lo sfrigolio, non per la bistecca. È solo in seguito che dovranno addentarla”. È ora che impariamo tutti a separare lo sfrigolio dalla bistecca, per non finire tutti sulla griglia …
Di seguito una scena di La seconda guerra civile americana: