Un upgrade che dimentica cosa rendeva più o meno interessante l’originale
M3GAN 2.0 è un aggiornamento che promette tutto e mantiene quasi nulla, un sequel che dimentica il codice sorgente della sua stessa icona per inseguire un’espansione narrativa senza controllo e senza anima.
Ambientato alcuni anni dopo gli eventi del primo film, M3GAN 2.0 segue Gemma, ormai diventata attivista contro l’intelligenza artificiale, e la nipote Cady, ora adolescente. Quando una nuova minaccia robotica militare chiamata AMELIA inizia a mietere vittime, M3GAN — la cui coscienza è sopravvissuta online — viene ricostruita per affrontare il pericolo.
Gerard Johnstone, regista e ora unico sceneggiatore, disattiva tutto ciò che funzionava nel primo film: il minimalismo horror, la cattiveria giocosa, la tensione domestica, e lo sostituisce con una sceneggiatura gonfia, incoerente e sovrascritta, affollata da tech bros caricaturali, soldati cliché, sottotrame da spy-movie e moralismi digitali da conferenza TED.
L’eleganza disturbante e il fascino memetico di M3GAN, creatura tanto assurda quanto irresistibile, viene diluito da una svolta action che la riduce a sidekick etica, costretta a spiegazioni, sensi di colpa e gesti eroici da cartone animato.
M3GAN 2.0 diventa così un Frankenstein sbilenco che vorrebbe essere Terminator 2, Mission: Impossible e Austin Powers insieme, ma finisce per sembrare solo una versione beta mal compilata. La critica all’intelligenza artificiale è tanto evidente quanto priva di incisività: slogan vuoti, dialoghi da saggio liceale e messaggi moralistici che rendono M3GAN più un manuale ambulante che una figura disturbante.
Allison Williams e Violet McGraw sono brave ma sacrificate in ruoli appiattiti da una sceneggiatura che dimentica di farle interagire davvero, mentre i comprimari si perdono in gag a vuoto, plot twist inutili e monologhi sui neurochip.
Perfino il ritmo, che dovrebbe sostenere la deriva action, si inceppa tra spiegoni e set ripetitivi, e quando finalmente M3GAN ritorna nel suo corpo, è ormai troppo tardi per salvare un film che ha smesso di credere nella propria identità. L’assenza di Akela Cooper alla scrittura si sente: manca il cinismo, manca la cattiveria intelligente, manca la capacità di far convivere sangue e ironia, terrore e trash.
L’omaggio a Kate Bush, i riferimenti ai robot anni ‘80, la battuta cult “Hold onto your vaginas”, il ballo finale in cosplay cyber-punk: sono momenti che strappano un sorriso, ma sembrano provenire da un altro film, da un’altra visione. E proprio come un aggiornamento software che rompe tutte le funzioni amate, M3GAN 2.0 trasforma una killer iconica in una mascotte per algoritmi educativi, con l’orrore ridotto a tema secondario e l’umorismo annacquato in una parodia involontaria.
Se l’obiettivo era fare evolvere il franchise, allora è un’evoluzione darwiniana al contrario: più grande, più ricco, più rumoroso, ma infinitamente meno brillante.
In definitiva, M3GAN 2.0 è il perfetto esempio di cosa succede quando un film diventa un brand e si dimentica di essere prima di tutto una storia. Se il futuro prevede un M3GAN 3.0, che sia un downgrade: meno potenza, più veleno.
Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di M3GAN 2.0, nei nostri cinema dal 26 giugno: