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Voto: 5/10 Titolo originale: American Animals , uscita: 01-06-2018. Budget: $3,000,000. Regista: Bart Layton.

American Animals: la recensione dell’heist movie con Evan Peters

04/02/2019 recensione film di Sabrina Crivelli

Delude il film scritto e diretto da Bart Layton, sospeso ineffabilmente tra thriller senza ritmo, comedy senza humor e satira senza troppo mordente

American Animals film evan peters

American Animals, nuovo film low budget di Bart Layton, ha diversi buoni spunti sia nella storia in sé, che nel modo di raccontarla, eppure non riesce a soddisfare del tutto, né come descrizione comica di un gruppo di ragazzi del college che cerca di mettere a segno un difficile colpo, né come ritratto disincantato delle nuove generazioni (degli anni 2000, però, visto che i fatti avvengono nel 2002), mosse dalla noia e dalla voglia di ottenere tutto subito, senza fatica.

American Animals locandina filmGirato come una sorta di mockumentary, si apre con la promessa che possa essere una storia vera, subito però messa in dubbio dalla voce narrante di uno dei protagonisti. Struttura certo interessante, tutto lo svolgimento è diviso in presente e passato, con i principali artefici della rapina trentenni (i veri Spencer Reinhard, Warren Lipka, Chas Allen ed Eric Borsuk) che ricordano loro stessi in età scolare, quando gli venne la malaugurata idea di tentare di rubare un prezioso, quanto pesante volume che raccoglieva le illustrazioni di un celebre artista americano.

Anzitutto ci sono presentate le ‘menti’: Spencer Reinhard (Barry Keoghan nella versione adolescenziale e Reinhard in persona in quella ai giorni nostri) è un normale studente che frequenta la Transylvania University in Kentucky; il suo sogno è divenire un artista e, durante una visita guidata nella biblioteca d’Ateneo, si imbatte in una preziosissima silloge di illustrazioni nell’ala di consultazione dei libri rari, alla cui guardia c’è solo una vecchia bibliotecaria.

Parlando del più e del meno, l’adolescente racconta della visita al suo amico Warren (Evan Peters / Warren Lipka), uno sbandato che ha vinto una borsa di studio sportiva, ma che preferisce intrattenersi rubacchiando ai ristoratori scorte di carne, salvo poi essere riconosciuto e inseguito.

Appena saputo del prezioso cimelio, quest’ultimo inizia a fantasticare su come rubarlo. Sin da qui però, la ricostruzione di American Animals è volutamente poco chiara: i particolari di cosa davvero sia avvenuto sono confusi dalla duplice versione degli attuali Spencer e Warren, che spesso raccontano con distacco, con il senno di poi, altre volte contraddicono l’uno la versione dell’altro, altre ancora si interrogano loro stessi sul perché delle loro azioni passate.

Per l’uno era partito tutto come uno scherzo, per l’altro era stato subito un’ossessione; e non solo le prospettive si incrociano e scontrano, ma anche le sequenze, in cui le parole dei due prendono forma, sono dissimili tra di loro. I personaggi, i luoghi, le azioni, molti dettagli si ripetono e mutano passando da un racconto all’altro in un approccio soggettivo e relativista.

D’altronde, non si tratta di una novità per Bart Layton, che aveva utilizza un’analoga tecnica nel documentario del 2012 L’impostore – The Imposter, incentrato su Frédéric Bourdin, francese artista dell’inganno, che finse per molteplici volte di essere un minorenne maltrattato per accedere alle case famiglia in tutt’Europa, fino a rubare l’identità di un ragazzino texano rapito anni prima.

American Animals filmIl gioco tra realtà e finzione, l’idea che venga ricostruito un fatto di cronaca, con tanto di molteplici testimonianze di professori, genitori (e così via…) è senza dubbio un aspetto vincente di American Animals.

Quello che meno funziona invece è l’assenza di un ben preciso registro a sostenere l’intero svolgimento. non si può certo dire che personaggi principali, Spencer e Warren, ma anche Eric (Jared Abrahamson /Eric Borsuk) e Chas (Blake Jenner / Chas Allen) – o le loro azioni – siano contraddistinti da un’immediata comicità. Sebbene alcune scene siano paradossali, seppure l’ingenuità del loro piano sia a volte palese, non suscitano alcun riso o simpatia, e anzi si potrebbe dire il contrario.

Warren, che avrebbe tranquillamente le potenzialità in termini di faciloneria per essere un soggetto parodistico, risulta invero fastidioso e saccente. Ed Evan Peters non mira certo a calcarne il lato ilare, anzi, la sua performance si avvicina molto come toni al giovane e problematico Tate incarnato nella prima stagione di American Horror Story (sebbene qui non ci sia il lato paranormale o omicida). Similmente, l’insicuro e petulante Spencer non rimane impresso per verve umoristica e Barry Keoghan non aiuta in tal senso, al contrario. Lo stesso vale per Jared Abrahamson (Fear the Walking Dead) e Blake Jenner (che certo in Glee era stato meglio sfruttato).

Evan Peters, Jared Abrahamson, Blake Jenner e Barry Keoghan in American Animals (2018)Una simile riflessione si può fare per lo sviluppo stesso dell’azione: alcune sequenze di American Animals che avrebbero potuto tingersi di ridicolo, come quella in cui si battono con una bibliotecaria di mezza età, refrattaria a svenire come loro desideravano, assumono al contrario un tono tutt’altro che leggero.

Tutto l’insieme, il rocambolesco disegno, i tentativi andati a monte e la disastrosa messa in pratica finale con un susseguirsi di imprevisti hanno ben poco di comico, e molto più di drammatico. La stupidità, invece di farsi commedia, diventa tragedia 

Non si può nemmeno affermare, però, di trovarci davanti a un’acuta satira sociale alla Spring Breakers di Harmony Korine, sebbene potrebbe essere quello – a ben vedere – il reale obbiettivo. Il concept è simile: dei normali adolescenti per noia – e chissà per quale altro arcano motivo – sono capaci di azioni incomprensibili, violente, dalle serissime conseguenze.

Tuttavia, quella sospensione inquietante, quella vaghezza dell’immagine e quel sonno della ragione, quei dialoghi semplici e insieme paradossali, in generale quel profondo e disarmante vuoto esistenziale che dominava nel film di Harmony Korine, qui non esiste. E’ come un’opera riuscita a metà strada, tutto finisce per essere piuttosto piatto, incolore.

Promettente nell’idea, come nel modus narrandi, American Animals finisce allora per essere solo superficie, solo forma, ma manca un contenuto capace di stupire, di suscitare una vera e propria riflessione, di lasciare il segno nello spettatore. Allo stesso tempo, come heist movie / comedy si prende troppo seriamente, i ritmi, le battute, purtroppo non funziona nulla nemmeno in questo senso.

Di seguito il trailer di American Animals, che arriverà nei nostri cinema a giugno: