Quasi 15 anni prima del successo planetario del film con Keanu Reeves, il regista giapponese Noboru Ishiguru aveva praticamente già utilizzato stessi contesto e storia
Qualcuno di voi ricorda Megazone 23 (メガゾーン23 Megazōn 23)?
Erano ancora i primi anni ’90 e quelle che non si chiamavano ancora Lana e Lilly Wachowski avevano appena iniziato a pensare alla creazione di un universo distopico dominato da un qualche tipo di Intelligenza Artificiale e a quello che sarebbe poi diventato (ovvero il film The Matrix) e che sarebbe approdato nelle sale cinematografiche di tutto il mondo lasciando un segno indelebile solamente nella primavera del 1999. In questa fase, i due registi si sedettero con il produttore Joel Silver e gli mostrarono una VHS di Ghost In The Shell, l’adattamento animato del 1995 divenuto presto cult ad opera di Mamoru Oshii dell’omonimo manga di Masamune Shirow (meglio obliare il recente e impresentabile live action americano con Scarlett Johansson).
Quando poi il primo capitolo della trilogia di Matrix arrivò al cinema, il suo clamoroso mix di azione, elementi sci-fi e design anni ’90 (giacche in pelle nera, ombre avvolgenti e pistole doppie) ne fecero un successo tanto colossale quanto imprevedibile. Il film con Keanu Reeves contribuì inoltre a rendere popolari presso il pubblico occidentale alcuni titoli diretti da John Woo e altri classici dell’animazione nipponica. In svariate interviste, i Wachowski fecero riferimento senza problemi a pellicole come il già citato Ghost In The Shell, ad Akira e a Ninja Scroll quali fonti dirette di ispirazione. Non solo, nel 2003, i due poterono coronare il sogno di lavorare fianco a fianco addirittura con Yoshiaki Kawajiri – che di Ninja Scroll era stato proprio regista e sceneggiatore -, sul film d’animazione a episodi Animatrix (The Animatrix).
In breve, la scoperta fatta di Shogo è impressionantemente simile a quella di Neo in Matrix: la realtà come la conosce è invero tutta una finzione. Non è il periodo che pensa che sia e ci sono macchine che gestiscono tutto quanto. Ci sono anche altre somiglianze in dettagli minori: gli Uomini in Nero che per primi cercano di recuperare la moto rubata sono simili all’Agente Smith (Hugo Weaving) del film dei Wachowski. Inoltre, nei successivi OAV (Original anime video) vengono introdotti anche alcuni alieni meccanici dotati di tentacoli, che ricordano parecchio le Sentinelle. Non si può trascurare inoltre che Megazone 23 sia emerso ben più di un decennio prima che Matrix fosse lanciato.
Purtroppo, non tutti i nodi di Megazone 23 vengono al pettine e per ogni stranezza o scelta insolita – come una Idol – Eve – che si rivela essere uno scagnozzo olografico creato dell’Intelligenza Artificiale, o un altro personaggio che vuole fare un film su una realtà simulata all’interno della realtà simulata stessa – ci sono momenti inutili o decisioni imbarazzanti del protagonista. C’è una scena di sesso tra Shogo e la sua fidanzata ballerina, Yui, cui segue una prolissa e sconclusionato dialogo esplicativo o una sottotrama alla Harvey Weinstein gestita in maniera assolutamente poco delicata e che fortunatamente viene presto abbandonata.
A metà degli anni ’80, il mercato straight-to-video (noto in Giappone come OVA o OAV) era ancora relativamente ad uno stadio iniziale e offriva prodotti dal limitato minutaggio e / o che non potevano essere mostrati in TV ai bambini. Questo è probabilmente il motivo per cui gli animatori di Megazone 23 sentirono liberi di inserire particolari quali il capo dalle mani lunghe e una scena d’amore piccante sopra un gigantesco letto circolare, che sarebbero stati ritenuti troppo spinti per il piccolo schermo, ma che potevano aiutare invece a vendere la videocassetta. Inaspettatamente, Megazone 23 si rivelò un enorme successo commerciale, diventando uno dei titoli chiave che contribuì a rendere popolare l’OAV come mezzo per diffondere prodotti più maturi e meno commerciali di quanto fosse permissibile (o commercialmente fattibile) in televisione.
Anche con i compromessi resi necessari dalla transizione di Megazone 23 dall’originale format televisivo alla versione OAV, resta una saga fantascientifica avvincente e spesso piuttosto cupa. C’è la morte di un personaggio che costituisce un vero e proprio pugno nello stomaco, e la conclusione è insolitamente fosca: Shogo insorge contro la potenza militare rappresentata dalla sua nemesi, BD, e finisce per strisciare via dalla battaglia ricoperto di sangue e ridotto male, mentre la sua preziosa mecha-motocicletta viene distrutta. È lontano da un anime degli anni ’80 e più simile a un classico film di samurai.
Robotech: The Untold Story, uscito nel 1986, non fu stato esattamente un successo commerciale, ma Megazone 23 riuscì comunque a conquistarsi la nomea di cult all’interno della nascente comunità di fan degli anime in America. In Giappone, l’OAV fu così popolare che ne vennero realizzati due seguiti, usciti rispettivamente nel 1986 e nel 1989, ma assai diversi per stile estetico e narrativo (vale comunque la pena guardarli). Il secondo capitolo, in particolare, offre alcune idee sci-fi decisamente accattivanti, che però tralasceremo in questa sede.
Forse, sia i Wachowski che i creatori di Megazone 23 hanno attinto alle stesse radici letterarie presenti nella fantascienza di una generazione prima, quella esplosa negli anni ’60 e ’70. Nel romanzo di Philip K. Dick Tempo fuor di sesto, ad esempio, il protagonista Ragle Gumm pensa di vivere in un sobborgo degli anni ’50, ma in realtà vive in una realtà virtuale, è alla fine degli anni ’90 e la Terra si trova in guerra con i coloni sulla Luna.
Philip K. Dick, e altri scrittori come lui, hanno contribuito a diffondere la nozione di realtà simulate nella narrativa moderna e queste idee sono poi entrate in una eterogenea filmografia che spazia da The Truman Show di Peter Weir e Dark City di Alex Proyas. E’ possibile quindi che i Wachowski stessero semplicemente percorrendo una strada simile a quella precedentemente battuta dai creatori della pellicola animata e da altri.
I tratti condivisi tra Megazone 23 e Matrix non si limitano alla scoperta che il mondo circostante sia solo una proiezione virtuale però, c’è anche quello che potremmo chiamare il ‘momento della pillola rossa’. Bisogna partire da questo interrogativo: se la realtà è una simulazione, allora perché si è scelta la metà degli anni ’80 (o la fine degli anni ’90 nel caso di Matrix) tra tutte le epoche della storia umana? BD ha una risposta semplice, ma piuttosto brillante: tra tutte le epoche che il computer avrebbe potuto scegliere, gli anni ’80 sono stati i più prosperi. E, guardando indietro a Megazone 23 oggi, possiamo vedere in effetti il Giappone in pieno boom economico con le pettinature cotonate, le enormi spalline, le cantanti idol a ogni angolo …
Mentre Shogo zoppica, sanguinando dopo la sua sconfitta per mano dei suoi nemici, ci si ferma a riflettere sul fatto che una parte di lui potrebbe rimpiangere il fatto di aver preso quella moto e di averla cavalcata tutta velocità fin dritto nella tana del bianconiglio, costellata di delitti e di cospirazioni. Se avesse avuto modo di vedere Matrix, avrebbe potuto ricordare, con un sorriso ironico, una frase pronunciata da Cypher (Joe Pantoliano): “L’ignoranza è beatitudine”.
Di seguito trovate il promo americano di Megazone 23: