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Diario da Venezia 75 | Giorno 1: tra casting, sproloqui e classici restaurati

30/08/2018 news di Giovanni Mottola

Al Lido in questi giorni sono tutti dediti al cinema, tra coloro che si propongono come comparse di Spider-Man e quelli che vanno a vedere i film di una Mostra molto improntata sulla storia e, sciaguratamente, anche un po' sulla politica

La febbre da cinema sta contagiando non soltanto le solite torme di cinefili arrivati al lido, ma l’intera città di Venezia e pure il resto del Veneto. Ieri, nell’ex convento dei Crociferi in Campo dei Gesuiti, oggi adibito a residenza universitaria, si è svolto un casting per 600 comparse in vista di alcune scene del film Spider-Man: Far From Home di Jon Watts, che verranno girate qui in laguna tra il 28 settembre e il 3 ottobre. Per la precisione, le scene principali in Riva dei Sette Martiri, a Rialto, e altre tra il Molo di San Marco, Campo Santa Maria Formosa e Rio dell’Arsenale. Oggi si replica a Venezia e domani a Mestre. In totale hanno presentato domanda 2.000 persone e tra esse ne verranno scelte 900, tra bambini di età compresa tra i sette e i dodici anni e adulti tra i diciotto e i settantacinque. E’ accorsa dunque gente eterogenea: studenti, pensionati, professionisti, intere famiglie. Molti dei partecipanti hanno dichiarato di essere appassionati dei fumetti Marvel e fan in particolare di Stan Lee, che sperano d’incontrare proprio sul set vista la sua abitudine di comparire in un cammeo nei film tratti dalle sue opere. Pare persino più probabile incontrare lui che non il protagonista Tom Holland, dato che la città di Venezia è stata anche ricreata negli studios londinesi di Leavesden dove il film viene girato e pare ch’egli abbia già realizzato laggiù alcune scene lagunari. Nessuno degli accorsi ha detto di essersi presentato per soldi, ma c’è da credere che, con questi chiari di luna, anche il compenso di 90 euro lordi al giorno abbia fatto gola.

Tornando a quel che accade al Lido, ieri sera si è svolta la pre-inaugurazione con la proiezione in anteprima mondiale della copia digitale, tratta dal negativo originale ritenuto perduto e restaurata in 4K, de Il Golem – Come venne al mondo, realizzato nel 1920 da Paul Wegener, che già aveva adattato due volte questa storia nel 1914 e nel 1917 senza ottenere un grande consenso. Sorte molto migliore ebbe invece all’epoca la versione presentata ieri. Il pubblico di oggi deve aver trovato un po’ ostica la visione – un po’ di gente cominciava già dopo mezz’ora ad abbandonare la sala – considerato che parliamo di un film muto, datato e che tratta di un tema non propriamente semplice. Il Golem è infatti una figura leggendaria ebraica che ha ispirato molti autori tra cui Jorge Luis Borges, che gli ha dedicato una poesia. Nel film viene risvegliato dal rabbino Loew per proteggere il suo popolo, ma per colpa di un servo geloso questa specie di mostro va fuori controllo e si rivolta contro il suo creatore. Un capolavoro del cinema espressionista tedesco, che ha ispirato molti film dell’orrore degli anni successivi. La visione è stata accompagnata dalle musiche originali composte dal Maestro Admir Shkurtaj eseguite dal vivo dal Mesimer Ensemble sotto la direzione dell’autore stesso. Questo aspetto solitamente suscita grande emozione nel pubblico in sala, ma bisogna dire che, per essere perfettamente coerenti con lo stile e il genere del film, queste musiche erano costituite da atonalità e dodecafonie mescolate con alcuni elementi jazz, altri di musica contemporanea e soprattutto melodie tipiche dell’est Europa. Anch’esse dunque contribuivano a rendere il Golem un film difficile e certamente non per tutti.

Essendo il primo film del Festival 2018 è stata anche l’occasione per scoprire la nuova sigla che introduce i film. Gli abituali disegni e sketch animati sono stati quest’anno sostituiti da una serie di fotogrammi dei film più famosi passati dalla Mostra nel corso delle sue settantacinque edizioni. Una scelta che omaggia la storia, proprio come si è inteso fare con la mostra allestita all’Hotel Des Bains e con gran parte dei film selezionati per il presente programma, di cui avremo modo di parlare prossimamente. Anche il manifesto di Venezia 75 è molto più bello di quelli degli anni passati, non soltanto perché opera di un artista raffinato come Lorenzo Mattotti, ma anche per la sua semplicità e il suo buon gusto. A tal proposito vale la pena di ricordare che proprio oggi ci ha lasciati Silvano Campeggi, conosciuto da tutti come Nano, che è stato il più illustre autore italiano di manifesti cinematografici. Un’arte ormai superata dall’abitudine di utilizzare fotografie che però ha fatto perdere il fascino suggestivo che erano capaci di evocare i cartelloni realizzati da grandi pittori come Nano. La terra sia lieve a un personaggio che lieve lo è sempre stato nello spirito.

Nel tardo pomeriggio si è tenuta l’inaugurazione ufficiale con la cerimonia condotta da Michele Riondino, che preferisce essere definito “madrino” anziché “padrino” come chiese il suo predecessore Alessandro Borghi. Gl’invitati hanno assistito alla consegna del Leone d’Oro alla carriera a Vanessa Redgrave e a ruota al film Il Primo Uomo (First Man) di Damien Chazelle, sull’impresa dello sbarco sulla Luna compiuto da Neil Armstrong nel 1968 (ecco un primo esempio di film su un fatto storico), sul quale ci soffermeremo domani. Era assente il Presidente della Republica Sergio Mattarella, per un riguardo verso le vittime del disastro di Genova. Non è mancata però la politica, non tanto in senso fisico (presenti di sicuro il Ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli e il sottosegretario Lucia Borgonzoni) quanto nel senso delle polemiche sulle faccende di casa nostra, panni sporchi che faremmo meglio a lavare in famiglia. Ieri abbiamo ricordato con rammarico le stagioni in cui la Mostra del Cinema divenne il pretesto per lanciare slogan e sventolare tessere di partito. Forse siamo stati profeti di sventura o forse è davvero inevitabile che queste cose accadano, ma anche la presente edizione è stata colpita da questa malattia e l’untore è stato questa volta proprio il madrino, sulla cui scelta già nutrivamo dubbi per altre ragioni. Ieri, appena arrivato, ha infatti pensato bene di dichiarare che uno come Matteo Salvini preferirebbe evitarlo e che non si sente rappresentato da lui come Ministro degli Interni. Lungi da noi addentrarci in valutazioni di carattere politico, che non ci competono; ma proprio per questo ci sentiamo di affermare che nemmeno Riondino, il quale è naturalmente padrone di avere le idee che vuole, avrebbe dovuto approfittare di un ruolo che con esse nulla ha a che fare per esternarle. Così ha finito per suscitare un vespaio, scatenando la risposta stizzita del sottosegretario Borgonzoni, la quale gli ha rinfacciato che il suo cachet è pagato dalla Biennale, finanziata per lo più da quello Stato dalle cui istituzioni Riondino ha dichiarato di non sentirsi rappresentato. In sostanza, lo ha accusato di sputare nel piatto dove mangia. Salvini ha invece risposto con i suoi tipici toni e una stretta delle sue larghe spalle, ricordando a Riondino che la lista di quelli che lo criticano comprende anche Asia Argento e Roberto Saviano, lasciando dunque intendere che considera come un titolo di demerito il vederlo in loro compagnia. Non sappiamo se Matteo Salvini sia un amante della Settima Arte, ma sappiamo che quando deve colpire qualcuno, come ha fatto anche in questa occasione, tra il fioretto e la clava sceglie quest’ultimo. Se avesse usato l’arma più raffinata avrebbe tranquillamente potuto replicare che nemmeno il cinema può sentirsi rappresentato da Riondino. Non sarebbe andato lontano dalla verità.

Di seguito il trailer italiano di Sulla Mia Pelle: