Intervista a Luca Barbareschi: “Assurdi gli avvisi di garanzia morali all’arte; la critica cinematografica ha perso sapienza”
27/11/2023 news di Alessandro Gamma
A Venezia 80 abbiamo incontrato il vulcanico regista, attore e produttore, che ci ha attaccato i giornalisti, difeso l'amico Roman Polanski ed elogiato Alberto Barbera
Presente alla Mostra del Cinema di Venezia come produttore di The Palace del sempre controverso Roman Polanski (in Concorso) e come regista e interprete del film The Penitent – A Rational Man (fuori Concorso, la recensione), abbiamo avuto modo di fare quattro chiacchiere con Luca Barbareschi, personaggio che storicamente non ha mai avuto timore a schierarsi contro il pensiero della maggioranza, a costo di inimicarsi pubblico e stampa con dichiarazioni ‘forti’.
Riprendendo allora una sua battuta sentita in conferenza stampa il giorno prima, abbiamo aperto la nostra serie di domande chiedendo a Luca Barbareschi di approfondire il peso del coraggio del Direttore della Mostra del Cinema Alberto Barbera nell’invitare a Venezia 80 – in Concorso peraltro – personaggi ‘scomodi’ (per le loro note vicende private) come Polanski, Luc Besson e Woody Allen, e se in questo gesto ci vede un’apertura mentale superiore rispetto a quella che c’è in altri paesi europei (Coup de Chance è stato rifiutato a Cannes) e negli USA. Le sue parole:
Guarda, io penso di aver ispirato Alberto Barbera nel 2019 con una mia frase appena arrivato sul pontile qui al Lido in risposta a quella imbecille che era la Presidente di Giuria [Lucrecia Martel], che il giorno prima aveva detto che non avrebbe visto né votato il film di Polanski in gara [L’ufficiale e la spia].
Io per una settimana presi per il culo la stampa dicendo ‘Lo tolgo … Lo lascio … Lo tolgo … Lo lascio’ e per sette giorni parlarono solo di me [Barbereschi era il produttore]. Vado via, ritorno. Denuncio la Mostra, perché se un film in Concorso è considerato ‘nullo’ dopo esser stato selezionato allora tutto il Concorso è da considerarsi nullo. Tutto questo modo di fare, a mio modo di vedere, aveva un senso.
Dissi: ‘Non ci può essere un giudizio, un avviso di garanzia morale sull’artista. Peggio ancora un avviso di garanzia al passato.’ Una frase che riprendo peraltro in The Penitent. Perché l’arte non è criticabile moralmente, se no diventiamo come i talebani. Ecco, questa frase deve aver colpito molto Alberto Barbera, perché l’ha poi ripetuta molte volte e ha avuto il coraggio di far si che la Mostra, cioè un’esibizione di arte, si chiama Biennale Arte appunto, non si tirasse indietro. Io per primo la vorrei molto più provocatoria, perché vorrei essere stupito, vorrei provare il wow!, lo zohar … fin’anche essere disturbato.
Io sono un cinefilo … Ricordo che all’epoca vedevo Jodorowsky, Viridiana … Son cresciuto anche con film di cui non capivo un cazzo, ma da cui uscivi dalla visione con qualcosa che ti aveva colpito. Se oggi rivedi il Decameron di Pasolini, o Teorema, o Accattone, ci capisci quasi niente, ma dicono tutti delle cose che restano dentro. Invece oggi il cinema si è un po’ omologato e la scrittura è diventata fastidiosa.
E qui allora ci agganciamo con la seconda domanda, sempre mutuata dalla visione di The Penitent, in cui lo sceneggiatore David Mamet attacca non proprio velatamente i giornalisti, per chiedere a Luca Barbareschi cosa pensa nello specifico – e visto il contesto – della categoria dei critici cinematografici:
Io sono cresciuto nel teatro coi vari De Monticelli, Quadri, con Kezich per il cinema. Ad ogni debutto, aspettavo la mezzanotte a Roma per leggere cosa aveva detto De Monticelli, uno che ti faceva pelo e contropelo. C’era grande sapienza, ma anche grande rispetto per il tuo lavoro, pur criticandolo, perché aveva gli strumenti adeguati per farlo. E un articolo di quel tipo aveva grande influenza anche sul pubblico, perché un pezzo di Tommaso Chiaretti o De Monticelli o di Kezich aveva un impatto sulla gente.
Questo spazio ora si è ridotto, corrotto, mercificato e si è auto-referenziato. Una cosa come IL Mereghetti per me è da psicanalisi, perché nel momento in cui tu, critico, ti metti davanti all’opera, crei un paradosso estetico sintattico, cioè uno stallo in cui non è più importante l’opera, ma io che guardo l’opera.
Ad esempio, mi capita di andare a delle mostre e ridere, perché sento la gente parlare più di quello che ha provato che dell’artista esposto. E nella critica cinematografica la sapienza è diventata limitata. Capiamoci, può non esserti piaciuto un film, ma non puoi commentare The Palace di Polanski dicendo ‘È peggio di Vanzina e lo metto nel falò’, perché allora sei un imbecille, perché dimostri di non aver notato e colto molte cose incredibili.
Questo modo di giudicare invece svilisce la critica, la delegittima e causa un danno, perché io voglio che ci sia una mediazione tra il prodotto e l’utenza che lo guarderà. Ma non posso accettare che il mio film sia attaccato da un anonimo ‘Lupo64’ che il Corriere della Sera o la Repubblica poi strumentalmente – e paraculescamente – riportano sulle proprie pagine perché fa letture parlar male di Woody Allen e di Roman Polanski, ma lo faccio dire a ‘Lupo64’ che nemmeno ha un’identità … E questo svilisce la critica.
Vorrei capire se qualcuno di quelli che scrive una recensione sa che lenti ho usato per girare The Penitent, perché ne ho usata una per una certa scena in cui do importanza a una sfocatura invece di un’altra. Se lo sai e noti un errore ‘tecnico’ allora possiamo parlarne tranquillamente e accetto serenamente il confronto, ma se mi attacchi e basta perché sei un ignorante allora ti metto le mani addosso come mi è capitato in passato con qualcuno.
Di seguito trovate il trailer di The Penitent – A Rational Man:
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