[recensione + intervista] Agnus Dei di Anne Fontaine
15/11/2016 news di Giovanni Mottola
Abbiamo fatto due chiacchiere con la regista del Lussemburgo, che ci ha presentato il suo ultimo film, soffermandosi sul rapporto con il cattolicesimo a anticipandoci il prossimo progetto
Non è elegante dar voce ai morti, ma siamo convinti che Agnus Dei sarebbe molto piaciuto ad Andrzej Wajda: avrebbe apprezzato l’impegno civile unito all’assenza di retorica con cui la regista francese Anne Fontaine narra un episodio drammatico e poco ricordato della storia di quella Polonia di cui fu il cantore per eccellenza. Si tratta di una vicenda accaduta durante la Seconda Guerra Mondiale, che vede protagonista la dottoressa francese Madeleine Pauliac (che nel film ha il nome di fantasia Mathilde Beaulieu ed è interpretata da Lou de Laâge). Questa, trovandosi di servizio nella locale Croce Rossa per curare i propri connazionali feriti al fronte, viene un giorno avvicinata all’ospedale da campo da una novizia in cerca d’aiuto per una sorella. Trasgredendo al dovere che le impone di prestare cure solo ai francesi, la dottoressa si reca al convento e scopre che i Sovietici hanno violentato sette monache, le quali si ritrovano ora in stato di gravidanza. Si offre di aiutarle senza farne parola con nessuno, ma il compito è reso arduo dalla mentalità rigida della madre badessa (Agata Kulesza), che considera la maternità vergogna e disonore per il convento e oppone resistenza alle iniziative della dottoressa, spalleggiata invece da alcune più morbide sorelle con in testa Suor Maria (Agata Buzek), fino a macchiarsi ella stessa di vergogna e disonore pur di proteggere quei valori in cui è rimasta la sola a credere.
Un film tutto al femminile, che affronta temi quali la violenza sulle donne, la maternità, il fanatismo religioso con uno stile più asciutto possibile, per merito della regista Anne Fontaine, che ce ne dà conferma:
Chiedo sempre ai miei attori di nascondere le emozioni: m’interessa non tanto che siano bravi a recitare, ma che portino sullo schermo la condizione umana.
E’ successo anche con Lou de Laâge, la protagonista di Agnus Dei?
Sì. Lei è un’attrice molto giovane, che sino ad ora aveva interpretato parti da ragazzina. Quando si è presentata per il provino non era andata particolarmente bene nel senso classico, ma mi sono convinta che la sua presenza e il suo modo di essere avrebbero conferito al film la luce giusta.
Cosa ci dice invece di Vincent Macaigne, che interpreta l’unico personaggio maschile del film?
Lui è molto ironico nella vita e tale è anche il suo personaggio, quello di un medico ebreo che offre uno sguardo diverso sul film. Non è un bello in senso classico e questo permette di smitizzare il solito schema dell’amore tra chirurgo e giovane dottoressa, che pure è presente nel film ma senza esserne il motore principale.
Come le è venuta l’ispirazione per raccontare questa storia?
Non c’è nessun richiamo a precedenti film sul tema. Lo spunto viene dalla storia vera della dottoressa Pauliac, che personalmente non conoscevo e mi è stata raccontata dai produttori del film, i fratelli Altmeyer, ai quali il nipote della dottoressa aveva fatto recapitare un diario dove aveva narrato la vicenda. Noi abbiamo poi svolto ricerche storiche, con notevoli difficoltà perché in Polonia esiste poco materiale sull’argomento. Alla fine abbiamo lavorato sulla sceneggiatura, concentrandoci sulla personalità di ciascuna delle suore. Il finale, con i bambini nel convento, è invece tratto da una diversa vicenda, anch’essa realmente accaduta.
Come è riuscita ad immedesimarsi così bene nella vita di un convento e di chi lo abita? Ho trascorso due periodi di ritiro in un convento benedettino, dove ho potuto confrontarmi con la mentalità delle suore e comprendere, per loro stessa diretta ammissione, che la rinuncia più difficile con cui si cimentano non è quella della sessualità ma quella della maternità.
Lei è cattolica?
Provengo da una famiglia molto religiosa (ho due zie suore e mio papà era organista di chiesa), ma personalmente non sono credente. In ogni caso, con Agnus Dei non avevo l’intenzione di affrontare tanto l’aspetto della religiosità quanto quello civile della storia delle suore e della dottoressa. Il fulcro del film è il tema della “disobbedienza”: volevo indagare su come situazioni estreme possano dar vita a gesti di ribellione. In quei momenti, credere o meno diventa un fatto quasi secondario.
Una storia vera, dunque ancorata a un’epoca precisa, ma che pare sempre attuale.
Proprio così: non volevo realizzare un film “d’epoca”, ma raccontare una storia di fanatismo, che è presente oggi come allora. Basta guardare le guerre, l’Isis etc.
Qual è stata la reazione del mondo cattolico?
Sia in Polonia che in Francia sono stati molto toccati dal film, come pure in Vaticano dove è stato proiettato in anteprima alla presenza di 400 persone che lo hanno definito un film “terapeutico” per la Chiesa. Un vescovo molto vicino al Papa mi ha detto: “Dobbiamo guardare in faccia la realtà”.
Lei la guarda ma non la giudica…
M’interessava porre domande e non fornire risposte.
A noi ne ha fornite in abbondanza e, per concludere le domandiamo qualche anticipazione sul suo prossimo lavoro:
Ho appena terminato di girare il mio nuovo film, Marvin, del cui cast fanno parte, tra gli altri, Finnegan Oldfield, Grégory Gadebois, Isabelle Huppert, Vincent Macaigne. Ora è in fase di montaggio e non posso dire molto. E’ ambientato in Francia e racconta della vita di un ragazzo proletario tra i 12 e i 24 anni, che cresce in un ambiente omofobo e razzista, ma riuscirà a dare una svolta inaspettata alla sua vita. Non è un film comico, ma offre anche momenti di grande divertimento.
Di seguito il trailer di Agnus Dei, nei nostri cinema dal 24 novembre:
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