Voto: 7/10 Titolo originale: Mother of Flies , uscita: 24-07-2025. Regista: Toby Poser.
Mother of Flies: la recensione del nuovo horror della Adams Family
23/10/2025 recensione film Mother of Flies di Sabrina Crivelli
Il collettivo torna sulle scene con un'opera inquietante e viscerale, che scava nell'anima oscura della malattia e della guarigione

La Adams Family ritorna a Sitges con un nuovo horror denso di atmosfera, tensione e cupo simbolismo, confermando che per realizzare un buon film non servono effetti speciali pirotecnici o grandi budget, ma soltanto idee solide e la sensibilità giusta per renderle davvero efficaci. Con Mother of Flies, siamo sprofondati in una foresta stregata, dove vita e morte, macabro e magico si fondono nelle mani sapienti di un’oscura incantatrice, Toby Poser, che davanti e dietro la macchina da presa ci avvolge nel suo sortilegio filmico.
Mother of Flies ruota intorno a un misterioso rituale. Mickey (Zelda Adams) è una studentessa universitaria affetta da un cancro terminale. Ha provato ogni cura convenzionale, ma senza successo: le restano soltanto pochi mesi di vita. Una notte, in sogno, le appare una donna enigmatica, Solveig (Toby Poser), una guaritrice dotata di poteri straordinari quanto sinistri. Mickey decide di contattarla e di recarsi da lei per sottoporsi a un rito di guarigione che durerà tre giorni. La casa di Solveig è una dimora surreale, incastonata nel tronco di un albero secolare e circondata da una foresta che sembra viva, quasi respirante. Ad accompagnare Mickey c’è il padre, Jake (John Adams), riluttante ma disposto a seguire la figlia in ogni suo tentativo, anche il più disperato.
Tuttavia, la medicina più efficace è spesso anche la più amara. Le pratiche a cui Mickey si sottopone sono tanto dolorose quanto perturbanti, al punto da farla dubitare – e con lei anche lo spettatore – delle reali capacità e intenzioni di Solveig. Ci vuole fede, ma nell’agonia la ragazza vacilla, e il padre ancora di più, quando la vede sprofondare in un dolore indicibile che la consuma e la sconvolge. Veleni dai poteri curativi, riti crudeli, cruenti e luciferini la conducono infine a spalancare la tenebra che li circonda — e che lentamente li divora entrambi.
Ne emergono visioni sinistre e allucinazioni vivide, intrise di un vocabolario misterico e stregonesco fatto di necromanzia, corpi in decomposizione e un serpente che penetra nella bocca della protagonista, evocando forze sovrannaturali e oscure. Non si tratta, però, di semplici jump scare o di effetti visivi esagerati e maldestri: ogni frammento di tenebra si insinua nella narrazione filmica e nel paesaggio crepuscolare, strisciando tra il verde umido di pioggia e le rocce coperte di muschio di un antico tumulo funerario. A incatenarli insieme è il montaggio morboso di John Adams che permea Mother of Flies e infondendogli un fascino sepolcrale e irresistibile.
Lo stile immediatamente riconoscibile della Adams Family, che già contraddistingueva Where the Devil Roams e Hell Hole, qui si manifesta in forma più ambigua e soffusa, ma non per questo meno disturbante. L’orrore nasce nei dettagli, nella fotografia cupa e nell’atmosfera che si insinua tra gli spazi, ma soprattutto nelle performance intense e fisiche dei protagonisti. Zelda Adams interpreta Mickey con una fragilità e un’ingenuità che la rendono la perfetta vittima sacrificale, aggiungendo un tocco di disperazione che ne approfondisce il ritratto.
Toby Poser è magnetica nel ruolo della strega, cui riesce a conferire contorni tanto sfumati da mantenerci nel dubbio fino all’ultimo, e insieme abbastanza foschi da inquietarci nel profondo. John Adams, nei panni del più marginale Jake, funge da cassa di risonanza emotiva per i sentimenti contraddittori e le tensioni sotterranee che animano il rapporto tra le due protagoniste.
Eppure, lentamente, nella narrazione prende forma la backstory di Solveig, che gradualmente ne delinea la figura e la psicologia, tra leggende vernacolari, capitoli oscuri della storia locale e folk horror sospeso in una dimensione spettrale e stridente. Più empatico ed ermetico rispetto ai precedenti lavori della Adams Family, Mother of Flies getta uno sguardo soffuso ma intenso sul dolore, sulla malattia, sull’emarginazione e sull’abbandono, offrendo nuova forma e funzione al luciferino. Non più soltanto demoniache, le immagini filmiche si caricano di una profondità inedita, che emancipa l’orrore dal suo tratto puramente viscerale.
Questo non significa che l’orrore venga purificato, ma piuttosto trasfigurato in un rito ancestrale di espiazione e rinascita, dove tortura e incubo diventano strumenti di purificazione del corpo. Sul dolore dell’anima, invece, resta una sospensione enigmatica e feconda, una ferita aperta che continua a pulsare anche dopo la fine del film.
In un panorama spesso dominato da effetti digitali e paura prefabbricata, la Adams Family continua a dimostrare che l’orrore più autentico nasce dall’essenziale – dallo sguardo, dal suono, dal ritmo, da ciò che resta fuori campo ma continua a pulsare nello spettatore. Il loro cinema artigianale e visionario inquieta perché dà concretezza alle più profonde ombre dell’animo nudo l’umano, costringendoci a guardare, anche solo per un attimo, l’abisso che portiamo dentro.
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