Voto: 6/10 Titolo originale: Tenemos la carne , uscita: 02-02-2016. Regista: Emiliano Rocha Minter.
[recensione] We are the Flesh di Emiliano Rocha Minte
24/03/2017 recensione film Tenemos la carne di Sabrina Crivelli
Opera oscura e sibillina, il film è un'allegoria sensuale quanto disturbante della violenza nella realtà messicana
Visionario e paradossale, a tratti estremamente spinto, We are the Flesh (Tenemos la carne) di Emiliano Rocha Minte è uno di quei film antinarrativi, che procedono per immagini spesso scioccanti, lunghi assurdi dialoghi e nudi esibiti con una certa spavalderia. Insomma un’intelletualoide opera da festival, l’anteprima è infatti stata a Rotterdam o scorso anno, che dai frequentatori di tali eventi non faticherà a essere apprezzato, ma da coloro che sono avvezzi a storie più lineari potrebbe essere non a pieno compreso, per essere eufemistici.
La trama, per quanto di essa si possa parlare in un lavoro denotato da un tal livello di sperimentalismo, quasi da teatro d’avanguardia, è senza dubbio non esattamente cristallina. Inizialmente la scena si apre in un interno, quello che appare un edificio fatiscente, sembrerebbe in un’ambientazione apocalittica; vediamo un singolare individuo piuttosto macilento, interpretato da un bunueliano Noé Hernández (Sin nombre), che cerca con fare compiaciuto di sciogliere in un bidone quelle che paiono pagnotte annaffiandole di un liquido e sottoponendole a un lungo processo e complesso di raffinazione; d’un tratto crolla in uno stato catartico, stacco, poi batte su un tamburo esagitato. Il modus recitativo è certo manierista, il personaggio marcatamente eccentrico, esasperato nella mimica fino a parer un lunatico solitario. Tuttavia l’isolamento è brevissimo; quasi subito compaiono due ragazzi, interpretati da María Evoli e Diego Gamaliel, che sembrano essere fratello e sorella, anche se con tendenze piuttosto incestuose. I tre iniziano a coabitare, lavorano alla costruzione di un intricato dedalo di assi di legna recuperate, che poi si rivela lo scheletro per una sorta di ancestrale caverna foderata in cartapesta e principiano un morbosamente erotico scambio di attenzioni, tra morti, rinascite e amplissi.
Difficile è poi delineare con chiarezza gli avvenimenti in cui si struttura lo sviluppo, operazione anzi probabilmente inutile, centrale appare invece un visionario impianto allegorico, anzitutto per l’ancestrale e uterina caverna, pervasa da una surreale luce arancione in cui i due giovani si accoppiano, davanti all’uomo che intanto declama un singolare inno sulla vita e sull’amore. Il medesimo antro è il luogo per una resurrezione- rinascita, nonché il primitivo epocentro per una lunga sequenza finale dominata da un’orgia di corpi nudi e striscianti. Luogo senza tempo e dominato da una sensualità ferina, i personaggi ne vengono posseduti, in senso eroticamente demoniaco, i corpi sono percossi da sussulti simili a quelli delle estasi primitiviste durante le danze tribali, o le menti tanto ossessionate dall’eros da sfidare ogni tabù, i legami di sangue, la necrofilia. Si tratta di una sorta di furor che pervade gli animi, sospesi e prigioneri in uno spazio senza tempo, eppure dai confini permeabili, visto più di un estraneo vi penetra.
Le parole sono in tale contesto stranianti, i gesti, i movimenti sono più esplicativi. I soliloqui dell’uomo, altamente ipnotici e latamente luciferini, assumono come gli scambi dei due giovani un’aura misterica, oscura e sibillina. Tuttavia anche la natura stessa delle azioni e degli accadimenti in cui la diegesi si suddivide, se non con la soddisfazione di pulsioni ancestrali e incontenibili, è per lo più poco spiegabile, si tratta di atti assoluti, nel senso di slegati da un percorso di significazione, altamente simbolici. Declinazione iconica e sibillina della violenza e della tragicità della situazione messicana,We are the Flesh tenge infine quasi l’orririfico nella sua visionarietà. Allucinazione fisica, materiale, uno spirito, divinità primordiale, si insinua sotto la pelle inducendo al precepitare nello stato ferino; non solo, alcune brevi immagini contengono l’essenza stessa del terrore, come il divorare un pezzo di carne, la ragazza con la bava alla bocca in una sorta sul punto di morire, un uomo che viene sgozzato come un maiale e ne viene fatto colare il sangue in un secchio, per poi berlo.
Volutamente ermetico e altrettanto volutamente disturbante, We are the Flesh rappresenta la collisione e coesistenza di Amore e Thanatos che trascina lo spettatore in una terra onirica, fantasmatica, densa d’angoscia.
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