Il regista spagnolo esordisce al lungometraggio con un'opera manchevole e con ben poche idee originali, finita dritta nel catalogo di Netflix
Influenze Maligne (La Influencia) è un horror spagnolo che, dopo un limited release in patria avvenuta lo scorso 21 giugno, è entrato a far parte del catalogo Netflix a partire dall’11 ottobre. Un’uscita un po’ in sordina, considerando che nella stessa data Netflix aggiungeva El Camino (la recensione), capace di catalizzare l’attenzione di una buona fetta della sua utenza, ma anche titoli come The Forest of Love (la recensione) o Fractured (la recensione), a cui probabilmente hanno concesso una visione coloro che non erano tra gli orfani della serie Breaking Bad. Una mancata risonanza che ci offre quanto meno l’occasione di mettervi in guardia, fate con calma, non è certamente uno di quei film da recuperare seduta stante.
A seconda dei momenti, il film prova ad affrontare temi classici e tipicamente orrorifici come la stregoneria, le possessioni demoniache, le presenze occulte e i bambini malefici. Il punto è che non solo l’alternanza è poco elaborata con passaggi approssimativi ed una trama scricchiolante, ma nessuno dei suddetti argomenti viene valorizzato adeguatamente.
Eppure l’inizio sembra promettere benino, imbastisce un abbozzo di atmosfera sinistra affidandosi ad un po’ di vecchia mitologia consolidata, tra la vecchia casa imponente, la stanza all’ultimo piano fotografata e illuminata in maniera differente dalle altre per accentuare il distacco, rumori d’ordinanza e porte che si chiudono da sole come da tradizione, l’astio della figlia nei confronti di una madre che chiaramente si è macchiata di qualche misfatto. Si parte, quindi, con un quadro già definito presupponendo l’arrivo, strada facendo, di dettagli e spiegazioni che ci aiutino a capire come si è giunti a quel punto, ma che, all’opposto, non arrivano se non tramite accenni che creano solo confusione. L’anziana madre è una sorta di strega, ma perché? Come lo è diventata? Dove ha preso i poteri? Sono solo alcune delle tante domande a cui non viene data risposta, come se bastasse mostrare una stanza piena di cianfrusaglie esoteriche (seppure gli oggetti di scena siano ben curati nei particolari) ed affidarsi ai più banali luoghi comuni del caso, per costruire la credibilità ed un background di un personaggio con caratteristiche specifiche. Invece nulla, anche nei flashback la madre è già dedita a questo tipo di attività, non ci è dato sapere il motivo e approfondirne le origini, si sottolinea solo che da anni nutre e coltiva rancore nei confronti delle figlie (di una in particolare) a causa di un lutto dovuto ad un incidente domestico che in quanto a sfiga sembra guardare a Final Destination.
Influenze Maligne, pertanto, tenta di svilupparsi su più piani senza rendersi conto di mancare nella fase cruciale, quella di costruzione. Un insieme di situazioni messe insieme senza convinzione, l’atmosfera accattivante si sgonfia. Per cui, dopo aver cannato l’ambito stregoneria, il film si sposta in territorio bambini malefici. La vecchia strega vuole vendicarsi ed entra in contatto con la nipotina, infondendo il male dentro di lei. Può partire, così, un po’ di repertorio base del filone, con la ragazzina che si impegna a fare faccette cattive (nelle quali è più credibile per tratti somatici che per effettive qualità attoriali), prende a pugni la compagna di classe prepotente (una delle poche scene con un minimo di impatto), parla con gli spiriti e, già che c’è, prende a vangate la zia. Nel dubbio che la bambina cattiva da sola non basti, ecco che viene infilata l’immancabile presenza sovrannaturale, rappresentata da un’altra bambina, che per la quasi totalità della durata non si sa chi sia o cosa voglia ma si lascia intendere sia una qualche specie di spirito.
La regia di Denis Rovira van Boekholt, al suo primo lungometraggio dopo tre corti, sembra si focalizzi più sulla forma che sulla sostanza. Mediamente curata, dal discreto gusto visivo, si sofferma su dettagli e inquadrature mirate, indovina il gioco di colori – apprezzabile la tonalità violacea della fotografia riservata alla stanza della madre in contrasto coi toni riservati agli altri ambienti. La sceneggiatura di Ramsey Campbell (Nameless) non lo assiste, ma non può essere un alibi visto che la sua è una delle quattro mani che vi pongono la firma e che, comunque, la direzione deve imprimere ritmo ed efficacia e non solo preoccuparsi del senso estetico.
Insomma, poca roba questo horror spagnolo. Che però mi offre l’assist per una considerazione amara e polemica, ovvero la conferma che Netflix su molti mercati esteri, a prescindere dai risultati più o meno riusciti, abbia quanto meno l’apprezzabile voglia di tentare la strada del cinema di genere (e di vario genere) per le proprie produzioni originali (o coproduzioni o distribuzioni esclusive), mentre in Italia (l’accordo con Mediaset è notizia recente) non se la sente di osare optando per le solita roba – tipo amori teen, biopic e drammi familiari – da cui ormai il nostro cinema in stile fiction sembra non poter più uscire, salvo sporadiche, ma meritevoli, eccezioni.
Di seguito il trailer internazionale di Influenze Maligne, nel catalogo Netflix dall’11 ottobre: