Voto: 7/10 Titolo originale: Pieles , uscita: 09-06-2017. Regista: Eduardo Casanova.
Pelle (2017): la recensione del bizzarro film di Eduardo Casanova
05/06/2017 recensione film Pelle di Sabrina Crivelli
Il film di debutto del regista spagnolo sfida l'estetica e la morale comune sotto l'egida del geniale Álex de la Iglesia
Paradossale e volutamente scioccante, questo è senza dubbio l’animo di Pelle (Pieles, disponibile su Netflix), film di debutto scritto e diretto dallo spagnolo Eduardo Casanova che basa su una sconcertante deformità fisica il suo proclamo rivoluzionario contro la morale e il pensiero comune.
Sconvolgente e unico anzitutto per il modus con cui la diversità viene affrontata; libera dal solito afflato buonista vige una cinica ironia, una crudeltà dello sguardo che lascia sbigottiti e che, però, allo stesso tempo è capace di affrontare il nodo del problema in maniera molto più efficace, con maggior forza espressiva.
Ne è esempio emblematico lo scabroso incipit: un pedofilo recalcitrante, essere viscido oltre ogni dire, ha appena avuto un infante e per dar sfogo alla sua depravazione e non danneggiarlo si reca in una casa chiusa con una immorale quanto raccapricciante offerta; una vecchia nuda mostra al nuovo avventore una serie di album rosa confetto, con le foto di bambini, lui continua a tentennare, la donna rivoltante gli dice che alcuni sono destinati a soffrire, a farsi carico del male di vivere, ma lui non deve.
Poi, gli mostra Laura, una bambina di 11 anni in una foto, lui ne è ammaliato, l’orribile tenutaria conduce la ragazzina nella stanza una volta del medesimo colore e della stessa nuance vestita per darla in pasto a quel piagnucolante orco. Ciò che più lascia basiti della scena sono proprio i toni con cui è narrata, l’ambientazione tenue da casa delle bambole dove il turpe evento si consuma, i dialoghi patetici che in superficie paiono quasi scusare lui, di sottofondo delle note melense di piano risultano ancor più stranianti, non esiste così una palese critica a un atteggiamento socialmente inaccettabile. La grande forza della condanna sta proprio qui, nel distacco e nell’assurdità della descrizione stessa.
Laura (da adulta incarnata da Macarena Gómez) è solo una dei molti personaggi messi in scena tra grottesco, patetico ed eroico, in un approccio alle psicologie senza veli e senza tabù che molto ricorda quello di Álex de la Iglesia, che infatti è coinvolto in veste di produttore, e se ne percepisce certo la presenza. Cernevale umano tratteggiato con eccessi espressionisti, sia nella superficie che soprattutto nell’anima, si susseguono allora Samantha (Ana Polvorosa), donna che ha invertiti bocca e deretano, Ana (Candela Peña), il cui emisfero sinistro del volto pende quanto “Gli orologi molli” di Salvador Dalí, Vanesa (Ana María Ayala) nana protagonista di un programma per bambini in cui è costretta a travestirsi da orsetto rosa, Guille (Jon Kortajarena) dalla faccia deformata da profonde cicatrici, infine Cristian (Eloi Costa), che non accetta di avere le gambe e vorrebbe essere un sirenetto.
La diversità è esibita con un piglio che ricorda il Freaks di Tod Browning, risalente al lontano 1932, allora la pellicola aveva scandalizzato tanto da meritarsi tagli di censura per buona parte della durata e da aver rischiato di non essere mai visto. Ora i tempi sono cambiati e con essi il comune sentire, ma per motivi diversi il potere di scandalizzare lo spettatore può essere paragonabile.
Oltre difatti alla già citata sequenza di apertura, sono reiterati i passaggi davvero crudi e spregiudicatamente anticonformisti, di rottura; tale afflato, peraltro, non risiede più in un’estetica invisa alle folle, ma nella cattiveria, nella perversione del normale, di coloro che sono comuni. Questi, ferini e disumani contrappunti ai singolari protagonisti, sono i veri mostri, ne abusano senza pietà, come coloro che sfruttano Laura sin dalla tenera età, o i due gemelli che violentano Ana, o il manager di Vanesa che ne sfruttano l’unicità senza riserbo o rispetto per la sua felicità.
Attacco all’ipocrisia sferrato visivamente, l’immagine marcatamente deforme dei protagonisti è ancor più accentuata dalle scelte cromatiche, dall’uso di una bicromia fanciullesca basata sui rosa e sui viola, in un colorismo alla Grand Budapest Hotel di Wes Anderson che tuttavia riprende solo nell’epidermico, poiché nell’essenza alla leggerezza, al fiabesco è sostituito un’estremo squallore. Film coraggioso per lo sfrontato disincanto e cinismo con cui tratta certe tematiche, portandoli fino agli estremi confini, Pelle è anche capace di estrema umanità e dolcezza proprio nel tratteggiare la sua singolare umanità, eroica e poetica, per questo detentrice d’infinita bellezza.
Di seguito trovate il trailer di Pelle:
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