James Cameron spiega perché il 3D fatica ancora nelle sale cinematografiche
02/12/2025 news di Stella Delmattino
Una tecnologia in cui il regista crede ancora molto
James Cameron, il regista degli Avatar, è da sempre uno dei principali sostenitori del formato 3D, convinto che – se utilizzato nel modo giusto – possa trasformare un film in un’esperienza davvero immersiva. Eppure, nonostante il successo travolgente dei film del franchise, il 3D non ha mai mantenuto il ritmo o l’impatto che Hollywood si aspettava.
In una recente intervista al podcast The Town, Cameron ha spiegato in modo diretto e tecnico perché il 3D continua a faticare nei cinema.
Secondo lui, il problema nasce dal fatto che la maggior parte degli studi non gira i film in 3D nativo, ma ricorre a una conversione in post-produzione:
“Li fanno in conversione, quindi i film Marvel, ad esempio, vengono distribuiti in 3D convertito. Fa schifo, lo so,” ha dichiarato il regista.
Cameron cita invece esempi virtuosi di autori che hanno “scritto” i loro film in 3D – come Martin Scorsese con Hugo Cabret o Ang Lee con Vita di Pi – sottolineando come il risultato visivo sia incomparabilmente migliore: “Quelli sembrano spettacolari.”
Le case di produzione preferiscono la conversione perché è più flessibile: permette di decidere all’ultimo se rilasciare o meno una versione 3D, anche se ciò comporta costi maggiori e una qualità inferiore. Girare in 3D nativo, spiega Cameron, richiede pianificazione, precisione e impegno sin dalle prime fasi di produzione — una responsabilità che molti studi non vogliono assumersi.
Ma per il regista di Avatar, il vero tallone d’Achille del 3D non è la produzione: sono le sale.
“Il 95% dei cinema ha livelli di luminosità inferiori. Non è un numero da poco,” denuncia Cameron. “Solo pochi schermi premium garantiscono la luminosità necessaria, quelli che usiamo per le proiezioni stampa o per i critici.”
Chi frequenta il 3D lo sa bene: appena si indossano gli occhiali, l’immagine diventa più scura. Se il proiettore non è abbastanza potente, il film perde immediatamente profondità e impatto visivo.
Per Cameron, dunque, la scarsa luminosità dei proiettori sta sabotando l’esperienza 3D, rendendola deludente per il pubblico che non si accorge di ciò che manca. “La brillantezza è tutto,” spiega: può fare la differenza tra una proiezione spettacolare e una piatta e slavata.
Oggi, il 3D è relegato a un ruolo marginale, più un optional costoso che un reale valore aggiunto. Formati alternativi come il 4DX non hanno mai davvero sfondato, e solo pochi registi – Cameron in testa – continuano a credere che il 3D, se proiettato correttamente, possa ancora essere il futuro del cinema immersivo.
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