Intervista a Fabiano Ambu su Josif, It Comics e mondo del fumetto in Italia
19/07/2016 news di Alessandro Gamma
Abbiamo fatto una lunghissima chiacchierata con l'autore sardo, in cui si è parlato del 'gorilla spaziale sovietico', della nascita della It Comics, delle influenze cinematografiche dell'autore e della situazione del fumetto nel nostro paese
In occasione di Josif Design, evento di due giorni tenutosi a Milano nella settimana del Fuori Salone il 15-16 aprile scorsi, abbiamo intervistato Fabiano Ambu, autore di fumetti sardo noto al grande pubblico per i suoi lavori su Dampyr.
Ne è emersa una lunga chiacchierata, in cui non si è parlato solo del nuovissimo progetto Josif, il ‘gorilla spaziale sovietico’, ma anche della nascita della It Comics, delle influenze cinematografiche dell’autore e della situazione del mondo del fumetto in Italia.
Nasce da una leggenda metropolitana (in realtà abbiamo scoperto avere riferimenti reali, letti su Internet). Dopo Laika i russi mandano un animale più resistente nello spazio, il gorilla spaziale Josif. Quando Cartoomics mi ha chiesto di realizzare il manifesto per la loro kermesse ho avuto la visione di questo gorilla con il casco da cosmonauta e con la sua bella scritta CCCP sulla fronte. Filippo Mazzarella, direttore artistico di Cartoomics, persona creativa e coraggiosa, mi ha consentito di realizzare senza nessuna censura e in totale libertà il primo Josif, accolto entusiasticamente anche dal Direttore di Cartoomics Marco Pinetti e da tutto lo staff. In seguito ho proposto a Davide Barzi di realizzarne un fumetto. Naturalmente tra pazzi ci si intende a meraviglia e così ha creato le origini del primo gorilla cosmonauta sovietico. Josif nasce il giorno in cui muore Stalin, da lì il suo nome, ha origine così il numero zero di Josif dal titolo “Vita, Morte e Socialismo Reale” –in realtà è il numero 1 – edito da ComicxRevolution (piccolo editore che ha realizzato anche il nuovissimo Valgard). L’Art direction dell’albo, l’impaginazione e la colorazione è opera di Vorticerosa, la quale ha fatto una meticolosa ricerca sul gusto grafico russo negli anni “50”. Nel frattempo la RW Lion stava iniziando a produrre fumetti realizzati in Italia, abbiamo così avuto la fortuna di aprire con Josif questa collana con un volume che riprendeva le origini del personaggio più altri tre capitoli realizzando un volume unico dal titolo “1957”. Io e Davide ci divertiamo come matti a realizzare Josif, crediamo molto in questo progetto, anche se capiamo che è un prodotto difficile da pubblicare nella realtà editoriale italiana.
Come nasce e cos’è la It Comics?
L’idea mi è venuta con Francesco Abrignani. Insieme abbiamo deciso di aprire un’etichetta indipendente, la It Comics appunto il cui nome è merito dalla nostra Art Director Vorticerosa, che ha creato anche il logo e la veste grafica delle nostre produzioni. Visto il rapporto di collaborazione creativa con Cartoomics (sono tre anni ormai che realizzo il poster ufficiale) abbiamo deciso con Francesco di anticipare i tempi realizzando la nostra prima uscita di Josif sotto etichetta It Comics (l’esordio era in realtà previsto per Lucca Comics 2016). Con tutta sincerità posso affermare che il nostro esordio è stato accolto molto bene dall’ambiente del fumetto e dagli appassionati, ben oltre le mie aspettative, abbiamo a nostro favore uno staff di professionisti che coprono i ruoli essenziali per produrre un fumetto di buona qualità. Prima di aprire It Comics ci siamo chiesti quanti fumetti ci fossero in Italia che non rientrano in quei canoni tradizionalmente accolti dal mercato, guardando in giro abbiamo trovato ben 13 serie che uscivano da questi criteri e abbiamo deciso di affrontare quest’avventura. Esistono moltissimi progetti diversi e alternativi, e continuano ad arrivarci moltissime richieste di collaborazione, ora siamo consapevoli che si può fare fumetto sperimentando generi e tecniche inusuali per la produzione italiana. It Comics ha come obiettivo quello di anticipare l’uscita delle miniserie alle fumetterie, vogliamo creare un contatto e un rapporto diretto con loro realizzando un prodotto esclusivamente italiano. L’Italia produce fumetti e ne importa tanti, noi vorremmo fare il contrario, ovvero esportare, un sogno ambizioso che speriamo di poter realizzare. La filosofia di It Comics si ispira a quella della Image, non siamo una grossa casa editrice e non abbiamo le ambizioni di esserlo, non vogliamo imporre scelte editoriali ma vogliamo sostenere la creatività degli autori. Vogliamo credere che questa filosofia può funzionare anche da noi. L’aspetto più importante è che Image garantisce diritti completi all’autore della storia, It Comics si pone il medesimo obbiettivo. Tutti gli autori della nostra squadra sono professionisti, unici esordienti ma veri talenti sono Marco Zambelli e Lorenzo Zaghi, giovanissimi autori che hanno convinto immediatamente con un progetto originale me e Francesco. Ho ragionato spesso sulle dinamiche editoriali italiane e sono giunto alla convinzione che per presentare delle novità bisogna cambiare il modo di proporre i fumetti. Ad esempio secondo me è importante legare il fumetto ad altre realtà come il cinema e i videogame, ormai non possiamo permetterci di essere settoriali. Il fumetto è diventato un intrattenimento di nicchia, lo stesso Sergio Bonelli, durante la presentazione del documentario dedicato alla sua persona, aveva previsto che il fumetto non sarebbe più stato popolare, concepito nel classico prodotto da edicola, ma sarebbe diventato ‘per pochi’, con numeri inferiori di vendita ma prezzi più alti. Noi come It Comics stiamo realizzando un formato a colori con prezzi accessibili, che permetta all’autore di lavorare con serenità per via delle 22 pagine e al lettore di acquistare un fumetto autoriale con un costo contenuto. Dopo la presentazione a Lucca Comics ambiremo con Josif ad un’uscita mensile o al massimo bimestrale, vogliamo mantenere una continuità e una presenza continuativa in fumetteria, nel rispetto dei lettori che ci seguiranno. Cerchiamo lettori non necessariamente appassionati di fumetti, ma che si possano appassionare col tempo, vorremmo trovarne di nuovi e avvicinarli a questo linguaggio attraverso iniziative come questo evento del Fuori Salone, che unisce il fumetto e il design. Il pubblico di Zerocalcare ad esempio è nuovo, si è avvicinato al fumetto anche se prima non lo seguiva. Anche Leo Ortolani ha avuto un percorso incredibile, è stato uno di quegli autori che ha creato una svolta in Italia, raccontando in quel numero di pagine storie ironiche e con riferimenti ad un mondo non sempre legato al fumetto.
Come vedi la situazione del fumetto in Italia?
Rispondendo alla domanda che spesso in via informale mi viene fatta (conoscendo la mia indole polemica) posso dire in serenità che Roberto Recchioni ha lavorato bene in Bonelli per le sue proposte, sta provando a vagliare nuove strade e opportunità, però non esistono salvatori della patria, infatti prodotti come Dragonero di Luca Enoch e Stefano Vietti, o il nuovo annunciato Mercurio Loi di Alessandro Bilotta testimoniano che sono le idee ad essere vincenti non i personaggi. In Italia viviamo della sindrome dell’allenatore, ci concentriamo troppo sugli aspetti tecnici pur non avendone le competenze o sulla simpatia di facciata, quello che invece preferisco giudicare è il risultato o la reale innovazione portata al mondo del fumetto, come sempre è la storia che premierà il vincitore. Chi sceglie questo mestiere non lo fa (almeno in passato) per la gloria o la fama ma per il bisogno di esprimersi con un linguaggio, consapevole che i sacrifici superano i riconoscimenti. In Italia sappiamo tutti che realizzare dei progetti è difficile, è tutta questione di conoscenze, agganci, simpatie, arroganza e soldi sopratutto. Per fortuna c’è una caratteristica che spesso non viene notata e passa in secondo piano, ma permette di superare gli ostacoli dettati da una cultura gerontocratica ed è la testardaggine. Ho compreso che per realizzare dei fumetti che portassero una ventata d’aria fresca dovevo creare la mia It Comics, o meglio la nostra, mia e di Francesco Abrignani. Confrontando le nostre esperienze eravamo certi di poter intraprendere quest’avventura, per noi è gia un successo essere partiti e aver mantenuto le promesse, ci siamo dati un’opportunità e l’abbiamo data agli altri autori coinvolti. Leggo di tutto, faccio corsi di fumetto, sono un attento osservatore della mia professione/passione, capisco perché certi ragazzi leggono Sio o Zerocalcare, ma mi sono reso conto che c’è una carenza nell’offerta di fumetto in Italia e noi ci stiamo infilando lì, in quel pertugio con l’arrogante certezza che il pubblico premierà il nostro coraggio e la nostra iniziativa, ma sopratutto amerà i nostri fumetti. Gli autori hanno bisogno di raccontare certe storie, forse “diverse” o inusuali, ma è un bisogno che non può essere contenuto a lungo, siamo creativi e come tali non scegliamo ma dobbiamo farlo. Per promuovere la It Comics, oltre a Cartoomics, stiamo lavorando molto sui Social e sugli eventi dal vivo, stiamo creando un rapporto molto stretto e collaborativo con le fumetterie. Nella nostra scuderia ci sono autori di ogni regione italiana, quindi faremo incontri ovunque, sperando che le realtà territoriali credano nella nostra iniziativa e come noi investano sul coraggio e sulla creatività tutta italiana.
E’ nato per caso. Ho letto di sfuggita su Facebook di questa leggenda metropolitana, mi divertiva realizzare graficamente un gorilla russo perso nello spazio. Davide Barzi ha trovato lo stesso racconto mentre cercava ispirazione per la storia. E’ stato sorprendente scoprire che Luigi Bignami, giornalista Rai che fa trasmissioni scientifiche sui viaggi spaziali, sta girando un documentario proprio su Josif. Ci ha anticipato un’intervista al nipote della scienziata Ozimova, che abbiamo proiettato durante tutte le presentazioni del fumetto di Josif, è sorprendente scoprire che una creazione fantastica come la nostra abbia fondamenti reali. C’è stata una grande ricerca storica ed una certa attendibilità agli avvenimenti reali, ma ci sono elementi grotteschi e fantastici che rendono Josif un’opera divertente e visionaria. Ovviamente non affronto Josif come Dampyr, uso uno stile diverso, in questo caso sono più istintivo e dinamico, utilizzo sporcature e retini. Davide poi si mette in gioco con la scrittura di Josif non imponendomi nulla, anzi c’è un’ottima sintonia professionale.
Dai tuoi lavori traspaiono anche delle influenze cinematografiche
Io credo nell’artisticità di questo mestiere, nella sana conflittualità di opinioni e idee, un’imposizione che ho fatto a Davide è il personaggio della dottoressa Ozimova, lui mi aveva dato delle reference di una donna di mezz’età realmente esistita io invece mi sono ispirato a Galaxy 999, una figura eterea che rappresentasse la parte più pura di Josif, la scienziata è la sua madre adottiva quella che rappresenta quello che di buono c’è in Josif. Le mie influenze cinematografiche si sono formate da giovanissimo, vedevo molti film la notte in seconda serata quando, fortunatamente, la scelta era limitata a pochi canali e si era costretti ad una cultura onnivora. Videodrome e Arancia Meccanica e tutto Kubrick mi hanno segnato molto, se fossi nato in questa generazione probabilmente non li avrei visti, perché ora puoi scegliere e la scelta limita il caso. Anche in accademia c’erano materie legate al cinema, ho avuto modo di vedere Mission, 2001 Odissea nello spazio, Akira, La corazzata Potemkin, Il Gabinetto del Dottor Caligari, Gattaca, Metropolis, Brazil, Blade Runner etc. Ovviamente tutto questo cinema, consapevolmente o meno, lo inserisco nel fumetto, i tagli, le inquadrature, le luci, i colori derivano da questo bagaglio visivo. La sci-fi di Josif è quella degli anni ’70, così come le colorazioni. Il fumetto è un media visivo e quindi è impossibile staccare i due ambiti. Sono tantissimi gli stimoli che mi arrivano ogni giorno, tra gli ultimi film visti ho trovato Revenant, Melancholia e Youth – La Giovinezza di un’incredibile equilibrio visivo e un’eleganza che spero di riuscire ad assimilare e trasporre in fumetto.
Stai seguendo qualche autore di fumetti o testata americana in questo momento?
Nei fumetti non posso certo guardare solo a un tipo di autore. Seguo attentamente Sean Gordon Murphy e Matteo Scalera, ma guardo e leggo di tutto, mi spiace che il tempo non mi permetta di dedicarmici più spesso. Al momento seguo il fumetto Occhio di Falco e il nuovo ciclo di Batman, ho trovato interessante Jupiter’s Legacy di Millar, lui è un autore che riesce sempre a sorprendermi, tanto quanto Kirkman riesce a farmi amare i suoi personaggi. Negli USA ci sono abili sceneggiatori,c’è un bel fermento grazie anche all’avvento dei prodotti Image e della politica che mette l’autore in primo piano. In Italia finalmente è anche arrivato il fumetto francese e questo è un grande arricchimento visivo. Tutto questo fiorire di pubblicazioni estere mi spinge nel voler realizzare prodotti da esportare, far conoscere fuori dai nostri confini fumetti di autori italiani con talento e con idee fuori dai contesti conosciuti, vorrei ambiziosamente mostrare al mondo quanto siamo creativamente duttili dimostrando di superare i limiti imposti dal gusto comune.
Cosa pensi del rapporto tra autori e pubblico?
E’ fuori di dubbio che mi piace sperimentare, non riesco a stare fermo, voglio costantemente cimentarmi in nuovi progetti. Dino Battaglia (mio grande riferimento artistico) diceva: “il giorno che mi renderò conto di essere arrivato, abbandonerò il fumetto”, riesco a comprendere il senso di questa frase e mi ci rispecchio (non mi paragono, lo chiarisco perché conosco molto bene il mondo del fumetto). Ho tanti obiettivi, questo evento Josif Design del Fuori Salone ad esempio lo stavo progettando da tre anni e finalmente ci sono riuscito. E’ faticoso realizzare dei progetti, per esperienza posso dire che di fermento culturale e artistico in Italia ce n’è ben poco, gli autori/artisti stessi non brillano di capacità propositive o creative, spesso mancano di coraggio, ma senza sperimentazione e stimoli non ci si diverte, e senza divertimento la vita non ha senso. Se lo fai controvoglia anche il disegno ne risente, non sono un impiegato, il mio non può essere un mestiere dal cervello spento, anche se ad alcuni piacerebbe, ho scelto di fare fumetti e li voglio far bene. In questo mestiere é importante essere sinceri, quest’onestà alla fine viene fuori nel nostro lavoro. Se come autore cerco di piacere ai lettori ad ogni costo perdo la poesia, perdo qualcosa di me, forse parte dell’anima che trasferisco ai miei disegni. Sono certo che pulendo il segno, ammorbidendolo o seguendo l’autore di tendenza è probabile che riesca ad ottenere un maggiore consenso, ma poi cosa rimane? Alcuni autori più difficili e ruvidi possono piacere meno ma hanno una personalità che li contraddistingue, che li rende unici. L’occhio e la mente del pubblico sono abituati a vedere certi stili e disegni più di altri, questi diventano belli perché facilmente assimilabili, ma il mestiere di chi fa comunicazione e arte è quello di superare i confini, di risalire la corrente, di imporre una diversa visione della realtà a scapito del consenso popolare.
Parliamo della crisi culturale in Italia…
Come autori abbiamo la responsabilità di insegnare al pubblico il bello e l’armonia. Ormai anche il cinema guarda troppo all’incasso e ai numeri. Abbiamo la grande commedia (grande si fa per dire) tipo quella di Zalone e poi, tranne rare perle, il nulla… Il cinema continua ad abbassare l’asticella culturale per arrivare a un pubblico sempre più massificato, pigro, che non intende riflettere. Stiamo attraversando un pericoloso imbarbarimento culturale e tutto questo per una rincorsa ai numeri, agli incassi, malgrado siamo consapevoli che la grandezza poetica è più duratura della nostra ricchezza materiale. Per fortuna abbiamo dei grandi talenti e maestranze che ci permettono di realizzare grandi capolavori. Occorrono più investimenti e produttori coraggiosi, occorre il mestiere dato dalla passione e meno dai numeri. E’ più facile acquistare i diritti che produrre qualcosa di proprio. Se non investiamo nel nostro paese non saremo più in grado nemmeno di acquistarli quei diritti. Abbiamo un brutto difetto in Italia, non guardiamo più avanti del domani, i progetti a lungo termine richiedono una collaboratività che il nostro egoismo non ci permette di mettere in pratica. A volte però nascono sintonie e affinità elettive che permettono di portare avanti progetti comuni. Io ho avuto la fortuna di venire in contatto con lo Spazio36 di Milano, che ci supporta nelle iniziative realizzando eventi, installazioni e collaborazioni creative, ma è un caso rarissimo trovare spazi per eventi del genere persino in una città come Milano. Per realizzare l’evento di Josif Design ho dovuto investire io e Daniel Patelli, curatore con me di questa installazione, per questo allestimento. Non è pensabile e non accetto di dover sempre dover conoscere qualcuno e sperare per ottenere qualcosa, non credo sia una forma meritocratica per valutare un progetto, in base a quale criterio una persona viene considerata un genio e un altro invece no se non ha modo di dimostrare le proprie qualità? Per dirne una: stanno cercando di piazzare un progetto TV negli USA. L’autore stava cercando qualcuno che realizzasse i character design per questa serie, cercando su Internet ha trovato alcuni miei lavori e mi ha scelto. Ho realizzato i character design di tutti i personaggi e mi ha retribuito malgrado questo fosse solo un progetto personale e un suo investimento, in Italia un approccio lavorativo simile è impensabile. Vorrei capire perché in Italia una collaborazione di questo tipo non è possibile? Perché qui se non sei introdotto in un certo giro o non ti presenta qualcuno non puoi realizzare, o meglio dimostrare di poter realizzare delle idee o dei progetti. Vorrei sapere perché un autore (non parlo di me ma di un talento) in Italia quando propone dei progetti ad alcune case editrici deve sentirsi rispondere che non può essere pubblicato perché non ha un seguito su Facebook, mi chiedo quale criterio di merito si utilizzi e sopratutto quale obbiettivo di vita si porta avanti. Ci stiamo giocando grosse opportunità dal punto di vista produttivo… Ci sarà pure un Millar anche qui da noi. Solo ad alcuni autori vengono date delle concessioni per sperimentare (e non entro nel merito di certe scelte), ma visto da fuori il criterio di scelta è di dubbia meritocrazia. Per fare un esempio, Alfredo Castelli è un autore che avrebbe meritato a suo tempo molta più libertà e autonomia. E’ stato il primo a capire le potenzialità del web almeno dieci anni prima del nuovo che avanza. Credo che in Italia manchi il coraggio, la capacità di leggere i tempi e la volontà di investire sulla forza creativa. Va benissimo la promozione e il nome di punta, ma occorre la qualità altrimenti rimane solo la chiacchiera pirandelliana. C’è molto provincialismo e capisci la qualità vera di un prodotto quando lo riesci a esportare con successo, ma quanti altri prodotti o autori non vengono spinti perché non si è in grado di riconoscerne le potenzialità.
Spesso mi si chiede perché mi auto produco, tra l’altro con buoni riscontri. La realtà è che se voglio raccontare le mie storie, se voglio sperimentare con il fumetto devo farlo, devo agire d’iniziativa, forzare un’empasse di questo meccanismo che ha il difetto di essere un po’ arrugginito, prendermi di prepotenza la mia piccola nicchia e trovare i miei lettori, che fortunatamente esistono e sono più cocciuti di me. La Marvel ha sperimentato con la Epic quando deteneva un assoluto controllo del mercato dei comics americani. La tradizione dev’essere sempre affiancata dalla sperimentazione se si vuole comprendere e a volte anticipare i tempi. Marco Checchetto che lavora esclusivamente con la Marvel è un talento, ma qui non l’abbiamo valorizzato. Lo stesso vale per Carmine Di Giandomenico, ma almeno in questo caso la Bonelli ci sta provando a ‘rimediare’. Perdere un lettore di fumetti oggi è una perdita immane, guadagnarlo è indispensabile. Non puoi più deluderli, ne accontentarli, spesso servono scelte coraggiose. Fare un Dylan Dog Color con Akab e Ausonia, pur non entrando in merito sul risultato ottenuto, è coraggioso e va fatto, anche se il rischio è di scontentare una parte di lettori. Come scegliere un autore come Arturo Lauria su Dylan Dog è una scelta coraggiosa e meritevole, e anche in questo caso bisogna dar merito a Roberto Recchioni. Non bisogna però chiudersi ai due o tre autori o a un’unica serie altrimenti il rischio è la fuga degli autori oltre i confini. Per chiudere con una visione positiva verso il fumetto italiano posso affermare con certezza che c’è del fermento, la Sergio Bonelli Editore in testa sta proponendo una sequela di novità e progetti coraggiosi. Sarebbe bello avere meno realtà che scimmiottano le mode (i manga, il formato Bonelli etc.) per sperimentare nuove strade e generi, tenendo conto che la domanda che più mi attanaglia è perché farlo? Solo per cercare lettori? Il mio modesto parere è che si rischia un suicidio artistico e culturale ma magari a voi non frega un cazzo.
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