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Voto: 6.5/10 Titolo originale: Halloween III: Season of the Witch , uscita: 22-10-1982. Budget: $2,500,000. Regista: Tommy Lee Wallace.

Recensione story: Halloween III – Il signore della notte di Tommy Lee Wallace (1982)

15/11/2025 recensione film di Marco Tedesco

Un film controverso e unico che reinventa la saga tra rituali, tecnologia e puro spirito di Halloween

Halloween III – Il signore della notte di Tommy Lee Wallace è uno di quei film che ritornano puntuali ogni ottobre, come un motivo che non smette di risuonare nella memoria collettiva. È un titolo che continua a dividere: c’è chi lo ama, chi lo sopporta come curiosità bizzarra e chi non gli perdonerà mai l’assenza di Michael Myers. Ma proprio queste reazioni contrastanti ne raccontano la natura più profonda: un’opera imperfetta e coraggiosa, che seduce proprio perché non somiglia a nient’altro nella saga.

Il fulcro del racconto è un intreccio che sembra nato da una sfida a superare ogni limite di verosimiglianza. Il dottor Daniel Challis assiste a un omicidio-suicidio inspiegabile in ospedale e si ritrova alleato con la figlia della vittima. Insieme raggiungono Santa Mira, cittadina interamente controllata dalla fabbrica Silver Shamrock. Qui prende forma un piano tanto folle quanto metodico: un frammento di Stonehenge è stato nascosto nei microchip inseriti nelle maschere di Halloween, e un segnale televisivo programmato per la notte del 31 ottobre attiverà un’energia capace di dissolvere i volti dei bambini, liberando sciami di creature striscianti. A difendere il segreto, una schiera di uomini in giacca e cravatta che si rivelano automi dal cuore metallico.

Descritta così, la storia sembra quasi una provocazione. Eppure, Halloween III – Il signore della notte riesce a trasformare l’assurdo in una forma di fascino coerente. Gran parte del merito va a Tom Atkins, il cui Challis è un protagonista improbabile e proprio per questo irresistibile. È un medico alcolizzato, un padre distante, un uomo che si muove con una sfrontatezza quasi comica, e tuttavia capace di trasmettere autenticità. Non è l’eroe che ci si aspetterebbe, ma è quello che il film sembra aver sempre voluto: un volto duro, segnato, che permette allo spettatore di accettare anche le svolte più spericolate della trama.

Accanto a lui, Conal Cochran emerge come uno dei più affascinanti antagonisti del cinema horror degli anni Ottanta. Elegante, cortese, sorridente, governa Santa Mira come un sovrano benevolo e inquietante, nascondendo sotto l’estetica del successo industriale un rituale crudele che affonda nelle radici pagane della festa di Halloween. La sua maschera sociale è tanto credibile quanto spaventosa: un capitalista stregone che usa la pubblicità come incantesimo e la tecnologia come strumento di sacrificio.

halloween III film maschereL’ambientazione è uno dei punti di forza del film. Santa Mira è una cittadina pulita e ordinata, attraversata però da una tensione palpabile: telecamere agli angoli delle strade, silenzi innaturali, lavoratori identici che si muovono come pedine. È un microcosmo da incubo che richiama il timore della sorveglianza costante e il sospetto verso le aziende che regolano la vita quotidiana. La fabbrica stessa, cuore pulsante della città, ha il fascino sinistro dei luoghi dove tutto è possibile perché tutto è nascosto.

Ma la vera anima del film è la festa di Halloween, trattata non come semplice sfondo, ma come sostanza narrativa. Il signore della notte cattura sia il lato ludico che quello oscuro della ricorrenza: maschere, jingle ossessivi, bambini che corrono da una casa all’altra, zucche illuminate e rituali antichi che emergono dalle pieghe della modernità. Una delle immagini più potenti è proprio quella dei piccoli travestiti che avanzano in controluce contro un cielo color zucca, come una processione innocente diretta verso un destino ignaro.

È un prodotto che osa. Osa allontanarsi dalla formula tradizionale della saga, osa abbracciare il grottesco, osa toccare il tabù della violenza sui bambini in modo diretto e scioccante. E osa anche con la struttura: dissemina indizi fin dall’inizio (il furto di Stonehenge, il jingle ripetuto all’infinito), costruendo un mosaico che può sembrare delirante, ma resta coerente con la logica interna del suo mondo. Perfino la critica alla televisione è esplicita: lo schermo come strumento di ipnosi, come finto compagno di infanzia che, nella notte più ambigua dell’anno, può trasformarsi nella fonte di un pericolo letale.

Il finale è un colpo allo stomaco e uno dei più memorabili dell’horror dei primi anni Ottanta. Non offre risposte, non concede sollievo: Challis urla al telefono un disperato “Fermatelo!” mentre lo schermo trema verso il nero. È un grido che resta sospeso, un’invocazione che rimane irrisolta e che trasforma gli ultimi secondi in una domanda che lo spettatore porta con sé molto dopo i titoli di coda.

Insomma, Halloween III – Il signore della notte è un film imperfetto, a tratti sgraziato, con scelte che oggi possono risultare scomode o datate. Ma proprio per questo è vivo, pulsante, unico. È il corpo estraneo in una saga che spesso ha ripetuto se stessa; è la parentesi folle che trasforma Halloween in un rituale cinematografico pieno di ironia, crudeltà, malinconia e immaginazione. A distanza di anni, il suo fascino non dipende dall’essere “così brutto da essere bello”, ma dall’essere diverso, libero, immune dalle regole che governano la serialità.

Ed è forse questo il motivo per cui, ogni ottobre, ritorna. Perché è un film che non si può confondere con nessun altro. E perché, nella sua imperfezione ostinata, continua a incarnare lo spirito più autentico e contraddittorio della notte più inquieta dell’anno.

Il trailer internazionale: