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Sylvester Stallone e il remake mai realizzato de Il giustiziere della notte

24/06/2025 news di Stella Delmattino

Un progetto molto diverso da quello poi effettivamente girato da Eli Roth

bronson giustiziere della notte

Tra i tanti film mai realizzati che continuano ad abitare l’immaginario cinefilo, il remake de Il giustiziere della notte firmato da Sylvester Stallone è una delle occasioni mancate più affascinanti.

Dopo il successo di Rocky Balboa nel 2006, Stallone era pronto a tornare anche dietro la macchina da presa, con un progetto che avrebbe rilanciato uno dei personaggi più discussi del cinema degli anni ’70: Paul Kersey, l’uomo comune che si trasforma in giustiziere urbano dopo una tragedia familiare.

La storia, tratta dal romanzo di Brian Garfield del 1972, era nata come una critica cupa e disturbante alla vendetta personale, ma il film con Charles Bronson del 1974 ne cambiò il tono, trasformando il protagonista in un eroe taciturno che combatte il crimine con la pistola in mano, in un’epoca in cui la criminalità urbana veniva percepita come fuori controllo.

Stallone dichiarò all’epoca di voler restituire complessità al personaggio, reinventandolo non più come architetto ma come poliziotto decorato, noto per non aver mai sparato in servizio. Questo ex agente, messo di fronte a un lutto devastante, si sarebbe ritrovato in un vero conflitto morale, combattuto tra l’etica professionale e l’istinto di vendetta.

giustiziere della notte 2018 bruce willisUn’idea che risuonava profondamente con il tormento interiore di John Rambo nel primo First Blood, personaggio che Stallone aveva già caricato di ambiguità etica e traumi repressi. La sua versione de Il giustiziere della notte prometteva una riflessione sul ruolo della legge, sulla deriva reazionaria e sul peso del dolore personale come miccia per la violenza.

Ma il progetto non superò la fase iniziale: il pubblico non accolse bene l’annuncio, si scatenarono critiche preventive, e Stallone si scontrò con lo studio per divergenze creative. Così, mentre Stallone abbandonava l’idea e si dedicava a Rambo del 2008, un’altra strada prendeva forma: James Wan, ispirato dal sequel letterario Death Sentence scritto da Garfield come risposta polemica al film del ’74, girò il suo Death Sentence con Kevin Bacon.

Il film fu un flop commerciale, ma apprezzato da parte della critica per il tentativo di riportare il discorso sul giustizialismo a una dimensione più realistica e drammatica. Intanto, il remake de Il giustiziere della notte continuava a rimbalzare tra mani diverse: nel 2012, Joe Carnahan fu coinvolto per dirigere una nuova versione con Liam Neeson, ma anche quel tentativo naufragò.

Alla fine, nel 2018, il film tornò al cinema con Eli Roth alla regia e Bruce Willis come protagonista. La scelta stilistica fu quella di un remake puro, ambientato a Chicago, con il personaggio trasformato in un chirurgo e con un tono più piatto e inoffensivo.

Il risultato fu un film poco incisivo, massacrato dalla critica (17% su Rotten Tomatoes) e accolto con freddezza al botteghino. Il remake con Stallone, invece, resta un film immaginario, ma più vivo di molte versioni reali. Avrebbe potuto ridare centralità al conflitto interiore del protagonista, aggiornare il discorso sull’uso della violenza come reazione al trauma, e confrontarsi con l’eredità problematica di un’icona del cinema reazionario.

In un periodo in cui Hollywood è sempre più tentata dal revival, quel progetto appariva come un raro esempio di remake consapevole, capace di rimettere in discussione le radici ideologiche del proprio materiale di partenza. Oggi, il silenzio attorno al personaggio di Kersey conferma che la stagione del giustiziere solitario è finita, almeno sul grande schermo.

Ma nel tempo delle serie TV anti-eroiche e delle polarizzazioni politiche, un film del genere – se scritto con vera urgenza morale – avrebbe ancora molto da dire. Invece, ci resta la suggestione: cosa avrebbe potuto diventare Il giustiziere della notte con Stallone alla guida? Forse non un capolavoro, ma un’opera capace di restituire complessità a un archetipo ormai consumato. E nel cinema d’azione, a volte, anche solo porsi le domande giuste vale più di uno sparo.