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Titolo originale: Veloce come il vento , uscita: 07-04-2016. Regista: Matteo Rovere.

Veloce come il Vento | Intervista a Stefano Accorsi, Matilda De Angelis e Matteo Rovere

04/04/2016 news di Redazione Il Cineocchio

In occasione della presentazione milanese del film abbiamo fatto due chiacchiere con i protagonisti e il regista

In occasione della presentazione a Milano di Veloce come il Vento, pellicola liberamente ispirata alla vita del pilota di rally Carlo Capone, che arriverà nelle nostre sale il 7 aprile, abbiamo intervistato i due protagonisti, Stefano Accorsi e l’esordiente Matilda De Angelis, e il regista del film, Matteo Rovere (Gli Sfiorati).

Di seguito quello che ci hanno raccontato:

veloce come il vento 3Quanto è stato difficile – e divertente – effettuare le riprese all’interno del circuito automobilistico?

Matteo Rovere: E’ stato faticoso, nel senso che abbiamo realizzato le riprese dal vivo girando in velocità e senza effetti speciali, ma in modalità un po’ analogica, seguendo alla europea di fare action. Ho pensato a quei film che vedevo a 18 anni, tipo “Ronin”, che fa dell’azione raccontata realmente nel dettaglio una sua caratteristica emotiva, anche nella componente mimica, che ti arriva addosso. E quel tipo di racconto estetico secondo me in Italia non si fa, non si è mai fatto, nonostante poi noi siamo un popolo dove il mondo dell’automobile è centrale nelle nostre vite e parliamo spesso dell’automobile anche in declinazioni un po’ più noiose, e io ho pensato di divertirmi su questo che è uno strumento di spostamento ma anche di onanismo, di divertimento in pista. Le riprese sono state complicate, abbiamo costruito anche dei mezzi tecnici ad hoc, che sono stati usati solo per Veloce come il Vento e poi smontati alla fine, per le riprese ad alta velocità, e spero che il risultato porti lo spettatore a vedere questo universo con gli occhi con cui l’abbiamo visto mentre stavamo girando.

Com’è stato recitare in un ruolo così differente da quelli a cui sei abituato?

Stefano Accorsi: Loris De Martino è sicuramente un personaggio forte, come ne capitano pochi, in generale, e quando ho letto il copione ho subito fatto un salto sulla sedia, non potevo credere che ci fosse un copione così, tra l’altro ben scritto, molto ben scritto, ed era ancora alle prime stesure; in più su queste tematiche, cioè mondo delle corse di auto, però con dei personaggi così forti, quindi ero ben felice quando ho incontrato Matteo. Eravamo consapevoli che la sfida era grande, la barra era messa in alto, però era proprio quello il divertimento. Affrontare un personaggio come Loris mi ha dato modo di esplorare cose nuove e, anche se ha a che fare con le mie radici, la “romagnolità”, le automobili, tuttavia sono personaggi che ti portano in luoghi inesplorati dal punto di vista fisico, emotivo e psicologico. Posso dire che una parola che posso usare per descrivere Veloce come il Vento è ‘accuratezza’, nella scrittura, nella di regia, nella scelta di Matilda. Matteo ha fatto un provino a quasi 500 ragazze prima di sceglierla. E poi la guida delle macchine, andare in pista, respirare quel mondo; abbiamo girato in concomitanza con il campionato GT. Quindi noi durante la settimana giravamo le scene normali e nei week-end andavamo nelle varie piste, da Imola al Mugello o Monza a riprendere le vere gare.

veloce come il ventoAll’uscita dell’anteprima, molti giornalisti hanno detto che non sembra un film italiano. La ritieni un’offesa?

Matteo Rovere: No, diciamo che  si dovrebbe offendere un po’ il cinema italiano… ma comprendo il parallelismo. Mi dispiace più che altro che in Italia non si riescano a fare più film di questo tipo, con tutto il rispetto per quelli che vengono realizzati di norma, è più complicato proporlo ai possibili finanziatori. La Fandango ci ha aiutato a portarlo in vita. D’altra parte, un po’ il cinema italiano viene visto come genere a sé, una sottocategoria, mentre sarebbe bello usare quella che è la nostra caratteristica importante, cioè la scrittura, la sceneggiatura, l’utilizzare personaggi che siano approfonditi e interessanti, però affiancare a questi aspetti un cinema che sia anche di intrattenimento, emotivo, funzionante, che arrivi allo spettatore proprio in questa funzione centrale, entrando in un mondo esistente e reale, ma anche con connotazioni fantastiche, che però ci riporta alla nostra esperienza di tutti i giorni e ai rapporti familiari, che tutti viviamo.

Stefano Accorsi: Veloce come il Vento è profondamente italiano, anzi proprio radicato nella provincia italiana che parla la lingua dei motori, cioè l’Emilia Romagna. Dove le macchine sono il pane quotidiano, dove si sente l’odore della benzina e del letame. Sicuramente Matteo ha fatto questo film con il gusto di raccontare, che è quel gusto del brivido. La famiglia è in realtà il vero nucleo di questo film, un nucleo pulsante, è davvero italiana e non anglosassone.

Matilda, tu sei una cantante, com’è stato recitare?

Matilda De Angelis: È un’altra cosa, comunque si ha a che fare con la propria emotività, le proprie emozioni, è un altro tipo di comunicazione. Io canto da quando ero molto piccola, da quando avevo 6-7 anni, quello è il mio pane quotidiano, mentre la recitazione è stata una scoperta. Veloce come il Vento è stato come imparare a nuotare nell’oceano aperto, perché non era comunque un film facile. Sono due belle cose, entrambe il cantare e il recitare, sono due tipi di comunicazione diversi però molte vole molto più vicini di quanto si possa pensare.

veloce come il vento 4Come siete entrati nei vostri personaggi, in particolare nello sviluppare le dinamiche familiari con un pilota tossicodipendente? Come si relazionano la famiglia e le corse di macchine?

Matilda De Angelis: Non sono mai stata appassionata di motori, l’aneddoto che racconto sempre è che, quando sono stata scelta per Veloce come il Vento, ho fatto l’esame pratico della patente, era un mondo sconosciuto per me. Sicuramente il personaggio di Giulia è stato preparato anche a un livello fisico, che non è lo stravolgimento che ha fatto Stefano e tutto il lavoro di sottrazione su se stesso per creare Loris, ma comunque dovevo portare in scena una sportiva, una ragazza che è una pilota da quando ha quattro anni, che ha iniziato a guidare con i go-kart.  Intanto è una ragazza che ha la totale consapevolezza del proprio mezzo, che io non avevo, quindi abbiamo fatto dei corsi di guida veloce ad Adria, per sperimentare, per capire tutte quelle piccolezze tecniche che poi mi hanno aiutato a riportare una verità nel film: dovevo essere una pilota provetta senza aver mai guidato una macchina. Quello sicuramente, poi un tipo di preparazione fisica, palestra, poi un lavoro diciamo sulla psicologia del personaggio partendo dal particolare, quindi la costruzione di Giulia, anche ciò che lo spettatore poi non vede sullo schermo a noi deve essere chiarissimo ed è antecedente alla storia. Così anche i rapporti con gli altri personaggi, soprattutto il rapporto ambivalente con il fratello, che è il perno della storia, fatto di opposti e complementarietà; anche il rapporto materno, con il fratello minore e così via.

Stefano Accorsi: Per quanto mi riguarda abbiamo cominciato che il copione era già molto ben scritto – e quando c’è una base così ci sono già molti punti di riferimento. Abbiamo cominciato dalla tossicodipendenza e in parallelo a fare i corsi di guida veloce di cui parlava Matilda. Abbiamo creato subito un nucleo, in cui c’eravamo noi tre e le prime cose le abbiamo fatto molto noi tre. Abbiamo lavorato molto sulla tossicodipendenza, sia incontrando persone con tali problemi che, quando si hanno quarant’anni si è veramente dei sopravvissuti, ossia un’esperienza forte in sé. Abbiamo visto molto materiale di centri di recupero, quindi abbiamo avuto tanti spunti. Eravamo consapevoli di non voler mettere in scena la tossicodipendenza, ma Loris De Martino tossicodipendete, quindi tutti gli aspetti del suo passato realistico. Il fatto che diceva Matilda della preparazione fisica è importantissimo. Infatti gli sportivi sono molto consapevoli di quelli che sono i loro limiti, molto più degli altri, e sanno quali sono i limiti degli avversari, siamo partiti da questo per costruire il personaggio di Loris, per poi distruggerlo con l’eroina, ma rimane questo aspetto. Abbiamo lavorato su più fronti, abbiamo avuto almeno sei mesi di preparazione ed è stato un avvicinamento molto lento e graduale.

veloce come il vento 5Come si è trovato a livello di scrittura e messa in scena di alcune scene molto forti legate all’uso di droga presenti nel film? 

Matteo Rovere: E’ chiaro che noi ci siamo ispirati ad un personaggio reale, che è Carlo Capone, rallista degli anni ottanta che non è assolutamente tossicodipendente, ma è stato un grande campione che all’improvviso è scomparso dalle scene e ha avuto vicissitudini sue personali e familiari che hanno riguardato vari ambiti della sua vita. Mi ha affascinato l’esistenza al limite che il grande pilota è costretto a condurre e che quindi psicologicamente lui continuamente approfondisce, di qui le frasi che gli sceneggiatori, Francesca Maniera e Filippo Carina (ed io) abbiamo regalato al personaggio legate al concetto di limite. Ad esempio quando gli viene detto nel trailer “è una gara per disperati” e lui replica “di disperati veri siamo rimasti in pochi”; è una persona che ha l’abitudine, l’attitudine a conoscere il limite, gli viene detto che   è fuori forma e risponde ‘sto da dio, sto benissimo’, ossia lui che è un pilota, che lo è stato, – e questo mi affascinava tantissimo – sa riconoscere perfettamente qual è il suo limite e come va gestito. Questa è una cosa che vale anche in un personaggio che è stato un tossico, ovvero Loris de Martino, dato che in qualche modo anche lui la concomitanza con questo limite l’ha gestita a lungo e la crasi tra questi due mondi mi sembrava affascinante e molto significativa.

E’ una chiara volontà la presenza di molti elementi di colore rosso?

Si, c’era un’idea chiara, come la scelta del vestito da sera di Matilda o la coperta o la camicia di Loris o l’interno dell’abitazione… è in qualche modo un leitmotiv. C’è stato il direttore della fotografia Michele D’Attanasio che ha lavorato sui livelli di saturazione dei colori, lasciandone emergere altri che erano quelli primari.

veloce come il vento 2Come è stato scelto il fratello minore Nico e come è stato lavorare con un bambino così piccolo?

Matteo Rovere: Giulio Pugnaghi, che è il bambino che interpreta Nico in Veloce come il Vento, è stato scelto con un grande casting, simile a quello fatto per Matilda, in Emilia Romagna, fatto dettato dalla sceneggiatura lì ambientata, perciò cercavamo attori che avessero un’attinenza con quei luoghi.

Matilda De Angelis: Io ho un fratello minore e quindi sono abituata a relazionarmi in tal senso. Giulio è un bimbo incredibilmente adulto ed facilissimo lavorare con lui perché ti ascolta, capisce immediatamente quello che deve fare. Ha una sensibilità che non è propria della sua età e quindi è stato bellissimo lavorare con lui ed è straordinario.

Stefano Accorsi: Giulio è davvero un bambino molto maturo e molto esigente con se stesso, che ha operato molte volte come una persona adulta e con una incredibile consapevolezza di sé.

Di seguito il trailer di Veloce come il Vento: