Voto: 5/10 Titolo originale: Delirium , uscita: 10-05-2018. Regista: Dennis Iliadis.
Delirium: la recensione del film horror di Dennis Iliadis
04/10/2025 recensione film Delirium di William Maga
L'ennesimo prodotto di casa Blumhouse promette inquietudine e follia, ma resta prigioniero dei suoi cliché e spreca Topher Grace

Arrivato solo ora su Netflix, Delirium è l’ennesimo tentativo di thriller psicologico prodotto nell’alveo Blumhouse che punta sul basso budget, su un’unica location e su un protagonista inaffidabile. Il risultato, però, è un film che sembra ripetere un copione già visto: un uomo fragile appena dimesso da un istituto psichiatrico, una villa-museo carica di fantasmi (forse reali, forse mentali), un passato rimosso che ritorna a ondate.
Il nodo non è l’idea – di per sé legittima e ancora fertile – ma la sua esecuzione: Delirium procede per accumulo di allarmi e apparizioni, rientrando ciclicamente nella stessa dinamica “vedo/non vedo” fino a svuotarla di tensione. Dopo una prima mezz’ora intrigante, in cui l’enorme casa diventa un labirinto emotivo e visivo, la narrazione entra in una routine di corridoi, cigolii e micro-sussulti che spegne la curiosità invece di alimentarla.
Dennis Iliadis lavora bene sugli spazi – la piscina come bolla di isolamento, la cucina come rifugio infantile, la stanza cristallizzata negli anni Novanta – ma dirige gli incubi con un metronomo troppo regolare: stessa cadenza, stesso tipo di spavento, stessa inquadratura che si avvicina a un vuoto pieno di presagi.
Il dispositivo dell’“è tutto nella sua testa?” non è ripensato; è usato come stampella per dilatare un intreccio esile che avrebbe richiesto maggiore densità o, al contrario, più ferocia e asciuttezza. Anche il rapporto con la consegnataria della spesa, che dovrebbe umanizzare il protagonista e farci respirare fuori dalla casa, appare sbrigativo, poco credibile nei tempi e nelle motivazioni; lo stesso vale per alcune scelte di sceneggiatura che aprono piste (la figura paterna, le colpe antiche, il fratello minaccioso) senza farle davvero reagire tra loro.
Topher Grace regge il centro del quadro con mestiere, alternando smarrimento e ironia trattenuta, ma non basta a colmare i vuoti di scrittura; anzi, quando il film gli chiede di precipitare nella follia, l’interpretazione resta più “indicata” che vissuta. Patricia Clarkson, nel ruolo dell’agente di sorveglianza, è la presenza più nitida: ogni sua scena innerva il racconto di una tensione concreta che altrove latita. Genesis Rodriguez fa quel che può con un personaggio ridotto a funzione. Persino il terzo atto, più concitato, porta con sé un’aria di già visto: cambia il volume, non la sostanza. Delirium vorrebbe essere un incastro di colpa, lutto e allucinazione; è, invece, un carosello di segnali che rimandano sempre alla stessa domanda e alla stessa risposta, senza deviazioni o scarti.
Sul piano tematico, il film non interroga mai davvero lo sguardo con cui osserva la fragilità psichica: la usa come motore narrativo, la stereotipizza, non la trasforma in conflitto etico o poetico. Ed è un peccato, perché l’ambientazione, la prigionia elettronica, la memoria congelata negli oggetti d’infanzia potevano farsi materia viva. In termini di genere, manca il coraggio di comporre un vero crescendo: il “saliscendi” emotivo si appiattisce in una linea piatta, dove l’attesa di un colpo di scena sostituisce la costruzione della paura. Il finale di Delirium chiude le caselle con ordine, ma lascia il sapore di un’occasione mancata: il film che prometteva una discesa negli abissi della mente si accontenta di una passeggiata circolare nella casa.
Insomma, il valore di Delirium sta nei primi movimenti, nell’uso della villa come organismo e in qualche intuizione di messinscena; ciò che non funziona è la ripetizione, l’inerzia e la superficie con cui si trattano trauma e malattia. Come horror da casa isolata è troppo composto per spaventare davvero; come thriller psicologico non affonda abbastanza nella colpa; come prodotto Blumhouse conferma i limiti della formula quando manca la scintilla autoriale.
Non c’è molto oltre l’ambiguità di base: l’enigma non apre varchi, li simula. Un film guardabile il sabato sera dal divano di casa, ma che si dimentica in fretta: un corridoio ben arredato che porta, purtroppo, a una stanza vuota.
Di seguito potete dare uno sguardo al full trailer di Delirium, su Netflix dall’1 ottobre:
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