Voto: 5/10 Titolo originale: Damsel , uscita: 07-03-2024. Budget: $60,000,000. Regista: Juan Carlos Fresnadillo.
Damsel: la recensione del film di fanta-empowerment diretto da Juan Carlos Fresnadillo (su Netflix)
08/03/2024 recensione film Damsel di Gioia Majuna
Millie Bobby Brown è al centro di un'opera solo superficialmente intelligente e attuale
Damsel è il tipo di film distribuito in esclusiva da Netflix che si troverebbe placidamente a suo agio nel 2010. Pubblicizzato come una sorta di fiaba originale oggi, ma è ispirato dal medesimo stesso tipo di femminismo e di girl power che ha guidato alcune ‘affilate’ rivisitazioni di racconti popolari come Biancaneve e il Cacciatore e Hansel & Gretel – Cacciatori di streghe proprio una decina di anni fa.
In apparenza, Damsel potrebbe pur sembrare una rivisitazione innovativa di una storia secolare. Una giovane donna (Elodie) sposa un principe per aiutare il suo regno, ma invece di vivere per sempre felice e contenta, viene sacrificata a un drago e deve combattere con tutte le sue forze per scappare dalla sua tana.
Nonostante la promessa di questa premessa, il film stesso risulta solamente una rappresentazione estremamente superficiale di ciò che un racconto del genere potrebbe essere.
I primi momenti di Damsel sono caratterizzati da una drammatica voce fuori campo della Elodie interpretata da Millie Bobby Brown che rassicura gli abbonati che non si tratta di una normale e noiosa favoletta in cui il cavaliere salva la damigella in pericolo, ma di qualcosa di ben più attuale e rinvigorente. E, almeno all’apparenza, la promessa è mantenuta.
La 20enne star di Stranger Things ce la mette tutta nel ruolo di Elodie durante il suo viaggio di formazione all’interno dell’antro del drago. Eppure, Damsel non perde tempo – e occasione – a sottolineare l’intelligenza e le capacità fuori da comune della protagonista prima ancora che lei ci arrivi.
Come la Biancaneve del film del 2012, Damsel si assicura che comprendiamo fin dall’inizio che Elodie non è la ‘tipica’ principessa Disney. Dal primo momento in cui la vediamo, prende il comando, taglia la legna e raccoglie qualsiasi bene che possa aiutare il suo regno affamato. Non ignora le difficoltà del suo popolo ed è disposta a fare tutto il necessario per assicurarsi che sopravviva all’inverno.
Damsel si assicura anche che Elodie sia abile nei labirinti, mostrando come li crei per sé e per la sorella minore. Questo è un tratto del personaggio che certamente contribuisce a renderla più dimensionale, ma allo stesso tempo si ha l’impressione che il regista spagnolo Juan Carlos Fresnadillo (28 settimane dopo) e lo sceneggiatore Dan Mazeau (Fast X) non credano che il pubblico possa ritenere la giovane capace di evadere dalla dimora oscura del drago se prima non rendano noto che lei è una grande esperta di trappole e labirinti.
A parte Elodie, Damsel non sa affatto come gestire le altre donne. La regina Isabelle (Robin Wright) è la monarca cattiva che sostiene una tradizione patriarcale, ma il film non affronta mai il motivo per cui è lei e non il re a gestire il segreto del regno. Angela Bassett è come sempre inappuntabile, ma il suo talento è sprecato in un ruolo che non ha molto da dire se non offrire sostegno materno a Elodie e a sua sorella.
Shohreh Aghdashloo (The Expanse) come voce originale del drago è una scelta di casting ispirata, ma il suo arco narrativo sembra una rivisitazione meno profonda di quello che Maleficent fece un decennio fa: una donna mostruosa si fa rubare qualcosa da un re troppo sicuro di sé e in cambio si vendica del suo regno.
E ogni volta che Damsel si avvicina a dire qualcosa sul ruolo delle donne nel sostenere gli standard patriarcali o a reagire contro il patriarcato in qualche modo, non ci arriva. Tutto il suo empowerment femminile è di approssimativo – c’è una scena alla fine che ricorda molto la Daenerys dell’ottava stagione di Il Trono di Spade, e non in senso positivo.
Se siete alla ricerca di una favola che abbia davvero qualcosa di nuovo e importante da dire, meglio cercare altrove. Dopo le 2 ore di Damsel, non si può fare a meno di chiedersi quanto sarebbe stato diverso questo film con più donne al timone (pur senza screditare il ruolo di Millie Bobby Brown come produttrice esecutiva).
Questo non vuol dire che gli uomini non siano in grado di raccontare bene storie smaccatamente femministe – Mad Max: Fury Road ne è un buon esempio – ma Damsel non può che apparire come il punto di vista di un uomo su cosa significhi essere una donna emancipata, e non va certo a suo favore, specie considerando come a Hollywood ora venga data voce a sempre più donne e persone non binarie su questi stessi argomenti.
Insomma, Damsel è in definitiva il classico film ‘usa e getta’ di Netflix, che garantisce scene d’azione ed effetti visivi curati e interpretazioni dignitose, ma manca il bersaglio troppe volte per far sì che valga qualcosa di più.
Di seguito – sulle note di Hymne a l’amour di Edith Piaf – trovate il full trailer doppiato in italiano di Damsel, che debutterà nel catalogo di Netflix l’8 marzo:
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