Con la versione 'cronologica' del lungometraggio scandalo del 2002, il nichilismo palindromo del regista franco-argentino non viene scalfito, offrendo anzi un viaggio di sola andata dal Paradiso all’Inferno. Perché al mondo non c’è niente di salvifico, tanto meno l’amore.
Correva l’anno 2002 e il mondo del cinema veniva sconvolto da un lungometraggio che avrebbe cambiato per sempre la sua storia: Irréversible, dell’allora trentanovenne regista franco-argentino Gaspar Noé (1963). Il film inguardabile con dodiciminutidistupro. Il film che, come il romanzo del 1884 À rebours (Controcorrente) di Joris Karl Huysmans, iniziava dalla fine, direttamente con la psichedelia di un mulinello di pugni nello stomaco, nel cervello, nelle orecchie, negli occhi. Direttamente con le ambulanze chiamate nelle sale cinematografiche per soccorrere gli spettatori più sensibili, in preda a nausea e vertigini. Per chi resisteva alle livide immagini del delirio inizialefinale di violenza però, non c’era scampo: più insostenibile e greve appariva infatti la felicità beata della protagonista Alex nella sequenza di chiusuraapertura del film, quasi un momento mistico, girato da qualche parte nel dantesco Cielo della Luna, probabilmente.
A distanza di 17 anni, nel 2019, Gaspar Noé decide di rimontare Irréversible secondo i dettami cronologici, presentando Inversion Intégrale in proiezione speciale alla 76ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Quasi a rimarcare la valenza palindroma del suo nichilismo costitutivo. Quali che siano i motivi artistici della sua scelta (vi rimandiamo direttamente alle parole del regista per questo), l’esperimento è riuscito. La trama, i personaggi, sono noti (Inversion Intégrale dura però circa 6 minuti in meno, ma non sono stati tagliati dialoghi). L’iper conoscenza dell’opera argina possibili eventuali nuovi shock fra il pubblico (forse. Le ambulanze sono infatti accorse anche verso la Sala Giardino della Mostra, durante la proiezione notturna alla presenza del regista stesso e dei non più coniugi Monica Bellucci e Vincent Cassel. Quest’ultimo, visibilmente commosso alla fine).
Cosa cambia, dunque? Non si comincia col fracasso della vendetta, ma con i toni soavi e vellutati dell’amore, con l’ironia leggera dell’erotismo. Il crollo del mondo sta acquattato oscuro là da qualche parte, e lo si attende anche con un certa impazienza (“allora quand’è che arriva? Tanto meglio è se arriva presto, così facciamola finita”). Scene come quella dell’improvvisazione conviviale in metropolitana fra Alex, Marcus e Pierre (Albert Dupontel) appaiono in Inversion Intégrale quasi asfissianti, nel loro indolente procedere. Tratto questo, caratteristico di Gaspar Noé: tirarla per le lunghe fino alla noia, fino a che lo spettatore, insofferente, non desideri fisicamente respirare altro. Quando però poi il respiro arriva, è mefitico.
Il distacco emotivo necessario per guardare il film senza venirne travolti, non fa altro che acuire il disgusto per l’impunità del Male, la frantumazione di ogni senso di dignità e giustizia. Non c’è scampo. L’onirico “tunnel rosso che si spacca in due” di cui parla Alex all’inizio (o alla fine?, ma che importa) bastona a sangue lo spettatore, infligge alla sua sensibilità – anche se solo per un momento – la certezza che niente lo salverà, e che la bellezza esiste solo per essere distrutta.
Di seguito il trailer internazionale di Inversion Intégrale, al momento senza una data di uscita in Italia: