Home » Cinema » Sci-Fi & Fantasy » Avatar: Fuoco e Cenere, la recensione del terzo film che ci porta su Pandora

Voto: 5.5/10 Titolo originale: Avatar: Fire and Ash , uscita: 17-12-2025. Budget: $400,000,000. Regista: James Cameron.

Avatar: Fuoco e Cenere, la recensione del terzo film che ci porta su Pandora

16/12/2025 recensione film di William Maga

Un'opera che conferma la potenza visiva di James Cameron, ma tradisce la sua ambizione narrativa: spettacolare, immenso e tecnicamente impeccabile, è però un film che si ripete, non si evolve

Oona Chaplin in Avatar fuoco e cenere (2025)

Avatar: Fuoco e Cenere è il capitolo in cui la grande ambizione di James Cameron si scontra con la stanchezza della sua stessa formula. Dopo due film costruiti sull’incanto della scoperta e sulla spettacolarità dell’immersione sensoriale, questo nuovo episodio sembra muoversi in un cerchio sempre più stretto. Il mondo di Pandora rimane visivamente magnifico, ma la narrazione lo percorre con passi ripetuti, come se l’universo creato dal regista fosse diventato un labirinto dove ogni via porta a un’immagine già vista. L’intreccio riprende le vicende della famiglia Sully poche settimane dopo gli eventi precedenti, ma invece di approfondire davvero le ferite aperte, si limita a ribadirle, lasciando i personaggi sospesi in un ciclo emotivo che fatica a evolversi.

La colpa che tormenta Lo’ak (Britain Dalton), responsabile involontario della morte del fratello, rimane il suo unico faro; Jake (Sam Worthington) continua oscillare tra paternità e militarità; Neytiri (Zoe Saldaña) scivola verso un odio crescente che il film tratteggia ma non indaga. Kiri (Sigourney Weaver), con il suo legame mistico con Eywa, rappresenta il punto di contatto tra spiritualità e conflitto, ma anche il suo arco si muove lungo binari già delineati. Spider (Jack Champion), figura complessa per nascita e appartenenze, avrebbe potuto spezzare la monotonia emotiva, ma il suo ruolo torna a essere quello del ponte instabile fra mondi contrapposti, senza trovare la svolta che potrebbe definirlo oltre il ruolo di semplice nodo narrativo.

avatar 3d filmL’introduzione del clan Mangkwan, popolazione nata dalla distruzione vulcanica e guidata dalla feroce Varang (Oona Chaplin), apre a un potenziale drammatico enorme: un popolo sopravvissuto alla fine del proprio mondo, che ha convertito il dolore in guerra permanente, potrebbe incarnare la più cupa delle distorsioni del mito di Pandora. Varang attraversa lo schermo con un aspetto memorabile, metà guerriera metà sciamana, il volto dipinto di rosso e nero, la voce che sembra uscire dalla gola di un animale ferito.

È l’antagonista più magnetica introdotta dalla saga dopo Quaritch (Stephen Lang), eppure anche lei resta confinata a un ruolo unidimensionale. La tragedia che l’ha generata si intuisce, ma non trova spazio; la sua ferocia suggerisce un passato, ma il film preferisce utilizzarla come detonatore dell’azione piuttosto che come figura tragica in grado di interrogare il senso stesso della sopravvivenza.

Cameron ripropone così lo schema del conflitto rituale: attacco, fuga, ritorsione, resa dei conti. La ripetitività sarebbe in parte accettabile se accompagnata da un’evoluzione interna ai personaggi o da un ampliamento sostanziale del mondo narrato. Invece l’esplorazione di Pandora procede in senso laterale, aggiungendo dettagli senza spalancare nuove prospettive. La mitologia dei Tulkun si arricchisce, ma non cambia il senso della loro funzione nella storia; i clan del vento compaiono come parentesi affascinante, ma non modificano gli equilibri profondi dell’universo; il tema elementale del fuoco introduce set spettacolari, ma non porta una nuova dimensione simbolica in grado di superare quanto già presentato nell’episodio precedente.

La contraddizione centrale della saga emerge qui con forza: la volontà di celebrare i popoli indigeni e la loro armonia con la natura si intreccia a una narrazione dove gli indigeni vengono continuamente salvati da figure che, per origine, restano legate ai conquistatori. Vuole criticare militarismo, colonialismo e sfruttamento, ma ne riproduce l’estetica in forma spettacolare, trasformando la guerra in intrattenimento visivo. È una tensione che accompagna l’intera epopea, ma in Avatar: Fuoco e Cenere risulta più evidente perché la ripetizione svuota il simbolo: ciò che un tempo sembrava denuncia ora diventa un gesto automatico.

avatar fuoco e cenere film 2025Eppure non mancano momenti in cui il film sembra sfiorare una nuova direzione. Alcune sequenze sospendono il gigantismo digitale per abbracciare un’intimità più fragile, quasi spirituale, come se Pandora potesse tornare a essere un luogo di scoperta emotiva e non solo un campo di battaglia. Varang e Quaritch, in particolare, sembrano sul punto di andare oltre il ruolo assegnato, lasciando intravedere ciò che potrebbe essere un conflitto morale più sottile. Ma ogni possibile deviazione viene richiusa, come se la saga temesse di smarrire la riconoscibilità del proprio marchio.

Il risultato complessivo è quello di un’opera mastodontica (195 minuti) che alterna stupore e disillusione. La maestria tecnica è indiscutibile: le creature, i voli tra le colonne di fumo, gli ecosistemi erosi dal fuoco hanno una forza iconica indubbia. Ma il gigantismo visivo non basta a colmare le lacune di un racconto che procede con inerzia e che non osa abbandonare la strada già tracciata. Avatar: Fuoco e Cenere affascina gli occhi e alimenta l’adrenalina, ma difficilmente stimola il pensiero.

È un film che conferma la potenza spettacolare del mondo di Cameron, ma mette in luce, con una chiarezza ormai impossibile da ignorare, la fragilità narrativa che ne blocca l’evoluzione. Pandora continua a essere un luogo meraviglioso da visitare; il problema è che, nonostante il fuoco e la cenere, sembra sempre più difficile trovarvi qualcosa di davvero nuovo.

Di seguito trovate il trailer italiano di Avatar: Fuoco e Cenere, nei cinema dal 17 dicembre: