Voto: 8/10 Titolo originale: 地下幻燈劇画 少女椿 , uscita: 02-05-1992. Regista: Hiroshi Harada.
Dossier: Midori – La ragazza delle Camelie (1992), adattare Maruo senza filtri e censure
05/08/2024 recensione film Midori, la ragazza delle camelie di Gioia Majuna
Il regista giapponese presentava un'opera disturbante e fedelissima al controverso manga di partenza, un'opera di genere ero-guro senza compromessi capace di lasciare un segno duraturo
Arrivato sul mercato nel 1992, Midori – La ragazza delle Camelie (Midori: Shoujo Tsubaki) di Hiroshi Harada è giustamente considerato una delle opere più controverse e provocatorie nel panorama dell’animazione giapponese.
Basato sul manga “Shoujo Tsubaki” di Suehiro Maruo (a sua volta ispirato da una figura tipica del teatro Kamishibai), questo mediometraggio di 45 minuti circa si inserisce nel filone ero-guro (erotico-grottesco) e affronta temi di violenza, abuso e depravazione con una crudezza e una franchezza che lo rendono un pezzo praticamente unico nella storia dell’animazione in generale. Anche se il manga originale non è di Junji Ito, autore noto per i suoi lavori horror, i parallelismi tra lo stile grafico di Maruo e quello di Ito sono evidenti, esplorando entrambi da sempre le profondità più oscure della psiche umana. Ma ne parleremo più avanti.
Midori racconta la storia tragica di una giovane ragazza che, dopo la morte della madre, viene venduta a un circo di freaks. Qui, la protagonista subisce ogni sorta di abuso fisico e psicologico, vivendo in un ambiente pervaso da violenza e perversione.
Il film, noto per la sua animazione ‘rudimentale’, fu realizzato quasi interamente da Harada stesso in solitaria, un’impresa notevole che sottolinea la natura artigianale e molto personale del progetto, un esempio di dedizione estrema. Questi supposti limiti conferiscono però a Midori un’atmosfera adeguatamente disturbante, accentuando il senso di disagio e alienazione che permea l’intera opera.
Contestualizzare Midori nel periodo storico dell’animazione giapponese degli anni ’90 è essenziale per comprendere il suo impatto e la sua ricezione. Gli anni ’80 e ’90 furono un’epoca di grande fermento creativo per l’animazione giapponese, con opere come Akira (1988) di Katsuhiro Otomo e Nausicaä della Valle del vento (1984) di Hayao Miyazaki che stavano guadagnando riconoscimento internazionale.
Tuttavia, mentre molti anime cercavano di attrarre un pubblico più ampio, Midori si distingue per il suo contenuto estremo e la sua estetica volutamente inquietante.
L’opera di Harada si posiziona al margine della produzione mainstream, rivolgendosi a una nicchia specifica di appassionati dell’ero-guro.
Questa corrente artistica, che combina erotismo e grottesco, ha radici profonde nella cultura giapponese, esplorando temi di decadenza e perversione in modo esplicito. In questo contesto, Midori rappresenta un’interpretazione viscerale e disturbante del genere, rimanendo fedele allo spirito del manga originale di Maruo.
La ricezione di Midori da parte del pubblico e della critica è stata polarizzata. Da un lato, il film è stato lodato per la sua audacia artistica e per la fedeltà al manga, dall’altro è stato criticato per la sua rappresentazione grafica della violenza e degli abusi.
Le proiezioni del film furono spesso limitate o censurate, e Midori divenne rapidamente un’opera maledetta e di culto, amata e odiata allo stesso tempo. Questo dualismo nella ricezione riflette le tensioni e il disagio intrinseche nel film, che sfida le convenzioni sociali e morali attraverso la sua narrazione esplicita e il suo stile visivo sconvolgente.
Un’analisi approfondita di Midori deve necessariamente affrontare i suoi punti più delicati e controversi. La rappresentazione grafica della violenza, inclusi abusi sessuali e fisici, ha sollevato molte critiche e dibattiti sull’opportunità di tali immagini in un’opera d’animazione. Harada non edulcora nulla, mostrando la brutalità della vita di Midori senza filtri.
Questo approccio ha inevitabilmente portato molti a interrogarsi sui limiti della rappresentazione artistica e sulla responsabilità dei creatori verso il loro pubblico.
Il film solleva inoltre importanti questioni riguardanti il ruolo della donna nella società e la natura della vittimizzazione. Midori è presentata come una vittima passiva delle circostanze, ma la sua resistenza e volontà di sopravvivere suggeriscono una critica alla cultura che permette tali abusi.
In questo senso, il film può essere visto come una denuncia della violenza strutturale e della deumanizzazione presenti in molte società, non solo quella giapponese.
Nonostante tali controversie, Midori ha avuto un’influenza significativa su una generazione di registi e artisti che si occupano di temi oscuri e trasgressivi. L’opera ha ispirato ulteriori esplorazioni dell’ero-guro nell’animazione e nei manga, influenzando opere come Hellsing (2001) ed Elfen Lied (2004), che mostrano chiaramente influenze stilistiche e tematiche riconducibili a Midori.
L’importanza del film risiede nella sua capacità di spingere oltre i confini della narrazione e della rappresentazione, mostrando che l’animazione può essere un mezzo potente per esplorare temi complessi e inquietanti. L’uso della luce e delle ombre, insieme alla colonna sonora inquietante (curata dallo stesso Maruo, anche produttore e sceneggiatore), contribuisce a creare un’esperienza immersiva che coinvolge lo spettatore a un livello profondo. Harada dimostra una notevole maestria nel manipolare gli elementi visivi e sonori per evocare emozioni potenti e angoscianti.
Il rapporto tra Midori e le opere del citato Junji Ito è invece particolarmente interessante. Sebbene Ito non sia direttamente collegato al film, i suoi manga, noti per la loro esplorazione delle paure psicologiche e fisiche, condividono molte tematiche con l’opera di Maruo.
Entrambi gli autori utilizzano infatti immagini grottesche e narrazioni disturbanti per esplorare le profondità dell’orrore umano, creando opere che sfidano le percezioni convenzionali della bellezza e della normalità. In questo senso, Midori può essere visto come un precursore visivo e tematico delle opere di Ito, aprendo la strada a una rappresentazione più esplicita dell’orrore nell’animazione giapponese.
Midori ha lasciato un’impronta duratura anche nel panorama cinematografico giapponese in live action, visto che la sua rappresentazione esplicita della violenza e della sofferenza si può facilmente ritrovare nei lavori di registi come Sion Sono e Takashi Miike, che possono essere visti in qualche modo come ‘eredi spirituali’ di Harada, portando avanti la tradizione dell’ero-guro a modo loro.
Col tempo, la critica stessa su Midori ha subìto un’evoluzione. Se inizialmente fu accolto con una certa ostilità e incomprensione, col passare degli anni è stato rivalutato come un’importante opera d’arte. La sua riscoperta attraverso proiezioni in festival e riedizioni in home video ha permesso a nuove generazioni di apprezzarne le qualità uniche, un esempio potente di come l’arte possa esplorare le profondità dell’orrore umano, sfidando le convenzioni sociali e morali.
Di seguito trovate il trailer di Midori – La ragazza delle Camelie, attualmente ancora inedito in Italia:
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