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Voto: 8/10 Titolo originale: Midsommar , uscita: 03-07-2019. Budget: $9,000,000. Regista: Ari Aster.

Midsommar – Il Villaggio dei Dannati | La recensione del film horror di Ari Aster

12/05/2020 recensione film di Raffaele Picchio

Al secondo lungometraggio, il regista di Hereditary prosegue nel suo cammino rituale giocando a carte scoperte e alzando ulteriormente le ambizioni, uscendone comunque a testa alta con un'opera respingente ma affascinante, grottesca e complessa che non accetta mezze posizioni

Midsommar (2019) ari aster film

Un lutto devastante, una relazione morta che nonostante tutto continua e una malattia mentale che aleggia nelle paure di chi ormai si sente perso nel caos. Ancora una volta, Ari Aster parte da questi presupposti per Midsommar – Il Villaggio dei Dannati, ma a differenza di Hereditary – Le Radici del Male (la recensione), con questo secondo lungometraggio li concentra tutti nei primi venti minuti di film, dove vige l’oscurità fotografica e intima della protagonista Dani (Florence Pugh) e il piccolo mondo “stupido” del suo compagno Christian (Jack Reynor) & co. il quale, nonostante tutto, deciderà, malvista e compatita un po’ da tutti, di portarla con loro in Svezia, ospiti di una comune isolata che si dedica a una festività celtica per festeggiare la mezza estate ed eleggere la loro regina.

Midsommar - Il villaggio dei dannati posterUn evento rituale arcano che si ripete ciclicamente e dove il giorno e la notte si confondono. Il buio scompare e ‘inizia’ il sole, andando diretti al punto senza perdere tempo. Coerentemente al precedente film, anche qui si racconta di un rito. Incessante, antichissimo e inevitabile. Le rune celtiche vanno a sostituire i sigilli demoniaci, mentre le danze fanno da cornice festosa al posto del lugubre dolore introspettivo e familiare di Hereditary. Tuttavia, il senso non cambia: l’inevitabile sta già accadendo e tutto è deciso fin dalle prime inquadrature (annunciato da disegni che continueranno ad anticipare ogni cosa nel corso dello svolgimento).

Ad Ari Aster non interessa tanto il “cosa” ma il “come” e questo discorso in Midsommar – Il Villaggio dei Dannati si fa ancora più estremo che nel lungometraggio del 2018. Tutto è già deciso e noi spettatori non possiamo che assistere e soffrire, divertirci, danzare ed essere in qualche modo partecipi. Dove nel precedente la scoperta di un “rito” in corso era il film stesso, qui siamo gentilmente ammessi come ospiti all’intera celebrazione.

Nonostante in apparenza sembri volersi vendere come l’ennesimo epigono a la The Wicker Man (la recensione del classico di Robin Hardy del 1973), in realtà non assomiglia a niente di quanto siamo ormai abituati a vedere, fregandosene totalmente di assecondare le tendenze dell’horror commerciali attuali, tanto che nella sua unicità l’unico paragone possibile forse può essere con quell’altro “ufo” che è il recente Climax di Gaspar Noé (la recensione).

Due film che fin da subito ti dicono quello che sta per succedere; un vero e proprio sabba dove le droghe psichedeliche assecondano il lasciarsi andare e l’affrontare i demoni personali in una cerimonia che non accade “davanti”, bensì “intorno” a noi. Un sabba che non comprendiamo nelle sue dinamiche intime, ma che ci inghiotte e ci spaventa perché la paura, quella vera, si scatena quando ci troviamo davanti a qualcosa che non comprendiamo.

Ari Aster, ancor più che in Hereditary, non ha bisogno di ricorrere ai jumpscare o di chissà quali mirabolanti ribaltoni narrativi per spiazzare e creare disagio e proprio come in And soon the darkness del 2010 tutto avviene perennemente alla piena luce del sole, perché l’oscurità siamo noi. Sempre raffinato nella messa in scena e con un lavoro magnifico di musiche e sound design, il regista e sceneggiatore americano conferma pienamente tutto quanto detto prima, iniziando ad imprimere una sua ormai riconoscibile impronta al filone dei film “esoterici” e comincia a ritornare anche qualche sua evidente ossessione (l’infante “deforme” per esempio, anche se con ruoli ben diversi questa volta).

midsommar ari aster film 2019Se a riassumere per iperbole che Midsommar – Il Villaggio dei Dannati è un po’ il Climax dei folk horror, non si può seriamente formulare un semplice giudizio “critico” per un lavoro così estremamente tecnico e complesso, difficile da assimilare in una singola visione. Midsommar – Il Villaggio dei Dannati non inizia e non finisce, “scorre”, e ti investe spiazzandoti e prendendoti sottogamba in continuazione.

Un’opera difficile e stratificata che sa essere nello stesso momento avvolgente e respingente, grottesca e agghiacciante, un canto inarrestabile di due ore e venti (e dovevano essere di più visto che mancano circa 25/30 minuti, tagliati per non prendersi l’NC-17 dell’organo di censura americano; si spera esca prima o poi la versione estesa, di cui peraltro si sta già parlando) che tenta di ipnotizzare con le sue danze ed è per questo che richiede una certa predisposizione prima di essere affrontata.

Sarà curioso vedere la reazione del pubblico italiano da sala davanti a un lavoro così stratificato (negli Stati Uniti, dove è già uscito da qualche settimana, ha incassato quasi 20 milioni di dollari). Il consiglio personale è ovviamente quello di abbandonarsi alla follia agghiacciante dell’ultima fatica di Ari Aster, durante la quale assistere ammaliati ad un rito sconvolgente e frastornante, approfittando di avere il disonore di non essere le vittime sacrificali di turno e quindi la libertà di unirsi alle celebrazioni festose al fianco di altri sconosciuti, uniti e testimoni di una nuova “Apocalisse”. Per tutti gli altri, ovviamente, ci sono sempre i coniugi Ed e Lorraine Warren.

Per una più approfondita interpretazione / spiegazione del film vi rimandiamo al nostro speciale.

Per raccapezzarvi nella intricata simbologia, vi rimandiamo invece a un altro approfondimento.

Di seguito trovate il trailer italiano di Midsommar – Il Villaggio dei Dannati: