Voto: 5/10 Titolo originale: ???????? , uscita: 10-12-2020. Stagioni: 3.
Alice in Borderland, stagione 3: la recensione dei 6 episodi (su Netflix)
26/09/2025 recensione serie tv ???????? di Gioia Majuna
La serie ritorna con nuovi giochi e colpi di scena, ma perde coerenza e intensità rispetto al passato

La nuova stagione di Alice in Borderland riparte dal Jolly e da un’idea potente: riaprire un mondo che era stato chiuso con apparente compiutezza. È proprio qui che si misura il limite maggiore. Le prime due stagioni vivevano di ambiguità: la sospensione del senso, la domanda “che cos’è Borderland?” lasciata a lungo senza risposta dava alla serie un fascino minaccioso. La terza stagione, invece, sente il bisogno di spiegare: l’aldilà come esperienza “accessibile”, quasi replicabile in laboratorio, con la figura dello studioso che costruisce un varco e con chi, da residente, lo “vende” a nuovi disperati. In questo scivolamento dal simbolico al materiale la serie perde spessore: ciò che era metafora si fa meccanismo, e l’attrazione perturbante diventa procedura.
Nel merito del racconto, l’andamento è spaccato. Nella prima metà i giochi hanno una scala più contenuta, regole leggibili e soluzioni ingegnose: lo spettatore può ancora illudersi di “giocare” con Arisu, intuire l’indizio nascosto, sentire il brivido del ragionamento che si chiude. Poi l’impianto si dilata: minuzie regolamentari che cambiano in corsa, spettacolo che polverizza la tensione logica, percorsi di vittoria sempre meno individuabili. La serie guadagna in volume ma smarrisce la chiarezza che l’aveva resa coinvolgente: senza regole stabili non c’è ansia da partita, solo rumore.
Anche i personaggi risentono di questa torsione. Arisu resta un baricentro solido, ma la spinta che riporta Usagi nel limbo è raccontata con scarti forzati: decisioni decisive comunicate tardi o per nulla, scelte costruite più per muovere la trama che per coerenza interiore. I nuovi compagni di gioco entrano in scena come volti funzionali e i loro retroscena si concentrano all’ultimo momento, a ridosso del pericolo finale: il pathos così ottenuto sa di scorciatoia emotiva e smonta la tensione dei duelli cruciali. È l’opposto di quanto accadeva in passato, quando persino una comparsa trovava tempo per diventare figura.
Sul piano formale la serie resta comunque di alta tenuta: regia dinamica, fotografia capace di rendere tanto il panico della corsa quanto i rari respiri di quiete, ottima integrazione tra set fisici ed effetti digitali nelle sequenze di crolli, incendi, piogge letali. Quando l’azione si affida al corpo e all’astuzia dei protagonisti, Alice in Borderland torna a vibrare. Ma l’ultimo movimento, quello che vorrebbe dare “il” senso a Borderland, frena il racconto: s’impone un trattato esistenziale mentre tutto intorno dovrebbe correre, e il finale sceglie la magniloquenza a scapito della coerenza. Nel voler chiudere, riapre; nel voler elevare, appesantisce.
Il confronto con le prime due stagioni è inevitabile. Allora l’ignoto agiva come forza motrice: domande sospese, prove crudeli ma intellegibili, crescita dei legami sotto pressione. Qui prevalgono la tentazione dello spiegone, la sovraesposizione dei meccanismi e una gestione discontinua dei caratteri. Presa a sé, la stagione offre ancora prove d’attore convincenti, invenzioni visive e qualche gioco davvero elettrico; come continuazione, è l’anello più debole: intrattiene, ma fatica a giustificare il ritorno.
Se ci sarà un seguito, la via maestra è chiara: regole ferree e leggibili, sviluppo disseminato dei personaggi, mistero che respiri senza essere imbalsamato in una spiegazione totale. In fondo è sempre stata questa la vera partita: farci credere che potremmo salvarci… se solo capissimo la regola nascosta.
Di seguito trovate il trailer doppiato in italiano della stagione 3 di Alice in Borderland, nel catalogo di Netflix dal 25 settembre:
© Riproduzione riservata