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Voto: 6/10 Titolo originale: Cannibal Holocaust , uscita: 07-02-1980. Budget: $100,000. Regista: Ruggero Deodato.

Riflessione: Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato, c’è del film sotto l’exploitation?

16/08/2023 recensione film di Marco Tedesco

Dopo oltre 40 anni, il 'papà' dei found footage cinematografici fa ancora discutere per i suoi contenuti estremi e immorali

cannibal holocaust 1980 film

Ci sono momenti in cui la reputazione di un film supera il film stesso. Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato ne è – nel bene o nel male – un esempio. Per alcuni, questo è il film più disgustoso e offensivo mai distribuito a livello internazionale. Per altri, è un brillante esempio di commento sociale camuffato da exploitation movie.

A ben valutare, si tratta di un’opera abbastanza convenzionale all’interno del sottogenere ‘cattivo gusto’, completo di tutte le caratteristiche tipiche dello stesso: violenza grottesca ed esagerata; abbondanza di sangue e di viscere; nudità gratuite e non censurate; e sesso al limite del pornografico. La differenza tra Cannibal Holocaust e decine di altri film altrettanto ‘moralmente ripugnanti’ è allora che questo è finito al centro di una tempesta di malainformazione che continua ancora oggi. Il suo principale ‘motore di vendita’ è sempre stato il suo valore shockante.

Guardando Cannibal Holocaust, colpisce quanto sia piuttosto ‘ordinario’, almeno per questo tipo di film. È improbabile che sconvolga – o addirittura spaventi – il suo pubblico target (il solo titolo dovrebbe essere sufficiente a tenere lontani tutti eccetto coloro che hanno un’idea precisa di cosa stanno per vedere). Chi si aspetta ‘buon gusto’ non può dare la colpa a nessun altro se non a se stesso.

Per essere corretti con coloro che cercano di giustificare Cannibal Holocaust come qualcosa di più di un banale esponente del fiorente cinema di exploitation di fine anni ’70 / inizio ’80, ci sono effettivamente degli elementi di commento sociale nel suo sottotesto, ma sono ovvi e comunque poco sviluppati. Non sono nemmeno molto interessanti: c’è l’idea che l’uomo ‘civilizzato’ sia spesso più ‘cannibale’ delle tribù selvagge stesse, e che i media guidati dalla fame di ascolti tendano verso la violenza e il sensazionalismo estremi. Già nel 1980, queste idee erano appena radicali quanto la televisione a colori.

Cannibal Holocaust, nonostante i suoi bassi valori di produzione e le interpretazioni di un cast non esattamente da Oscar, ha cionondimeno offerto un contributo duraturo al cinema in generale.

Si tratta infatti del ‘nonno’ dei cosiddetti found footage in prima persona. Buona parte della storia è narrata attraverso bobine di finto materiale documentaristico che dettaglia le orribili gesta di una spedizione destinata al fallimento mentre si addentra sempre più nel folto della foresta amazzonica.

Lo stesso approccio è stato ripreso poi e ampliato sia da The Last Broadcast e da The Blair Witch Project alla fine degli anni ’90 (anche se gli autori di entrambe le produzioni hanno negato di essere stati influenzati da Cannibal Holocaust – affermazioni che suonano parecchio dubbie …).

The Blair Witch Project ha quindi generato Cloverfield, Paranormal Activity e innumerevoli altri titoli. Come ogni slasher moderno deve qualcosa a Psycho, così ogni found footage deve qualcosa a Cannibal Holocaust, anche se avere il classico di Hitchcock nel proprio DNA cinematografico è qualcosa di leggermente più onorevole che riconoscere un legame con il controverso classico di Ruggero Deodato.

Il film è semplice, anche se la sua cronologia non lineare potrebbe farlo sembrare più complicato. Un team di quattro filmmaker documentaristi americani – il regista Alan Yates (Gabriel Yorke); la sua fidanzata/sceneggiatrice, Faye Daniels (Francesca Ciardi); e due operatori di telecamera, Jack Anders (Perry Pirkanen) e Mark Tomaso (Luca Barbareschi) – si addentrano nella foresta amazzonica per girare un film sulle tribù cannibali segnalate che vivono nella ‘Selva Verde’. Mentre sono lì, fuori contatto con il mondo civilizzato, scompaiono nel nulla.

Mesi dopo, il noto antropologo dell’Università di New York Harold Monroe (Robert Kerman) accetta di guidare una spedizione di soccorso per rintracciarli. Seguendo le orme del precedente team, Monroe incontra così la tribù dei Yacumo, i cui membri ammettono di aver incontrato Yates e i suoi colleghi. La pista lo porta sempre più in profondità nella giungla, dove Monroe incontra la tribù Yamamomo, un gruppo isolato di persone la cui cultura e tecnologia sono ferme all’età della pietra. Con qualche difficoltà, Monroe guadagna la fiducia di questi ‘uomini albero’ cannibali e riesce a vedere i resti dei quattro americani e a recuperare le loro bobine perdute. Riporta quindi le prove a New York ma, dopo averle proiettate e aver appreso la verità su cosa è accaduto a Yates nella Selva Verde, intende solo lavarsene le mani completamente.

Cannibal Holocaust utilizza la storia di Monroe e diverse finte trasmissioni televisive come ‘cornice’ per presentare il found footage. Il montaggio del film non è scorrevole; occasionalmente è necessaria una narrazione fuori campo per evitare confusione e la linea temporale salta avanti e indietro. Non una cosa insolita per i film di exploitation a basso budget. In genere, gli spettatori di questo genere di opere si preoccupano meno della coerenza della trama che della qualità e della quantità delle ‘peculiarità’ richieste, e Ruggero Deodato non lesina certo quando si tratta di garantirle.

In gran parte, il marchio di infamia del film derivò da voci inesatte (assurdo se ci si pensa oggi) secondo cui il regista avrebbe effettivamente ucciso alcuni dei suoi attori durante la realizzazione di Cannibal Holocaust, trasformandolo da horror a basso budget a vero e proprio snuff movie (e tutto venne adeguatamente ‘spinto’ dalla macchina pubblicitaria …).

La confusione nacque dal ricorso al found footage, che raffigurava omicidi convincenti; a causa dell’approccio in prima persona, alcuni spettatori credettero così di vedere eventi reali anziché attori che fingono di morire. Ruggero Deodato dovetto presentare gli attori vivi e spiegare (con prove fotografiche) come erano state girate le loro ‘uccisioni’, per evitare di finire in carcere. Tuttavia, le voci – specie in un’epoca in cui Internet non esisteva – secondo cui Cannibal Holocaust raffigurava scene di tortura e di morte reali (se non degli attori principali, almeno dei nativi ‘sullo sfondo’) persistettero per molti anni.

cannibal holocaust 1980 film deodatoIl film, in effetti, mostra uccisioni non simulate. Un primo ‘documentario’ realizzato da Yates, intitolato ‘The Last Road to Hell’, include filmati reali (non girati da Ruggero Deodato) di esecuzioni in paesi asiatici e africani. Ci sono anche sei momenti in cui diversi animali vengono filmati mentre vengono uccisi.

Alcuni di questi sono brevi e apparentemente innocui (è difficile provare molta empatia quando un grande ragno viene schiacciato), ma uno in particolare – la decapitazione e lo ‘svuotamento’ di una tartaruga gigante – è sufficiente a far rivoltare lo stomaco a chiunque non sia specializzato in biologia.

Tuttavia, va notato che molti film realizzati al di fuori degli Stati Uniti, specialmente in quell’epoca, non cercavano l’approvazione degli attivisti per i diritti degli animali. A causa della sua notorietà, tuttavia, Cannibal Holocaust è diventato il capro espiatorio per tutti. In alcuni paesi, sono ancora consentite per la vendita solo versioni censurate. In altri, è vietato del tutto.

Il film tocca vertici estremi anche quando si tratta di rappresentare sesso e violenza sessuale. Abbiamo nudità frontali, sia maschile che femminile. In effetti, l’attore protagonista, Robert Kerman, era più conosciuto in quell’epoca col suo nome da attore porno, R. Bolla, sotto il quale ha girato più di 100 film per adulti (tra cui Debbie Does Dallas). La sua performance, sebbene impacciata, impressiona comunque più di quella dei suoi compagni di cast. L’unico capace di consegnare una battuta in modo convincente è Gabriel Yorke. C’è una ragione per cui alcune delle scene del found footage non hanno audio; meno dialoghi affidati agli attori, meno doloroso il film.

Nel corso degli anni, le attiviste per i diritti delle donne (almeno quelle poche che lo hanno davvero visto) si sono lamentate del contenuto di Cannibal Holocaust. Questo non dovrebbe sorprendere; le donne sono raramente trattate bene nei film di exploitation. Qui, Francesca Ciardi ha tre scene in cui lascia poco all’immaginazione. Ci sono due violente gang rape, una delle quali termina con una decapitazione. In un’altra scena, un’adultera viene violentemente penetrata da un grande oggetto prima di essere picchiata a morte con esso. Cannibal Holocaust è indubbiamente misogino, ma non è diverso da decine di altri film degli anni ’70 e inizio ’80 alla ricerca dello stesso pubblico di nicchia.

Ci sono film di exploitation peggiori in giro. Questo almeno merita credito per aver girato in loco e, di conseguenza, per aver mostrato una parte di vita lontana dalla civiltà. Non è certo Apocalypse Now o Aguirre, furore di Dio, ma ci sono momenti in cui offre un senso di cosa può accadere quando lo smalto della civiltà si erode. L’uso della tecnica found footage è anche indubbiamente importante alla luce della direzione attuale intrapresa da molti film horror.

Ruggero Deodato in Cannibal Holocaust (1980)Per coloro che hanno il perverso desiderio di vedere Cannibal Holocaust ma che non vogliono assistere alla vista di animali morenti, esistono versioni in cui queste scene sono state eliminate. Nessuna di esse aggiunge molto alla storia e Ruggero Deodato – scomparso alla fine del 2022 – ha detto in diverse occasioni di essersi pentito di averle girate.

Tuttavia, l’impressione è che il pubblico principale di Cannibal Holocaust non sarebbe stato dissuaso dal vedere la versione integrale a causa di preoccupazioni ‘schizzinose’ su mammiferi e rettili macellati.

Con molte accuse, polemiche e voci incontrollate che da quarant’anni alimentano le basi per la sua reputazione di ‘cult maledetto’, è facile però perdere di vista il film che c’è al di sotto di Cannibal Holocaust e riconoscere che, secondo uno standard minimo di qualità cinematografica, a fatica porta a casa una sufficienza. La moralità non c’entra nulla. È mal realizzato, recitato orribilmente e montato insieme con un paio di forbici e un rotolo di nastro adesivo. Gli elementi di exploitation – ammesso che sia poco – sono le uniche ragioni per vederlo e allontaneranno più persone di quante ne affascineranno.

Si può argomentare – a ragione – che Cannibal Holocaust faccia ampiamente il suo lavoro distribuendo abbondanti porzioni di violenza voyeuristica, viscere, stupri e nudità. Meno confermabili sono invece le affermazioni secondo cui ci sia veramente qualcosa di più sostanziale. Nella misura in cui esiste, qualsiasi commento sociale è secondario all’agenda principale di Ruggero Deodato e a un tentativo sottile di far sembrare il film più ‘illuminato’ di quanto sia.

Insomma, le storie sullo sviluppo, la realizzazione e la commercializzazione di Cannibal Holocaust sono più avvincenti dei 96 minuti di pellicola che ne rappresentano l’effettiva narrazione. E allora?

Di seguito trovate il nuovo trailer di Cannibal Holocaust: