Dossier | Perché piace l’horror al cinema? Rispondeva il pubblico italiano del 1981
01/06/2021 news di Redazione Il Cineocchio
Un sondaggio tra gli spettatori del tempo provava a rispondere a una domanda topica ancora oggi
Nel giugno del 1981, Michele Anselmi, dalle pagine del quotidiano L’Unità faceva il punto della situazione sul cinema del terrore in Italia. Sottolineando come nei precedenti mesi film horror di tutte le specie fossero arrivati sui nostri schermi cinematografici, “sgominando agguerriti rivali ‘di qualità’ e rovesciando i pronostici di mercato”, offrendo un godurioso banchetto a tutti i tipi di appassionati del genere grazie all’offerta di “sabbie che risucchiano increduli turisti giù giù fino all’inferno, gatti carnivori che dettano legge, maniaci feticisti a caccia di scalpi tra le fogne di New York, studiosi armati di registratori che parlano con l’Aldilà, zombie mostruosi che escono dalle acque, vampiri disperati alla ricerca di adepti, Luna Park della morte dove ‘si paga per entrare e si prega per uscire’ e alberghi diroccati che confinano direttamente con il regno di Belzebù”.
Il giornalista notava come, sebbene fossero per la gran parte “mediocri, fatti in casa, quando non addirittura pessimi”, questi film erano in grado di far parlare la critica vecchia e nuova, che si divertiva a ricamarci sopra “assecondando un meccanismo psicologico
che rasenta la schizofrenia”.
Poi, il pezzo proseguiva, domandandosi chi fosse il pubblico dell’horror al tempo, e che cosa pensasse davvero di questi film, raccogliendo le risposte di un campione significativo di spettatori (“sono giovani, signore eleganti, pensionati, intellettuali distinti, proletari tipo ‘Guerrieri della notte’ “) fermati all’uscita di un importante cinema romano dopo la proiezione di un titolo non specificato.
Roberto, sui 30 anni: “Ma sì, diciamolo, uno va a vedere un film dell’orrore con la segreta speranza di trovare nel terrore quell’emozione in più che stenta a provare nella vita di tutti i giorni. Altro che voglia di esorcizzare: meglio ripetersi che è tutto vero, così ci si diverte di più“.
Gianna, 40 anni: “Dio mio, non vedevo l’ora di uscire. Ogni volta mi dico che non fanno per me, ma poi ci casco e soffro per tutta la durata del film. Hai visto quella povera ragazza, il mostro l’ha pure violentata!”.
Marco, 18 anni: “Bah, è una delusione. Poco sangue, niente suspense, nemmeno un rasoio. Da quando si son messi in testa di fare gli intellettuali i registi degli horror fanno solo schifezze. Vuoi mettere Non aprite quella porta! Li la sega elettrica era una trovata geniale”.
Carla, 45 anni: “Si tratta di un’intervista? Guardi, se non era per mia figlia io mica ci venivo. Tutto quel sangue, teste spaccate, coltelli da cucina, occhi fuori dalle orbite, fiumi di schiuma sanguinolenta. No, io preferisco Alfred Hitchcock, lì il terrore è suggerito, si nasconde dietro uno sguardo, una tenda, una sedia a dondolo. Da quando c’è quel Dario Argento il thrilling è diventato una gara a chi ammazza di più …“.
Fernando, 27 anni: “No, non amo questi film: ci sono venuto solo per osservare la fotografia. La trama non mi interessa: hai visto che inquadrature, che zoom, che effetti di luce? Però lo humour nero di Luis Buñuel è un’altra cosa”.
Giovanni, 60 anni: “Non ho capito bene se la ragazza si salva o no. L’assassino era coperto di sangue ma poi, alla fine, riapre l’occhio. Boh, ‘sti finali aperti sono un vero mistero. Perché vengo qui? A casa, mia moglie vede solo Pippo Bando e Mike Bongiorno …”.
Alberto, 25 anni: “Squallidi? E perché mai? Direi che lo sono molto di più certi film di Adriano Celentano o di Renato Pozzetto. L’horror è un genere cinematografico commerciale, d’accordo, ma nella sua lunga storia ha sfornato molte cose belle. Quanto alla qualità siamo alle solite: un’allucinazione, un’ossessione, un incubo possono restare materia inanimata o trasformarsi in una sensazione seducente. Dipende dal regista, no?”.
Certo, qualche parere fa sorridere, e l’ampia varietà di motivazioni fa quasi venire il dubbio che siano stati scritti ‘ad arte’ per supportare la tesi iniziale (l’horror piace a tutti trasversalmente per X motivi, tutti validi), ma è innegabile che il genere fosse – ed è ancora oggi, 40 anni dopo – solidissimo (e non solo sul piano finanziario), indicazione di come un’emozione forte e condivisa possa insospettabilmente nascondersi anche dietro a un coltello brandito nel buio da un assassino misterioso. A prescindere dalle qualità tecniche.
Di seguito trovate il trailer di Il Tunnel dell’Orrore di Tobe Hooper, uscito nei cinema italiani proprio nel 1981:
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Fonte: L'Unità