Eva Green è l'angosciata protagonista di un'opera non troppo originale che comunque mescola abilmente folklore e paranoia
Dopo l’interessante debutto con Vivarium nel 2019 (la recensione), l’irlandese Lorcan Finnegan torna ora sulle scene con Nocebo, horror paranormale con protagonista Eva Green che combina stregoneria, vendetta e critica del capitalismo senza particolare originalità.
Nonostante la trama sia derivativa e un po’ prevedibile, il film è comunque coerente e gli ingredienti tipici dell’immaginario di genere e gli elementi della tradizione filippina (si tratta di una co-produzione filippino-irlandese) sono dosati con un buon equilibrio, mentre la vena onirica e più propriamente sovrannaturale si fa strada via via. Inoltre, anche grazie all’interpretazione di Eva Green, la tensione è tenuta sempre alta lungo tutto il minutaggio.
Tuttavia, la sua vita perfetta è sconvolta quando, in un momento di pausa, Christine esce a controllare le sue creazioni e, d’improvviso, s’imbatte in un inquietante cane rognoso che si materializza dal nulla nello show-room. La bestia si avvicina e si scuote davanti a lei, gettandole addosso le incrostazioni putride di cui è coperto il suo pelo, e non solo; quella che appare come una zecca le perfora la pelle del collo, entra nei tessuti, mentre la protagonista si getta a terra in preda ad un attacco isterico.
Altrettanto di colpo, l’animale scompare e Christine si trova sola, accovacciata e urlante nella stanza. L’inquietante allucinazione lascia però effetti di lungo termine e la stilista inizia ad avere perdite di memoria, tremori e dolori lancinanti. Forse a causa del suo stato fisico precario, la donna non si ricorda nemmeno di avere assunto Diana (Chai Fonacier), arrivata direttamente dalle Filippine per dare una mano in casa. E l’arrivo repentino della donna da il via a un crescendo di tensione, facendo riemergere un passato oscuro, ormai seppellito da tempo.
Il maggiore punto di forza di Nocebo sta proprio nel rapporto ambivalente tra Diana e Christine che scandisce, tra alti e bassi, le fasi alterne della malattia in rapida degenerazione di quest’ultima. Il film si regge quindi in modo non indifferente sulla performance solida delle due protagoniste femminili che riesce a sprofondarci, dalle loro due prospettive complementari, in un turbinio di angoscia, rabbia e allucinazioni.
Da un lato, Eva Green è instabile, fragile e l’espressività del suo volto, come la gestualità dell’attrice francese, conferiscono un inedito fascino sinistro alla nevrosi (che ricorda in parte la sua interpretazione viscerale della possessione demoniaca in Penny Dreadful).
Dall’altro, Chai Fonacier riesce a incarnare la timidezza della giovane impacciata, sola in terra straniera, ma è una facciata: un suo sguardo sfuggente, o una smorfia quasi impercettibile suggeriscono molto dei suoi propositi maligni. Il suo personaggio e i suoi veri obbiettivi si svelano così insieme all’origine del mistero stesso, in un’epifania fatta di vendetta e di magia.
Nocebo mette in scena un vocabolario magico arcano: la pulce, il pulcino, le erbe medicinali e altri altri segni parte di un misticismo dalle tinte panteistiche assumono contorni inquietanti quando declinati alle arti oscure. Il confine tra credenza, superstizione, manipolazione e paranormale è labile, ma evidente. Christine vede ciò che non esiste? E Diana possiede veramente poteri di curatrice e altre doti ben più oscure?
Il film attinge a antiche tradizioni e rituali radicati nella cultura locale che, d’altra parte, sono stati sovente alla base della cinematografia horror. Gli esempi sono molteplici, da The Wicker Man (la recensione) a Midsommar – Il Villaggio dei Dannati (la recensione), fino al meno conosciuto e forse più affine The Old Ways (la recensione), in cui il regista Christopher Alender e lo sceneggiatore Marcos Gabriel inscenavano un esorcismo ‘alla messicana’ proponendo una prospettiva inedita sul prolifico sotto-genere.
Nocebo, esplora il concetto di “altro” in chiave mistica come The Old Ways, ma in maniera diametralmente opposta e complementare. Nel film di Christopher Alender, una ragazza di origini messicane riscopriva in maniera traumatica legami profondi e oscuri con la sua terra natia. Qui, invece, Diana incarna l’alterità come elemento di perturbazione sia del microcosmo famigliare che, più in generale, del paradigma sociale ed economico occidentali.
Christine è la perpetratrice – in certa misura non del tutto consapevole – di un paradigma produttivo iniquo e disumano, dagli effetti disastrosi. Diana la confronta con la colpa che ha commesso, forzandone un doloroso processo di pentimento e – forse – parziale redenzione. Si tratta di una storia di drammi familiari incrociati disvelati in diversi flashback che alternano due diverse dimensioni spazio-temporali in un’esegesi della lutto e dell’espiazione.
Tuttavia, il messaggio non riesce a emergere appieno nel svolgimento poiché troppo abbozzato e superficiale in certi passaggi e – al contempo – troppo semplicistico e immediato in altri.
Di seguito trovate il trailer ufficiale di Nocebo, al momento senza una distribuzione italiana: