Voto: 6.5/10 Titolo originale: Corporate Animals , uscita: 20-09-2019. Regista: Patrick Brice.
Corporate Animals: la recensione della splatter comedy con Demi Moore
21/09/2019 recensione film Corporate Animals di William Maga
Dopo i due film di Creep, il regista Patrick Brice torna sulle scene con una satira feroce - marchiata di grottesco e di sangue - della cultura aziendalistica americana, che privilegia l'interesse personale a quello collettivo
Se nel 2006 Severance – Tagli al personale del britannico Christopher Smith era stato un curioso precursore in salsa slasher, giunti nel 2019 l’imbarazzo dei ritiri aziendali di gruppo è ormai prassi sdoganata e consolidata da tempo anche in Italia, dato che soprattutto le grandi compagnie insistono che i propri collaboratori acuiscano regolarmente la fiducia gli uni negli altri come se fossero parte di una vera famiglia.
Eppure, la natura spietata del capitalismo insiste nel confermare a ogni occasione che le aziende in realtà non offrono mai in cambio lo stesso livello di fiducia accordato loro dai dipendenti e che, di fatto, per ricucire e rinsaldare i rapporti nuovamente sia necessario un bel weekend lontano dalle vere famiglie per intraprendere un qualche tipo di attività per cui tutti quanti saranno tristemente impreparati fisicamente, che si tratti dell’arrampicata su roccia o di guerriglia col paintball.
Così, quando in Corporate Animals vediamo i dipendenti della Incredible Edible Cutlery – che fabbrica posate commestibili ed eco-friendly – in piedi nel bel mezzo dell’assolato New Mexico mentre cercano di spostare tutti insieme con una leva un enorme masso, un compito che richiede sia il loro ingegno collettivo che la loro forza fisica, diventa inutile per il regista Patrick Brice (Creep, Creep 2) e lo sceneggiatore Sam Bain star a spiegare molto di più del fatto che questa dozzina di poveracci stia faticando solamente per compiacere Lucy (Demi Moore), il loro esigente CEO, che se da un lato sembrerebbe abbracciare col sorriso sulle labbra tali obblighi socialmente volti ad alzare l’umore generale, dall’altro scopriremo avere tali slanci di generosità solamente quando ci vede un tornaconto importante.
Si susseguono molte cose tremende (c’entrano anche urina e cannibalismo …) dopo che il gruppo, per colpa di un crollo improvviso, rimane intrappolato all’interno di una grotta isolata ed è così costretto a collaborare a pieno regime per una posta in gioco molto più grande del previsto.
A complicare le cose, però, comincia a esplodere il già precedentemente poco velato disprezzo reciproco dei vari sottoposti (per gelosia o infelicità), anche se il peggio arriva quando viene rivelato il vero motivo per cui sono stati radunati per questa due giorni di fatica, a partecipare all’illusione collettiva che la compagnia abbia a cuore veramente il loro benessere o i loro valori, quando in realtà non si vogliono mettere in cattiva luce gli azionisti di maggioranza e si cerca di sviare l’attenzione da problemi molto seri.
Questa situazione da Signore delle Mosche aziendale garantisce un terreno fertile al brillante ensemble di comici scelto per interpretare i variopinti protagonisti, che comprende Jessica Williams, Ed Helms (solo una comparsata per l’attore di Una notte da leoni), Karan Soni (Deadpool), Martha Kelly (Baskets), Isiah Whitlock Jr. (The Wire), Nasim Pedrad, Jennifer Kim, Dan Bakkedahl (Veep) e Calum Worthy, ai quali la sceneggiatura di Corporate Animals offre equamente la possibilità di brillare mentre ognuno si ritrova via via ad affrontare ogni tipo di fallimento etico, cadendo spesso vittima della ricerca dell’onnipotente Dollaro, persino in uno spazio così angusto come quello dove sono finiti.
Oltre ad essere (quasi certamente) il primo film a tuffarsi a capofitto nella questione delle sconvenienti politiche sessuali sul posto di lavoro dopo lo scandalo che ha coinvolto lo scorso anno Harvey Weinstein e a citare apertamente l’ex produttore per nome (viene sdoganata addirittura l’espressione ‘weinsteinismo’), la satira deliziosamente senza peli sula lingua di Corporate Animals trova modi sciocchi ma sofisticati di sottolineare come le obsolete strutture alla base del potere aziendale si siano oggi soltanto piegate, ma niente affatto spezzate, per arrivare ad affermare di aver raggiunto una vera innovazione, con Lucy che ad esempio vede le sue assunzioni di individui di una data minoranza etnica come un segno evidente di progresso, ma solo per ciò che rappresentano agli occhi dell’opinione pubblica e non perché lei dia un particolare valore alla persona che si è trovata davanti. (Uno dei momenti più acuti del film arriva quando il Freddy di Karan Soni deve ammettere che, sebbene la sua invenzione sia diventata la più redditizia dell’azienda, il suo valore è di molto inferiore alla capacità di Lucy di venderla, una sua debolezza.)
Corporate Animals diventa più cupo – sia letteralmente che in senso figurato – man mano che procede nei sui 85 minuti di durata, mentre le batterie delle torce portatili si affievoliscono, coi giorni che passano inesorabili e la tensione nel gruppo che sale verso il punto di rottura tra bugie e rivelazioni, ma il dark humor del film, la colonna sonora perfettamente cacofonica di Michael Yezerski e la capacità di Patrick Brice di tenere viva l’attenzione con momenti sconvenienti o truci, mantengono la visione vivace e leggera (l’horror in senso stretto non c’è, nonostante affiori qua e là qualche brandello di splatter grottesco).
Dopo aver perfezionato come si maneggia la tensione nelle sue opere precedenti, tutte peraltro costruite intorno a un’unica location, il regista sembra quindi trovarsi perfettamente a proprio agio nell’orchestrare lo scenario contenuto di Corporate Animals e a trasformarlo in un’opportunità, maneggiando con relativa sicurezza tematiche tutto sommato non semplici, abbinando le osservazioni irriverenti e spinose di Sam Bain sulla cultura aziendalistica (quasi sempre falsa e / o criminale), spesso non dette ma che tutti conoscono, con il tipo di follie visive che non ci si aspetta, come l’assurda allucinazione di una ferita infetta che ‘canta’ una canzone di Britney Spears (vedere per credere!), offrendo un simpatico esempio delle ricompense che si possono ottenere quando si concludono affari in modo fuori dagli schemi.
Di seguito il red band trailer internazionale di Corporate Animals:
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