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Voto: 6.5/10 Titolo originale: Histoires extraordinaires , uscita: 16-05-1968. Regista: Roger Vadim.

Recensione story | Toby Dammit di Federico Fellini (Tre Passi nel Delirio)

29/01/2020 recensione film di William Maga

Nel 1968, Terence Stamp era il protagonista del segmento più riuscito di questo film collettivo, un cupamente ironico compendio delle ossessioni del regista, guidato dalla paura della morte

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Presentato fuori concorso al Festival di Cannes del 1968, il film ‘collettivo’ Tre passi nel delirio portava in scena un liberissimo adattamento in tre episodi dei Racconti Straordinari (Histoires extraordinaires) dello scrittore Edgar Allan Poe, rispettivamente a firma di Roger Vadim, Louis Malle e Federico Fellini.

Il primo, intitolato Metzengerstein, si può abbastanza tranquillamente trascurare: si tratta di una gotica melensaggine in cui, in tiratura di lusso, fanno bel vedere Jane Fonda e una cavalla nera. Più sostanza c’è nel successivo William Wilson, con Alain Delon e una corvina Brigitte Bardot e dove, per altro, l’eleganza dell’ambientazione storica, quella di una cittadina padana durante le guerre del Risorgimento, non toglie che il racconto dell’ufficialetto austriaco in lotta col suo ‘doppio’, personificazione del Male, non lasci un’impressione di gratuità e stanchezza.

tre passi nel delirio film posterResta così la zampata in coda offerta da Toby Dammit, ed è davvero vigorosa. ‘Non scommettere la testa col diavolo’ (titolo ufficioso) non aggiunge molte foglie alla splendente corona d’alloro del regista riminese, all’epoca reduce da Giulietta degli spiriti del 1965, ma appartiene ugualmente al suo miglior cinema, di cui ripete l’impeto immaginifico e la foga inventiva. Da un groviglio di vivide pennellate che vanno a stuzzicare la satira dell’ambiente cinematografaro romano (un tema congeniale a Federico Fellini), traspare infatti il ritratto e la tragedia di un «divo» straniero (Terence Stamp), capellone, beat e drogato quanto ce n’entra.

Toby Dammit è un attore inglese, alcolizzato e, verosimilmente, di talento non eccelso: viene chiamato a Roma per recitare nel primo ‘western cattolico’. Prima che comincino le riprese però, Toby è intervistato dalla televisione e quindi costretto a prendere parte a una serata mondana infinitamente squallida. Ma lui pensa solamente al whisky e alla Ferrari che si è fatto regalare; dopo aver balbettato nel modo più osceno qualche frammento del celebre monologo di Macbeth, e oltraggiato i suoi incensatori, l’uomo si lancia allora a corsa pazza sulla potente vettura e s’illude di poter varcare con essa anche un ponte crollato. Ma, al di là dell’ostacolo, lo attende l’imprevisto. Ad attirare Toby verso la sua tragica fine è l’intermittente apparizione d’una bambina dalle movenze candide (Marina Yaru), ma dalle sembianze viziose e demoniache (indimenticabili i momenti con la palla bianca).

Come detto, del testo letterario qui c’è soltanto lo spunto. Ma, quasi un compendio delle sue personali ossessioni, Federico Fellini rende in questo modo ad Edgar Allan Poe un omaggio meno servile e molto più autentico. In tutto l’episodio / mini film (45 minuti complessivi), quello che corre a briglia sciolta è tuttavia non tanto il timore metafisico del Diavolo, quanto il concreto, assillante, stringente spavento della Morte. Immagini, simboli, allegorie della putrefazione, dello sfacelo, dell’assurdo riempiono lo schermo.

Lo sguardo del regista non era forse mai stato così carico di angoscia prima, anche se una sorta di cupa ironia sostiene la fermezza dello stile. Sotto l’aspetto figurativo, sono splendide soprattutto le sequenze iniziali di Toby Dammit, con quella prevalente tonalità di rosso alla Scipione (orchestrata dal direttore della fotografia Giuseppe Rotunno, da qui in poi collaboratore fisso di Federico Fellini), che contrassegna le visioni del crepuscolo di Roma, anticipando il sanguinoso epilogo.

Di seguito il trailer internazionale di Tre Passi nel Delirio: