Voto: 6/10 Titolo originale: Jungle , uscita: 27-06-2017. Regista: Greg McLean.
Jungle: la recensione del film biografico-avventuroso di Greg McLean
08/11/2017 recensione film Jungle di William Maga
Daniel Radcliffe è il mai domo protagonista dell'incredibile storia vera di Yossi Ghinsberg in Amazzonia, un survival movie con qualche sbavatura
Negli anni successivi all’aver appeso al chiodo la sua scopa da quidditch, Daniel Radcliffe ha intrapreso un percorso sorprendentemente tortuoso, dedicandosi a progetti rischiosi che andavano ben lontani dal sentiero battuto, alcuni di loro letteralmente. Per la seconda volta negli ultimi 18 mesi, la star della saga di Harry Potter si è inoltrato nella natura più inospitale, facendo seguito all’ inventivo Swiss Army Man (la recensione) con la storia vera di sopravvivenza di un ragazzo israeliano finito disperso e solo in una zona inesplorata dell’Amazzonia.
E se Jungle alla fine non è folgorante quanto la precedente avventura dell’attore inglese nelle grandi distese selvagge, è in qualche modo ancora più sgradevole della bizzarra commedia diretta da Daniel Kwan e Daniel Scheinert (ancora inedita dalle nostre parti), una pellicola in cui interpretava un cadavere le cui flatulenze erano tanto esplosive da spingere il suo corpo a pelo d’acqua sulla superficie dell’oceano come un jet-ski.
“Sto cercando disperatamente di scappare dal sentiero troppo battuto”, afferma la voce fuori campo di Yossi Ghinsberg in apertura. È il 1981, Ghinsberg ha 21 anni ed è felicemente e avventatamente disposto a rischiare la vita soltanto per la possibilità di essere diverso (SPOILER: il film si basa su Lost in the Jungle: A Harrowing True Story of Adventure and Survival, libro di memorie scritto da lui stesso nel 2005).
Lo incontriamo appena giunto nella Bolivia centrale, trasandato, invincibile e ansioso di dimostrare – agli spettatori e a sé stesso – di star vivendo la sua vita al massimo. E non è l’unico. Ghinsberg non è atterrato a La Paz da cinque minuti che incontra un compagno di viaggio di nome Marcus Stamm (Joel Jackson), un insegnante con “il cuore di un poeta e l’anima di un santo”. Alla fine del suo primo giorno lì, il nostro eroe finisce nella giungla a bere un intruglio altamente allucinogeno insieme all’avvenente ragazza che dorme nella tenda accanto alla sua.
Alla fine della sua prima settimana, Ghinsberg è diventato inseparabile da Marcus e dal di lui amico Kevin Gale (Alex Russell), un fotografo americano dilettante che potrebbe facilmente essere scambiato per un giovane Eric Bana. Così quando Karl Ruprechter (Thomas Kretschmann), un geologo nato in Austria, si avvicina casualmente a Ghinsberg e si offre poi di guidarlo fuori dalle mappe e nel cuore del territorio mai battuto degli Inca, naturalmente il giovane fa di tutto per convincere i suoi nuovi amici ad unirsi a loro. Ghinsberg, entusiasta ma ignaro, non riesce a notare quanto Karl sia inquadrato in modo fosco o a sentire che l’accompagnamento musicale di Johnny Klimek, altrimenti bucolico e saporito, tenda a note di archi minacciose ogni volta che l’uomo entra in scena.
Così comincia il loro viaggio nel verde e febbrile mondo dei sogni piretici cari a Werner Herzog, fermandosi solamente per gli istanti sufficienti a banchettare con una scimmia o per ascoltare Karl mormorare aforismi infausti del tipo “La giungla ci mostra chi siamo veramente”.
L’enfasi che il film pone sulla sua minacciosa ambientazione è prevedibile visti i trascorsi del guru dell’horror australiano Greg McLean, che ha in precedenza trasformato l’Outback in un mattatoio nei due Wolf Creek e preso l’idea di headhunter aziendale molto letteralmente nel recente battleroyalesco The Belko Experiment (anche lui ancora inedito in Italia).
E Jungle è più efficace proprio quando gioca con i punti di forza e chiave cari al regista, nella violenza intrinseca di un luogo che non ha alcun interesse ad accogliere la vita umana – affidabilità di Karl a parte, l’Amazzonia dispensa il regista della necessità di ricorrere ad armi o a serial killer, visto che nessuna di queste cose è necessaria in un verdeggiante inferno brulicante di formiche rosse carnivore, brutali rapide e giaguari in agguato. Non è chiaro cosa esattamente stia lacerando la carne dei piedi di Yossi, ma non è certo nulla di simpatico, per non parlare del verme che sguazza nella ferita sulla sua fronte.
Sappiamo bene che pubblico non si stanca mai delle pellicole sui ragazzi bianchi sfortunati che vagano incoscienti in posti a cui non appartengono, e il regista aromatizza questo ingrediente alla perfezione, mantenendo un buon equilibrio tra orrore ed eccitazione, paura e forza. La sceneggiatura di Justin Monjo si sfalda però come pelle morta non appena Ghinsberg resta separato dal gruppo (e ciascun membro staccato dall’altro), anche se le va dato merito di complicare a sufficienza i personaggi oltre i facili archetipi, così come gli attori – su tutti Radcliffe, cui è toccato il compito più duro anche fisicamente – devono essere lodati per le sfumature date alle relative interpretazioni, ciascuno nutrendo al meglio e in egual misura insicurezze e paure.
Ironicamente, Jungle comincia a perdere la bussola esattamente quando Yossi comincia a perdere la ragione e a sentire i morsi della fame. Non appena Greg McLean ha solo Radcliffe e la vegetazione intorno come pedine principali, inizia infatti ad affidarsi a effetti speciali economici e a cliché psicologici per esplicitare lo stato d’animo del ragazzo.
E’ appurato che lui abbia realmente sperimentato visioni e un quasi fatale esaurimento durante il suo affascinante tour centroamericano, ma il lungometraggio illustra questa situazione attraverso un immaginario posticcio e con inutili flashback che esistono soltanto per rompere la monotonia dell’azione.
Sembra esserci grande trepidazione da parte di Greg McLean nel consentire semplicemente a Daniel Radcliffe di comunicare le emozioni internalizzate del personaggio. Tuttavia, sceglie di ricorrere a trucchetti visivi scadenti – e inutili – come supporto a buon mercato per dar loro rilievo. Yossi Ghinsberg ha percorso un lungo e periglioso cammino per arrivare a rendersi conto che la vera forza proviene da dentro, o per scoprire che la vera avventura è rappresentata dagli amici che incontriamo lungo la strada della vita.
In fin dei conti, questo survival movie sulla sua incredibile vicenda è godibile quando descrive i singoli pericoli dell’Amazzonia, senza dimenticare che la semplice condizione che sperimenta lo rende un protagonista in grado di mantenere chi guarda assortito nella sua lotta forsennata per rimanere vivo. Peccato per la decisione di gestire i momenti più introspettivi in maniera poco interessante.
Di seguito il trailer internazionale di Jungle:
© Riproduzione riservata