Recensione libro + intervista: Zack Snyder – Into the snyderverse di Filippo Rossi
26/02/2024 news di Alessandro Gamma
Un volume che ripercorre la filmografia del filmmaker americano, tra dietro le quinte e doveri di riabilitazione
Regista, sceneggiatore e produttore, Zack Snyder è – volenti o nolenti – tra le menti più creative del Cinema americano contemporaneo. Autore di numerosi blockbuster, i suoi film spaziano tra morti viventi, supereroi e fantascienza pura. Il suo percorso di vita, poco noto ai più, e il cammino professionale non sono sempre stati semplici e i suoi lavori sono tra i più polarizzanti del nostro tempo.
Eppure, in appena un ventennio di carriera, il fimmaker è riuscito a progettare e creare il cosiddetto Snyderverse (“Universo Snyder”): una cattedrale cinematografica e narrativa dalla tripla navata, basata su cannibalismo horror, superpoteri ed epica stellare. La sua produzione è dunque ambiziosa, esplosiva, curatissima nei dettagli. Le immagini sono dinamiche, multiformi, inaspettate. Lo stile unico e ben riconoscibile.
Ora, con il volume Zack Snyder – Into the snyderverse edito da Nicola Pesce Editore (430 pagg, 14.8×2.3×21 cm, 17.90 euro) Filippo Rossi prova ad passare in rassegna tutti i suoi film, dagli esordi sin al recentissimo passato, tra dietro le quinte e curiosità.
Abbiamo colto l’occasione per fare quattro chiacchiere con l’autore.
Quando hai iniziato a lavorare sul volume, e perché hai pensato fosse “necessaria” una pubblicazione del genere in Italia?
In Italia impera da troppo tempo l’ignoranza molesta a proposito del Fantastico, del cinema fantasy/fantascientifico, del medium fumetto e degli autori/artisti mondiali connessi a tutto questo. Situazione per me insopportabile.
Alle cinque del pomeriggio di venerdì 9 aprile 2021 ho avuto uno scambio pubblico su Facebook con il critico e fumettista Andrea Guglielmino, in occasione di un suo attacco al senso del fluviale director’s cut, allora appena uscito sui canali a pagamento, “Zack Snyder’s Justice League”.
Io ho subito amato il film, come tutti quelli di questo regista, e restai inorridito di fronte all’ennesima prova di disprezzo pregiudiziale e gratuito. Quel rimpallo di messaggi in difesa di opera e regista è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso delle polemiche, in pratica anni e anni di scontri personali con sarcastici “criticinefili” engagé e “fumettari—so—tutto—mì” à la page che continuano, imperterriti, a tentare di distruggere quel brav’uomo di Zack Snyder; in effetti lo considerano non tanto inutile o sciocco, quanto proprio “dannoso”.
Fui spinto, in un flash mentale che ho subito considerato una vocazione religiosa, a proporre l’idea di questo saggio alle care Edizioni NPE – che hanno accettato subito e che ringrazio con trasporto. Il libro è il risultato di due decenni di lotte intellettuali non tanto (o non solo) contro fan anti-Snyder, quanto contro insigni professionisti del cinema e del fumetto che, non appena s’inizia a sussurrare il nome maledetto di questo cineasta, impazziscono di rabbia.
Ho subito visto la scrittura del testo come un percorso parallelo con Snyder, sorta di mio alter ego cinematografico: un coraggioso e destabilizzante costruttore di “altri” Universi narrativi, coerente nel suo essere controcorrente, cane sciolto fuori da ogni schema e assolutamente non piacione. Un artista sgradevole e provocatorio, inventivo oltre il limite del maniaco.
Zack Snyder per me è un Autore vero, “regista che la gente ama odiare” – come un redivivo Erich von Stroheim. Ogni opera del regista di Green Bay è analizzata nel dettaglio. Dagli esordi de “L’alba dei morti viventi”, remake del film “Zombi” di George Romero del 1978, passando per i capolavori “300”, adattamento cinematografico dell’omonimo fumetto di Frank Miller, e “Watchmen”, trasposizione cinematografica dell’omonima miniserie a fumetti di Alan Moore e Dave Gibbons.
Analizzando le opere di formazione “Il regno di Ga’Hoole – La leggenda dei guardiani” e “Sucker Punch”, giungo alle opere appartenenti al media franchise DC Extended Universe (in particolare la tormentata vicenda legata alla sua “Justice League”) che tanto hanno diviso la critica pur se premiate dagli appassionati, fino a conquistare l’Oscar come “momento cinematografico preferito”, grazie al voto degli utenti di Twitter.
Perché ritieni che Zack Snyder sia “il regista più sottovalutato dell’universo”?
Zack Snyder, fin dal suo primo film di zombi del 2004 “Dawn of the Dead”, modifica temi, personaggi, atmosfere senza badare alle aspettative del pubblico ma seguendo un mostro interiore che gli ordina di osare. Tutto ciò lo rifiuta una parte superficiale degli spettatori e, soprattutto, è detestato da molti auto-proclamati esperti di cinema poco attenti e, in ultima analisi, fossilizzati… Cosa triste che succede proprio per il continuo e ossessivo scartare di lato da parte del regista.
Chi reagisce male al coraggio autoriale è una rumorosa platea che non attiva lo scomodo ma vitale pensiero laterale ma resta impantanata nel tradizionale e comodo “già fatto”. L’intero libro è una scatenata difesa della profondità snyderiana di linguaggio e di pensiero presso il tribunale del cinema popolare, che troppo spesso lo mette sotto accusa per supposta superficialità e/o volgare muscolarità; ed è anche un feroce atto di accusa nei confronti di chi si ostina a ricercare opere e menti facili nell’Arte e, quindi, taccia di cialtroneria l’ambiziosa opera complessa di menti complesse che, in ultima analisi, non ha voglia di capire.
Snyder sforna film pop sempre più cerebrali, difficili, sfidanti e raffinati: è ora di urlarlo nella silenziosa e polverosa cattedrale della cultura moderna. Se questa figura di regista esiste per scardinare il grande schermo, chi lo ama davvero deve fare lo stesso nel suo campo.
A chi si rivolge Zack Snyder – Into the snyderverse?
È dedicato a chi ha intuito la grandezza di Zack Snyder ma non riesce a inquadrarla. Ai tantissimi che amano i suoi film ma non osano dirlo in giro, perché c’è sempre qualche furbone che urla di aver capito tutto lui e che questo regista “non ha capito nulla”. Ma anche a chi è restato deluso dal suo ultimo, mediocre film, “Rebel Moon”.
Il saggio esce in occasione della criticatissima e, allo stesso tempo, popolarissima pubblicazione su Netflix, dal 21 dicembre 2023, del nuovo film “Rebel Moon – Parte 1: Figlia del fuoco”… pur senza, per fortuna, recensirlo (dato che non ho fatto in tempo a vederlo e ad analizzarlo, ma solo a presentarlo), questo resta il saggio definitivo sul regista di Green Bay, Wisconsin. È per gli appassionati di cinema, in particolare per gli amanti dei generi accomunati dal concetto del Fantastico. Anche chi non conosce o non ama Zack Snyder e il suo multiforme Snyderverse avrà la possibilità di approfondire la conoscenza di uno straordinario cineasta.
Ne tratto ogni aspetto del percorso umano, artistico e professionale; affronto tutti i suoi vari Universi fittizi e i demoni che li hanno generati. Snyder è uno studioso di cinema, maestri del passato e film classici di riferimento sono numerosi e li enumero cercandone i legami più intimi con la sua produzione. Molti li ha ammessi lui per primo in varie interviste, non facendo mistero della cultura che lo muove e, così, promuovendo capisaldi alle generazioni più giovani che lo venerano. Aggiungo che il volume si rivolge anche a chi è curioso di cercare nuovi percorsi di vita inaspettati.
Cosa ti ha dato più “problemi” durante la stesura?
L’analisi psicologica di opere artistiche connesse alla vita di chi le realizza è difficile. Per me è stato un percorso iniziatico dedicato al regista più sottovalutato dell’universo cinematografico, alla mente artistica più amata e più odiata del nostro tempo. Ho trovato una guida illuminante nel testo del Requiem in Re Minore, l’opera incompiuta di Mozart.
La scrittura doveva oltrepassare le personali vette raggiunte con “Dune – Tra le sabbie del mito”, il ciclopico saggio che tre anni fa ho dedicato alla fantascienza decisiva di “Dune” e che mi aveva coinvolto per anni, se non decenni… qui, con l’amato Zack Snyder, l’intenzione era di superarmi.
Come è tradizione per le Edizioni NPE, questo nuovo, mastodontico volume di ben 432 pagine è oltre tutto graziato da un repertorio artistico di altissimo valore, con splendide immagini cercate nei meandri dello scibile e alcuni miei disegni; il complesso testo/immagini deve accompagnare il lettore verso quell’ulteriore, necessario arricchimento concettuale.
Ho avuto inoltre difficoltà nel trattamento delle ultime prove del regista, “Rebel Moon – Part One: A Child of Fire” e “Army of the Dead”, due sofferti film per Netflix che tendono a tenere ancorate alla terra le un tempo sfolgoranti evoluzioni di un Icaro bruciato dal sole. Opere normalizzanti e normalizzate ma che tra le righe riescono a trasmettere disperata voglia di originalità. In particolare, “Rebel Moon” è un franchise che inizia con un film in due parti, la prima appena uscita; il sequel “Rebel Moon – Part Two: The Scargiver” è previsto per il 19 aprile 2024 su Netflix, ma è in corso lo sviluppo di ulteriori episodi della storia, con la sceneggiatura del terzo film in lavorazione dal dicembre 2023.
I piani esatti di Snyder per la durata della serie non sono chiari: ha confermato che il primo episodio è parte di una trilogia, ma anche che sarà seguito da una “trilogia di sequel”, ossia quattro o cinque opere in totale. Difficile anche ricostruire i leggendari sequel mai fatti (ma che forse saranno fatti) del suo “Zack Snyder’s Justice League”, a sua volta infinito film sequel del rivoluzionario “Man of Steel” e del monumentale “Batman v Superman”, saga multi-episodica dedicata agli eroi dei fumetti DC Comics; parte integrante del mitologico Snyderverse, il suo “Signore degli Anelli supereroico”.
Quando hai davvero capito che Zack Snyder era un filmmaker da tenere d’occhio?
Da subito. Zack Snyder inizia con i più classici e intoccabili degli zombi, quelli di George Romero. Si tratta delle figure decisive dell’horror cinematografico contemporaneo – come ad esempio lo furono i vampiri letterari un secolo fa, o prima ancora le tradizionali streghe. Il loro universo simbolico è complicatissimo, da studiare se lo si vuole omaggiare nel modo giusto.
Snyder si diverte a variare gli amati zombi lenti e inesorabili di tipo romeriano, immagine del consumismo, trasfigurandoli in nuovi zombi ipercinetici, che diventano immagine del terrorismo globale. Cambiandoli ne conferma l’adattabilità assoluta. Il tratto distintivo che rende Snyder decisivo per il cinema di oggi l’ho rintracciato nella manipolazione del tempo filmico, accelerato o rallentato, zoommato nel dettaglio o allargato a dismisura, fino a essere congelato in innaturali immagini statiche; è un tipo di esercizio temporale che il regista trae direttamente dalla scansione di vignette e tavole del fumetto, un linguaggio gemello al cinema che si esplica in inquadrature simili più altre, tipiche esagerazioni grafiche.
Questa manipolazione estrema diventa anche manipolazione di generi e figure, situazioni storiche e narrative, ambienti scenografici, cromatismi, corpi attoriali, ritmi di racconto. Il successivo “300” vede l’ancora giovane Zack Snyder affrontare un’opera pseudo-storica del grande fumettista americano Frank Miller, che riverisce come mai fatto prima nel medium pur senza mancare di aggiungere le inevitabili ma coerenti variazioni personali.
I film che a mio parere rappresentano l’intimità del regista sono tre: “Watchmen” per la rielaborazione autonoma del sacro materiale fumettistico di Alan Moore, “Sucker Punch” per la straziante sincerità autoriale e “Man of Steel” per la rivoluzione poetica nel popolarissimo genere supereroi – toccando addirittura sua maestà Superman, il primo di tutti. In seguito, il vero capolavoro “Batman v Superman” lo definisce come controverso rinnovatore di mitologie condivise, per sua natura divisivo e, proprio per questo, necessario.
Quale pensi possa essere il futuro di Zack Snyder? Riabilitazione o declino?
È già da tempo in fase di riabilitazione. Ci si è accorti di lui quando è sparito! Succede sempre così con i geni, vedi il povero Vincent Van Gogh – almeno Snyder non è ancora morto, anche se ci è andato molto vicino umanamente e produttivamente. Dopo il casino allucinante della prima versione di “Justice League”, rovinata da Joss Whedon nel 2017, e la cacciata offensiva da parte della Warner Bros., gli appassionati e gli addetti ai lavori lo rimpiangono come mai nessuno prima.
Lo rivogliono tutti come regista e come autore unico per i supereroi in crisi filmica, dopo averlo trattato a pesci in faccia senza capirlo. Il declino registico oggi comunque c’è, inutile nasconderlo… è l’inevitabile contraccolpo di una crisi personale, famigliare, e di anni di ingiuste violenze subite dai massimi sistemi cinematici. L’apice di questi suoi primi vent’anni è stato “Zack Snyder’s Justice League” nel 2021, ma poi le ultime opere dello Snyderverse (l’almeno divertente rapina post-apocalisse zombi di “Army of the Dead” e la deludente prima parte del dittico in stile starwarsiano “Rebel Moon”) sono imperfette per quanto astute.
Più convenzionali e trattenute, non più sfrenate e sorprendenti come ci aveva abituato. L’uomo Zack dovrà reagire, ritrovare quel coraggio che gli ha permesso di cambiare il cinema moderno. Un coraggio senza pari che, ad esempio, gli ha permesso di rivoluzionare per sempre la percezione globale di personaggi e generi popolarissimi…
Solo per citarne uno, quello di Zack Snyder autore (e Ben Affleck interprete, da lui scelto contro tutto e contro tutti) è stato il Batman della maturità fittizia, artistica, culturale ed espressiva. Un Batman come consapevole classico moderno, adulto eroe ricco e cinico ma non incoerente: per lui i soldi sono un trauma personale e un senso di colpa. Bruce Wayne è un ereditiere e un filantropo, aiuta la società con fondazioni, ma usa una parte del denaro per limitare il crimine estremo: ha una logica spietata.
Quello di Gotham City è crimine estremo, appunto, pensato per essere ultracaricato e quindi surreale. Il mondo di Batman è tutto surreale. Qualsiasi opera d’arte “siamo noi”; ma se la Marvel (soprattutto in versione Marvel Studios cinematografici) resta ancorata a sempre più prevedibili concetti iperrealistici e/o semi-fantascientifici, la DC di Batman è più “fantasy”, quindi surreale perché profondamente simbolica. Un Joker e un Bruce Wayne non possono esistere nel nostro mondo reale – solo Christopher Nolan ci ha provato, e tra alti e bassi ha infatti creato una visione inedita e indipendente.
Invece, nell’ottica di un’altra più fedele e ancora più significativa visione, quella oggi riabilitata del comunque declinante Zack Snyder, Bruce Wayne e il Joker non potrebbero esistere perché sono caricati al massimo fino al livello archetipo, per metterci di fronte (noi esseri umani mortali del mondo reale) al Bene e al Male filosofici. Bruce Wayne non è ricchissimo, ma è “Ricco” – può tutto, con idee e soldi; il Joker non è pazzo, ma è “Pazzo” – può tutto, con volontà e fisico. Sono loro, infatti, i veri Super-uomini della DC. Superman è solamente un inesistente Dio che vorrebbe essere uomo normale, non “Super”.
Con Superman, secondo il perfetto crescendo concettuale ultraterreno, si arriva all’alieno, all’extra-umano, allo spaziale: fonte di possibilità straordinarie ma anche, specularmente, di minacce assolute al genere umano terrestre. Solo quindi il vero super-uomo, campione della Terra, può capirle e gestirle, oppure affrontarle e difenderci!
E parlo, ovviamente, del super-uomo Bruce Wayne di Affleck con la maschera da pipistrello inventata da Snyder. In Zack Snyder le storie di supereroi non ritraggono affatto mondi reali imperfetti o mondi fittizi “perfettissimi”! Piuttosto, mondi simbolicamente (archetipicamente) “imperfettissimi” – vedi anche ciò che succede nel Signore degli Anelli di Tolkien.
Il simbolico, filosofico Viaggio dell’Eroe che si dice giustamente essere nei Mondi Imperfettissimi (perché prevedono il problema concreto del Male in quanto possibile risultato del libero arbitrio) della miglior fiction mitologica deve essere, deve essere!, il reale viaggio dei reali eroi del reale genere umano unito nel nostro mondo reale. Zack Snyder, grazie al suo multiplo e multiforme Snyderverse, specchio deforme della Realtà, ci insegna proprio questo, ed è la lezione più preziosa di tutte, che ritengo indispensabile. La lezione dell’esempio.
Per me e per Snyder è questa la bellezza, è questo il valore educativo della fiction, o meglio del Cinema, o meglio ancora del Mito. Tutto ciò è stato per fortuna trovato nella riabilitazione di Zack Snyder, ma adesso deve essere ritrovato per fermarne il declino: servono all’Autore, sorta di Re Artù ferito nella Terra Desolata di “Excalibur” (1981, di John Boorman), il Graal fatto di potenti iniezioni di fiducia e, soprattutto, di comprensione. Questo è l’obiettivo ultimo del mio libro.
Di seguito il trailer internazionale di Watchmen:
© Riproduzione riservata