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Dossier | Ed Gein: quando il cinema attinge dalla cronaca nera più raccapricciante

10/12/2018 cose da sapere di Sabrina Crivelli

Ripercorriamo le vicende del 'macellaio di Plainfield', che con le sue raccapriccianti usanze ha ispirato film come Psyco, Il silenzio degli innocenti e Non aprite quella porta

ed gein arresto

Psyco di Alfred Hitchcock, Il silenzio degli innocenti (The Silence of the Lambs) di Jonathan Demme e Non aprite quella porta (The Texas Chainsaw Massacre) di Tobe Hooper hanno lasciato una traccia indelebile nella storia del cinema e i loro controversi e psicopatici protagonisti, incarnati rispettivamente da Anthony Perkins, Anthony Hopkins e Gunnar Hansen, sono rimasti per sempre nell’immaginario collettivo. I tre film, tuttavia, non condividono solo il fatto di essere incentrati su un perverso serial killer, oppure di essere divenuti veri e propri classici, ma anche di aver tutti cercato di esplorare un’unica mente criminale, quella di Ed (Edward) Gein.

L’infanzia del mostro

Ed Gein 2Anche conosciuto quale il macellaio di Plainfield (dalla cittadina in cui crebbe e commise i suoi crimini), il sadico omicida nacque nel 1906 a La Crosse, nel Wisconsive ed era il secondogenito (dopo Henry G. Gein) nato da Augusta T. Lehrke (1878-1945) e George P. Gein, un alcolista violento e incapace di mantenere un lavoro. Tra i molteplici mestieri svolti, il padre fu falegname, conciatore di pelli, venditore di assicurazioni e per qualche tempo fu proprietario di un’attività commerciale, ma decise poi di venderla e di acquistare un terreno e una fattoria in una zona rurale nei pressi (per l’appunto) di Plainfield. Da questo momento Edward fu tenuto in un quasi totale isolamento dalla madre religiosissima, che era ossessionata dall’immoralità del mondo esterno e che gli trasmise tale fissazione. Augusta era difatti convinta che nella società vigessero il vizio, l’alcolismo e tra le donne (a detta sua tutte lascive e poco di buono) la lussuria. Nella sua opera di catechizzazzione della prole, dunque, ogni pomeriggio leggeva loro passi dall’Antico Testamento, con particolare predilezione per quelli contenenti omicidi, morti e castighi divini. Ovviamente i bambini risentirono di tale martellante educazione e, sin dall’infanzia, gli insegnanti e i compagni di classe di Ed lo ricordano come timido e caratterizzato da modi di fare assai singolari, con strani scatti di riso immotivati. A rendere ancora più complicata la situazione, ad ogni tentativo del ragazzo di farsi qualche amico, la madre lo puniva duramente. Nonostante le difficoltà, soprattutto nella socializzazione, era però uno studente assai dotato e i suoi risultati scolastici tutt’altro che deludenti.

Ed Gein casaGiunto all’età adulta, Ed Gein si dedicò a svariati lavori. Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1940 per un attacco di cuore dovuto al suo alcolismo, il giovane e il fratello maggiore cercarono infatti di contribuire alle spese quotidiane con impieghi di tuttofare, essendo ben conosciuti e rispettati nella piccola comunità. Ed, inoltre, faceva anche da babysitter, essendo molto più bravo a relazionarsi ai più piccoli che ai suoi coetanei. La situazione, all’apparenza tranquilla, degenerò poco dopo, quando nel maggio del 1944 lui e Henry stavano bruciando sulla loro proprietà delle erbacce e, d’improvviso, l’incendio prima controllato divampò, fagocitando tutto. Una volta spento il fuoco, il futuro omicida riportò la scomparsa del fratello, il cui corpo esanime fu ritrovato riverso faccia a terra diversi giorni dopo, con la morte all’apparenza causata da insufficienza cardiaca, dacché non furono riscontrati (almeno stando ai giornali locali) segni di abrasione o altri tipi di ferite. Fatto sinistro, il rapporto della vittima col consanguineo era divenuto assai teso e tra i due ricorrevano continui litigi, perché il fratello maggiore riteneva fin troppo morboso il rapporto dell’altro con la madre, con il secondogenito che, di risposta, reagiva ogni volta violentemente. D’altro canto, l’ipotesi che non si trattasse davvero di un incidente era supportata da diversi dettagli: da un lato, il medico legale nel determinare la causa della morte affermò che si fosse trattato di asfissia (che lasciava aperte molte possibili interpretazioni); dall’altro, secondo la biografia di Harold Schechter intitolata Deviant: The Shocking True Story of Ed Gein, the Original Psycho, il futuro ‘macellaio pazzo’ presentava diversi lividi (forse c’era stata una collutazione?). Comunque sia, le autorità chiusero il caso ed Ed e la madre rimasero da soli nella fattoria, almeno fino al 1945, quando la genitrice morì lasciando il figlio sconvolto e devastato dalla perdita (stando sempre alle parole di Schechter) della “sua unica amica e del suo unico vero affetto. Ed era rimasto completamente solo al mondo“.

ed gein pelle umanaLa macabra scoperta della casa degli orrori

Dopo la scomparsa dell’adorata Augusta, Ed Gein rimase a vivere nella fattoria di famiglia e continuò a guadagnarsi da vivere grazie a diversi lavoretti: oltre a fare il falegname, fu operaio per la manutenzione stradale municipale e parte delle maestranze assoldate per la trebbiatura, infine dal 1951 ricevette un sussidio da parte del governo federale. Inoltre decise di serbare del tutto intatte le stanze in cui l’amata defunta madre soleva trascorrere le proprie giornate (il piano superiore, il salotto e la sala da pranzo al piano terra). Lui, invece, si limitò a vivere tra la cucina, una piccola camera dove dormiva ad essa adiacente, e pochi altri ambienti domestici, che furono lasciati al totale degrado. Sempre nello stesso periodo, i disturbi mentali (senza dubbio generati nella fase infantile e adolescenziale) cominciarono a emergere in maniera sempre più inquietante. In particolare, l’uomo aveva una vera e propria ossessione per fatti di cronaca, storie e immagini legate a corpi mutilati e fatti a pezzi, con una predilezione per quelli concernenti i cannibali e le atrocità dei nazisti.

Tali macabri interessi non rimasero purtroppo solo nella sua mente turbata, ma negli anni successivi il futuro serial killer diede sfogo alle sue scabrose fantasie. Era il 16 novembre 1957, quando la proprietaria del ferramenta di Plainfield, Bernice Worden, scomparve senza lasciare tracce. Il figlio, il vice sceriffo Frank Worden, arrivò sul luogo del delitto, ossia il negozio della madre, verso le cinque del pomeriggio e trovò la cassa aperta e sangue ovunque sul pavimento. Cominciarono quindi immediatamente le indagini. Emerse anzitutto che un abitante del luogo aveva notato il furgone della donna uscire dal retro verso le 9.3o del mattino, ma che l’esercizio commerciale quel giorno non aveva mai aperto, cosa assai singolare. Frank Worden aveva anche notato che Ed Gein si era recato al negozio il giorno precedente e che era tornato quella mattina per comprare dell’antigelo (ultimo scontrino battuto). Il medesimo giorno, nel pomeriggio, il sospettato fu quindi arrestato e la polizia fece un sopralluogo nella sua proprietà per verificare se ci fossero tracce della scomparsa della donna. Quello che però gli agenti si trovarono davanti fu uno spettacolo inaspettato e decisamente ben più raccapricciante: il corpo senza vita della Worden era conservato in un capanno, decapitato, appeso nudo a testa in giù per le gambe con una traversa alle caviglie e i polsi legati con delle corde. Non solo, il suo ventre era stato “conciato come quello di un cervo“. Le mutilazioni varie erano state fatte post mortem, dopo aver sub+to un colpo alla testa con una carabina calibro 22. Esplorando più a fondo la casa, le autorità scoprirono ossa umane intere o fatte a pezzi oltre che un cestino, due maschere e un paralume tutti fatti con la pelle scuoiata delle vittime, che era stata usata anche per ricoprire le sedute di diversi divani e per creare dei pantaloni (con le gambe di una donna). C’erano poi un corsetto fatto con una cassa toracica, diversi teschi a comporre la testiera del letto e altri usati come ciotole, una cintura fatta di capezzoli cuciti uno all’altro e diversi altri terrificanti trofei.

Il 21 novembre 1957 il serial killer fu chiamato in giudizio per omicidio di primo grado davanti al tribunale della contea di Waushara, dove lui si dichiarò non colpevole per infermità mentale. Gli fu diagnosticata una grave forma di schizofrenia e fu effettivamente ritenuto incapace di intendere e volere. Dunque, l’uomo non affrontò alcun processo, ma fu invece internato nel Central State Hospital for the Criminally Insane (ora Dodge Correctional Institution), ovvero un manicomio criminale di massima sicurezza a Waupun, Wisconsin, per poi essere spostato al Mendota State Hospital a Madison, sempre nel medesimo stato. Fu solo a distanza di più di 11 anni che Ed Gein fu giudicato in una condizione mentale tale da poter affrontare un processo e parlare con il proprio avvocato e con la difesa. Per ciò che concerne l’omicidio di Bernice Worden, secondo la sua testimonianza, si era trattato di un incidente: mentre stava maneggiando un fucile era partito un colpo e aveva ucciso la donna. Aveva aggiunto anche che non ricordava null’altro di quella mattina. Su richiesta della difesa il processo fu tenuto a porte chiuse e, dopo una seconda seduta e grazie alla testimonianza dei suoi medici, fu dichiarato inabile mentalmente e rispedito nella stessa struttura. Invero, a causa dei costi e della difficoltà per ricostruire tutti i delitti, all’omicida furono attribuiti solo quello della Worden e di Mary Hogan, uccisa pare nel 1954, entrambi confessati. Dopo aver trascorso il resto della vita rinchiuso in strutture detentive, morì al Mendota Mental Health Institute nel 1984 all’età di 77 anni.

Norman Bates - PsychoDai fatti di cronaca agli omicidi su pellicola

La raccapricciante vicenda di Ed Gein segnò naturalmente nel profondo l’immaginario collettivo americano e le sue agghiaccianti gesta fornirono materiale per canzoni, per libri e soprattutto per svariati film. Tra i primi a trarre ispirazione dagli omicidi del ‘macellaio di Plainfield’ ci fu Robert Bloch per il suo Psycho, romanzo pubblicato nel 1959 da cui l’anno dopo il regista Alfred Hitchcock trasse ispirazione per il suo celebre adattamento con protagonisti Anthony Perkins, nel ruolo di Norman Bates (personaggio che richiama palesemente Ed Gein), e la bionda e fascinosa Janet Leigh (resa immortale dalla memorabile scena della doccia). Esplorando più nel dettaglio i punti in comune tra Norman ed Ed, si enumerano l’apparenza schiva e sensibile (che celava però tutt’altra natura) e gli omicidi di numerose donne consumatisi in un luogo isolato (un motel sovrastato da una sinistra casa su una collina l’uno, una fattoria nel mezzo del nulla l’altro) e più di tutto un morboso attaccamento per la madre. Il killer filmico (come quello nella realtà) aveva una legame tanto stretto con la genitrice da arrivare a uccidere per gelosia il suo compagno e addirittura a vestirsi come lei. Colto poi da una forte psicosi causata dal senso di colpa, aveva iniziato a soffrire di una forma di “identificazione proiettiva”, proiettando cioè sulla defunta la medesima possessività che lui in prima persona aveva provato e prendendo addirittura lui stesso il suo posto in uno sdoppiamento di personalità. Il questa forma di delirio, la donna (che invero era lui stesso) avrebbe osteggiato ogni sua relazione, eliminando fisicamente le ‘tentazioni’. Anche Ed Gein d’altra parte aveva un rapporto anomalo con Augusta e, in una sua perversa maniera, aveva cercato di ‘resuscitarla’. Ricordate il cadavere mummificato in Psycho? Ebbene, la realtà potrebbe non essere poi così distante dalla finzione.  Come raccontato da Ed Gein stesso, tra il 1947 e il 1952 egli si recò più di 40 volte a visitare ben tre cimiteri locali con l’intento di riesumare i corpi appena sotterrati, mentre si trovava in uno stato confusionale. In molte di queste incursioni, all’incirca 30, lasciò la tomba intatta e tornò indietro a mani vuote; se però, secondo lui, una delle donne da poco decedute somigliava alla madre, ne profanava il sepolcro, ne rubava il corpo, lo portava a casa, lo conciava e lo inseriva nella sua ‘collezione’. Furono almeno nove i cadaveri rubati.

