Il 21° film del MCU celebra l'emancipazione e l'autodeterminazione delle figure femminili dopo anni di supereroi maschi, in un'insolita storia delle origini che valorizza le diversità e ci porta nostalgicamente negli anni '90
Prima di esaminare Captain Marvel (le 20 curiosità sul film), origin story tutta al femminile con cui Hollywood schioccando le dita cancella 11 anni di egemonia maschile nel MCU, urge una fondamentale premessa. La ‘catena di testosterone’ era già stata spezzata dall’Amazzone Gal Gadot nel 2017 con la sua divina Wonder Woman, divenuta immediatamente icona del girl power mondiale, emblema di emancipazione femminile capace addirittura di aiutare a vincere una guerra mondiale combattuta da uomini molto meno potenti di lei. Sulla scia dell’esplosione del movimento #Metoo si è sentita sempre più l’esigenza – a volte fin troppo forzata – di dare voce a protagoniste femminili più complesse, che non hanno certo bisogno di essere salvate e che non cercano affatto l’aiuto dei maschi, ma sono alla costante ricerca di se stesse e del loro posto in un contesto che sta iniziando a valorizzarle, seppur sempre con fatica.
La stessa Rey (Daisy Ridley) dei nuovi film di Star Wars incarna questo stesso messaggio: la Forza prima era solo per gli Jedi rigorosamente maschi (ok, c’era anche Leia, ma ci siamo capiti …), mentre adesso scorre potente anche in lei e la spinge a imparare a gestire questa nuova consapevolezza. Nasce così un messaggio positivo che si svincola dalla semplice identità di genere e abbraccia ogni minoranza, basti vedere la sempre maggiore diversità di razza, nazionalità e perfino di identità sessuale dei protagonisti di molti lungometraggi recentemente arrivati al cinema.
Anche nell’ultima decade di Universo Cinematografico Marvel (MCU) abbiamo assistito a dei cambiamenti nella raffigurazione della figura femminile, da Iron Man 2 in cui Vedova Nera (Scarlett Johansson) era la sexy sidekick che faceva girare la testa a Tony Stark (Robert Downey Jr.), si è passati a Wanda Maximoff (Elizabeth Olsen) e Gamora (Zoe Saldana), più caratterizzate ma sempre sostanzialmente comprimarie di personaggi maschili, fino al Wakanda con le ‘fiere guerriere’ Dora Milaje e Shuri (Letitia Wright), che per la prima volta dimostra che le donne possono essere più intelligenti degli uomini, per arrivare addirittura adesso nello spazio profondo con una nuova supereroina dai poteri straordinari.
Lo stesso costume è cambiato negli anni: prima consisteva in un mini body nero attillato che ne valorizzava le curve, ma con il tempo, oltre ad aver cambiato nome in Captain Marvel ha acquisito maggior spessore e certamente anche più vestiti. La storyline a fumetti di Carol Danvers ha subìto diversi aggiustamenti nel tempo, ma è sempre stata esempio di riscatto sociale al pari di quella razziale di Black Panther.
Il premio Oscar Brie Larson (Kong: Skull Island) porta sullo schermo la versione ispirata alle storie fumettistiche iniziate nel 2012 dalla penna di Kelly Sue DeConnick, che ha partecipato in prima persona alla realizzazione del film apparendo anche in un cameo. La sceneggiatrice, in un’intervista con Polygon sul suo personaggio cartaceo ha dichiarato: “Carol è due cose: da una parte vuole fuggire da tutto il suo dolore, dall’altra vuole provare al defunto padre che lei valeva quanto i ragazzi.
Questa però è una ferita che non si potrà mai rimarginare. Sapete, suo padre è morto … Non riceverà mai quell’approvazione tanto agognata, sarà alla costante ricerca e vorrà sempre dimostrare qualcosa al mondo”. Nei primi fumetti, Carol si batteva anche per l’equità nel lavoro e sul salario per le donne. La versione moderna di questa eroina ci mostra adesso una donna imperfetta, con anche problemi di alcolismo,però con doti da leader e una visione per il futuro.
Questa insolita origin story di
All’inizio del film, Vers (Larson) è una ragazza introversa e sarcastica, tormentata dal un ignoto passato che non ricorda, membro di una élite militare della razza aliena Kree denominata Starforce attiva sul pianeta Hala. Suo mentore e leader del gruppo è Yon-Rogg (Jude Law), che dopo l’ennesimo duro addestramento la ritiene pronta per affrontare la sua prima importante missione. Prima però, la ragazza deve ottenere l’approvazione dell’Intelligenza Suprema, entità superiore che si manifesta visivamente nella persona più stimata da ciascun individuo.
Per Vers, assume le sembianze di una misteriosa donna dal suo passato, dallo sguardo penetrante e in qualche modo amico (Annette Bening). Superata la prova, si unisce alla colorita task force per una missione tesa a recuperare un compagno caduto prigioniero dell’esercito Skrull, razza con la quale i Kree sono in guerra da lungo tempo. Gli altri membri dell’equipaggio sono Korath (Djimon Hounsou), già conosciuto in Guardiani della Galassia accanto a Ronan e Nebula, Minn-Erva (Gemma Chan), Att-Lass (Algeniz Perez Soto) e Bron-Char (Rune Temte).
Vers naturalmente riesce infine a liberarsi grazie ai suoi poteri fotonici e mentre scappa dall’astronave nemica precipita letteralmente dentro un videostore Blockbuster della Los Angeles del 1995. L’effetto nostalgia già presente in Guardiani della Galassia e Ralph Spaccatutto (sempre di Disney stiamo parlando …) si materializza così nel cartonato di True Lies, nei telefoni a gettoni, nei modem dalla connessione ad Internet instabile e lentissima, dai graffiti sui muri in stile Willy il principe di Bel Air, nell’eccesso di flanella grunge e di t-shirt dei Nine Inch Nails, nei videogiochi Arcade come Street Fighter e in una scatola di latta per il pranzo a tema Happy Days.
Samuel L. Jackson interpreta un ringiovanitissimo (grazie all’ausilio di una CGI impressionante, che non ne storpia la mimica facciale, a differenza della scena finale di Rogue One …), capellone e dotato di entrambi gli occhi agente segreto che si accompagna ad un altrettanto giovanile e alle prime armi agente Coulson (Clark Gregg). A quell’epoca stava giusto nascendo il progetto Avengers e i due ‘Men in Black’ non avevano ancora appreso appieno le potenziali minacce proveniente dallo spazio … ma nemmeno intuito quali fossero i potenziali “vendicatori” capaci di contrastarle presenti intorno a loro.
In ogni caso, qualcosa del lavaggio del cervello Skrull risveglia la coscienza di Vers, che parte così con Nick Fury alla ricerca di un potente e avveniristico motore a propulsione, legato al misterioso progetto Pegasus (citato in altri film del MCU, ne parleremo più sotto) e quasi sicuramente altrettanto strettamente collegato al suo passato rimosso e alla donna di cui non ricorda nulla. I fan più attenti noteranno presto il collegamento a una Gemma dell’Infinito. Altro punto di collegamento diretto con gli altri film del MCU – e in particolare con Thanos – è la presenza di Ronan l’Accusatore (Lee Pace), che già in Guardiani della Galassia era apparso come massimo esponente e fanatico della razza Kree.
Ad aiutarla a ricostruire quegli anni c’è anche la sua migliore amica e collega Maria Rambeau (Lashana Lynch), nome in codice – non casuale – Photon. Maria è un madre single di colore, altro perfetto esempio della nuova visione di femminilità che Captain Marvel vuole trasmettere alla gente, una donna forte e indipendente, oltre che abile pilota di aerei da guerra.
Sul finale, scopriamo – grazie al capo degli Skrull, Talos (Ben Mendelsohn) – che nulla è in realtà quello che sembra e che ogni azione può mutare di prospettiva ed essere malamente fraintesa. Il messaggio di fondo del film diretto da Anna Boden e Ryan Flexcil è che il vero ‘Male’ è spesso l’apparenza e quello che gli altri ci vogliono fare credere di essere. Quando Carol riesce a uscire dalla confusione mentale e a costruirsi un’identità comprende che l’unica vera persona che conta per lei è se stessa e allora nessuno può toglierle in alcun modo il potere che ha dentro.
A riprova di ciò, quando si libera finalmente dal controllo maschile afferma di avere sempre combattuto con le mani legate, ma che ora è finalmente inarrestabile, tanto che, in una conclusione eccessivamente autocelebrativa, l’eroina diventa sostanzialmente invincibile (un po’ come quando Diana Prince percorreva quelli che sembravano pochi metri tra le trincee nemiche schivando proiettili e vincendo da sola la guerra in pochi secondi).
A coadiuvare il tutto c’è però la colonna sonora rockeggiante praticamente tutta al femminile (unica concessione ai Nirvana …), tra cui spiccano storici pezzi dei No Doubt di Gwen Stefani, delle TLC, di Des’ree e dei Garbage di Shirley Manson (ma il pezzo delle Hole di Courtney Love è del 1998 …), che, al pari dell’Awesome Mix di Star-Lord farà la gioia dei nostalgici pronti a cominciare a ripensare agli anni ’90 come a un periodo felice (i 90s sono i nuovi 80s, prepariamoci!). Sul fronte umorismo e battute, la sceneggiatura tira fortunatamente un po’ il freno rispetto a Thor: Ragnarok e Ant-Man and The Wasp, limitandosi soprattutto ai siparietti tra gli insoliti compari Carol e Fury.
In ultima analisi dunque, nei suoi 130 minuti Captain Marvel – che omaggia Stan Lee sui titoli di testa e col consueto cammeo – non è la classica storia delle origini, ma una necessaria presentazione del personaggio chiave che forse deciderà le sorti dell’intero universo in Avengers: Endgame, che ci porta a capire qualcosa in più sulla nascita dei Vendicatori e su come il capo dello S.H.I.E.L.D. abbia perso il suo occhio. O più semplicemente, serviva un potentissimo deus ex machina per ribaltare i dieci anni di leadership maschile incontrastata del MCU, uno svecchiamento dei concetti di superuomo del dopoguerra che si adeguasse all’odierno cambiamento della società, sempre più multietnica e paritaria, capace di celebrare e valorizzare le diversità invece di ostracizzarle.
I più preparati danno che il Project Pegasus si ricollega automaticamente ad Iron Man 2 e al primo film degli Avengers. Era infatti il nome in codice dell’iniziativa per rintracciare e studiare il Tesseract. Tony Stark ne parla e Loki chiede informazioni sui progetti Pegasus, Goliath ed Exodus mentre si infiltra in una base dello S.H.I.E.L.D. nel deserto del Mojave per impossessarsi del cubo energetico. Il Tesseract inoltre viene recuperato alla fine del primo Captain America da Howard Stark, che sarebbe stato ucciso poi nel 1991 dal Soldato d’Inverno, portando così gli eventi ad allinearsi temporalmente con quelli descritti ora in Captain Marvel. Si potrebbe pertanto ipotizzare un collegamento con la saga di Guerre Segrete, in cui gli Skrull sono proprio alla ricerca del Tesseract.
Troviamo infine 2 immancabili scene post titoli di coda: la prima serve a collegare prevedibilmente Captain Marvel col clamoroso finale di Avengers: Infinity War e quindi con l’imminente Endgame. La seconda è semplicemente un siparietto comico con Goose senza particolari pretese.
Di seguito il full trailer italiano di Captain Marvel, nei nostri cinema dal 6 marzo: