Voto: 6/10 Titolo originale: Camera Obscura , uscita: 09-06-2017. Regista: Aaron B. Koontz.
[recensione] Camera Obscura di Aaron B. Koontz
21/06/2017 recensione film Camera Obscura di Sabrina Crivelli
Intrigante debutto alla regia per un thriller che però non riesce a concretizzare appieno le suggestioni vagheggiate
Debutto alla regia di Aaron B. Koontz, Camera Obscura contiene molto potenziale, ha la capacità per buona parte del minutaggio di avvincere lo spettatore e risultare non prevedibile, ma in alcuni passaggi, in alcuni dettagli, come nel finale, resta troppo abbozzato, dando la sensazione così che la storia non sia portata del tutto a compimento.
Protagonista è Jack Zeller (Christopher Denham), reporter di guerra reduce da un’esperienza scioccante, la visione della morte di un bambino, che causa in lui terribili sensi di colpa (lo ha fotografato invece di aiutarlo) e una crisi esistenziale profonda. E’ tornato a casa già da mesi, ma l’uomo, nonostante le sedute di analisi e gli psicofarmaci, non riesce a tornare a una vita normale e fatica. Lo sostiene in questo duro momento la moglie, Claire (Nadja Bobyleva), agente immobiliare che gli trova un impiego presso il suo medesimo datore di lavoro e cerca di aiutarlo a superare il terribile disturbo post-traumatico da stress. Così, un giorno la donna ha la malaugurata idea di comprare al marito una vecchia macchina fotografica ad un’asta, speranzosa che possa riavvicinarlo alla sua vecchia passione, e così è.
Jack inizia a catturare i più disperati soggetti con l’occhio della camera, girando senza meta per le strade della città, ritrovando l’amore perduto per la precedente attività svolta, ma qualcosa di oscuro si cela dietro alla sua apparente ripresa psichica. Dopo aver portato le foto a sviluppare in un negozio dove si recava in periodo universitario, scopre che, alcune immagini sono miracolosamente venute in bianco e nero e pensa sia strana conseguenza dell’impressione della pellicola da parte dell’apparecchio datato, ma qualcosa di molto più inquietante accade: trova alcune istantanee dei luoghi degli scatti, al centro di essi coloro che ha inquadrato sono defunti, in una sorta di premonizione della loro morte con data e ora in nuce. Tra questi rientra anche l’amata consorte. L’uomo inizia dunque a contrastare tutti i possibili pericoli che minacciano la donna, prima cercando di tenerla lontana dagli scenari della sua presunta morte, poi “eliminando” fisicamente i suddetti.
Ne discende un delirio lucido, l’alternarsi ben equilibrato per gran parte del minutaggio tra quelle che dovrebbero essere le allucinazioni di Jack e la reale percezione che la macchina fotografica abbia un potere funesto, sia premonitrice del sonno eterno, peraltro dovuto a terribili crimini e sventure. Affine in tale meccanismo narrativo a Final Destination, quivi tuttavia non una premonizione del baratro, ma una sua sovrannaturale istantanea porta il protagonista ad avere all’apparenza gli strumenti per evitare il Tartaro, di cui s’intravede l’attimo di infausto passaggio; inoltre, come nella saga, una volta sventata una minaccia, ne segue subito un’altra, come se il Fato fosse ineluttabile, necessario.
D’altro canto anche l’idea di una macchina fotografica che permetta la premonizione degli eventi a venire non è inedita, era già negli anni ’60 al centro di un episodio di Ai confini della realtà, intitolato A Most Unusual Camera, il film di Aaron Koontz non inventa nulla, ma fonde diversi spunti e si limita a concentrarsi sul lato macabro del precedente modello. Lo stesso è possibile asserire del secondo nucleo narrativo: la componente allucinatoria. Essa infatti si fa strada, contemporaneamente alla controparte orrorifica, nelle sequenze quale vissuto distorsivo del reporter e lo spettatore rimane in siffatta maniera dubbioso se stia assistendo a eventi paranormali, oppure alla paranoica e psicotica lettura del mondo circostante da parte di un soggetto altamente disturbato. Meno caricato visivamente, ma concettualmente molto vicino, è allora Allucinazione perversa (Jacob’s Ladder) di Adrian Lyne, che similmente concretizzava nello svolgimento filmico gli effetti dalla DPTS che affliggeva il protagonista, incarnato da Tim Robbins.
Seppur dunque la filiazione risulti etero originata, i due emisferi risultanti non sono scontati, come non lo è la sentenza finale. Sarà follia o paranormale? Il quesito è mantenuto vivo dagli elementi a disposizione di chi guarda: da una parte le immagini di cadaveri sono visibili da terzi (un amico di Jack), quindi esistono davvero, dall’altra però sussistono anche gli incubi ad occhi aperti, ne è perfetto esempio la scena in cui il protagonista è persuaso che la moglie sia aggredita da una entità, la vasca da bagno si riempia di sangue, lo specchio si frantumi, lei si ustioni la mano sulla maniglia incandescente, ma quando accorre in suo aiuto, tutto è svanito e la donna lo guarda stupita; era tutto nella sua mente.
Ad acuire ulteriormente la sensazione che il fantasmatico e il delirante si compenetrino, c’è il montaggio di alcuni spezzoni, la sincopata alternanza d’immagini connotata da repentini salti temporali, calcatamente innaturale e resa ancor più straniante dalle note sintetiche del sound track. Infine Denham, con una interpretazione credibile e mai troppo manierista, riesce bene a impersonare un personaggio affetto da psicosi. Purtroppo però la sospensione eccessiva non paga, alcuni dettagli sono abbozzati tanto da dar vita a qualche incoerenza e tutte le suggestioni messe in scena non sono mai portati a degna conclusione, tutto rimane lì, estremamente fumoso.
Prima prova tutt’altro che esecrabile, Camera Obscura è il promettente debutto, la premonizione forse di interessanti e più maturi lavori e certo Koontz è da seguire con attenzione per il futuro.
Di seguito il trailer originale:
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