deranged il folle filmNon solo Norman Bates (e di conseguenza Psyco) ha un certo debito nei confronti del serial killer di Plainfield; Non aprite quella porta (il nostro approfondimento) ha allo stesso modo attinto dalla medesima fonte per mettere in scena – in modo completamente differente – le turpi pratiche cannibaliche dello sfigurato e ritardato Leatherface (incarnato nel film del 1974 da Gunnar Hansen) e dei suoi allucinanti consanguinei. In primis, è proprio il tratto distintivo del memorabile villain a risentire maggiormente del truce modello di Ed Gein: avete presente la maschera di pelle umana da cui sorge il suo sinistro soprannome? Ebbene, il regista Tobe Hooper e Kim Henkel (i creatori della saga horror) per il loro capostipite guardarono con ogni probabilità agli agghiaccianti ‘cimeli’ catalogati ritrovati nella proprietà di Gein dopo il suo arresto, concentrandosi in particolare proprio sue due ‘maschere di pelle umana’ (una realizzata con la testa di donna, l’altra con delle mani) e sulle ossa utilizzate per ‘decorare’ l’abitazione (calotte usate per ciotole, femori come gambe di un tavolo ecc.). Inoltre, ne risentono anche altri aspetti della trama, come l’antropofagia / necrofilia e molti degli scioccanti ‘soprammobili’ sparsi nella casa della famiglia Sawyer, che, contrariamente a quanto dichiarato nei titoli di cosa, non sono legati in maniera diretta a una famiglia realmente esistita, ma appunto ai crimini di Ed Gein. Non solo. Nel 1974, un secondo film guardò alle efferate gesta del macellaio pazzo: Deranged – Il folle (Deranged) di Jeff Gillen e Alan Ormsby, in cui a vestire i panni dell’alter ego filmico del suddetto era Ezra Cobb, detto ‘il Macellaio di Woodside’ (il richiamo è immediato), interpretato dall’attore Robert Blossom. La storia in questo caso procedeva più aderente alla cronaca nera e si concentrava su un contadino mentalmente instabile che, alla morte della madre, prima incominciava a profanare le tombe e rubare i cadaveri per parlarci assieme, poi a uccidere giovani donne.

silenzio degli innocenti Buffalo BillSe forse non tutti conoscono la pellicola che segue le vicende del Macellaio di Woodside, indubbiamente lo stesso non vale per un thriller tra i più significativi degli anni ’90, Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme e il personaggio in questione è Jame Gumb, detto anche Buffalo Bill, interpretato da Ted Levine. Nell’adattamento dell’omonimo libro scritto da Thomas Harris del 1988 (sequel di Il delitto della terza luna del 1981) una giovane agente dell’FBI, Clarice Starling (Jodie Foster), veniva inviata in un manicomio criminale per cercare di indurre il geniale quanto deviato dottor Hannibal Lecter (Anthony Hopkins) ad aiutare le autorità nella cattura di un pericoloso serial killer (Buffalo Bill per l’appunto), che scuoiava le sue giovani vittime. Nelle indagini, la protagonista scopriva poi che lo psicopatico, un sarto, conservava parti delle sue prede usandole come scampoli di tessuto, poiché mirava a cucire un abito di pelle umana. In effetti, tale idea richiama facilmente alla mente i pantaloni di pelle umana ritrovati nella fattoria di Ed Gein.

La lista però non è per nulla terminata e l’influsso dell’omicida non si limita ai soli titoli già menzionati, ma si estende molto più il là: oltre ai diversi capitoli della saga di Non aprite quella porta (compresi i prequel, i remake arrivati nel tempo), esistono anche opere direttamente incentrate sul maniaco, quali Ed Gein – Il macellaio di Plainfield (In the Light of the Moon, 2000) di Chuck Parello e lo straight-to-video Ed Gein: The Butcher of Plainfield di Michael Feifer (2007). Inoltre, anche il regista americano Errol Morris e il collega tedesco Werner Herzog verso la metà degli anni ’70 cercarono di girare un lungometraggio dedicato al mostro, ma purtroppo il progetto non fu mai portato a termine. In ultimo, il macellaio di Plainfield ha più recentemente fatto la sua comparsa anche nella seconda stagione della serie American Horror Story, intitolata Asylum, dove il personaggio di Zachary Quinto indossa – nei panni del killer Bloody Face – una maschera di pelle umana.

In attesa di altri film che attingano da questa incredibile e macabra vicenda, di seguito trovate alcune delle scene più memorabili arrivate al cinema negli ultimi 45 anni: