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Voto: 6.5/10 Titolo originale: Real Steel , uscita: 28-09-2011. Budget: $110,000,000. Regista: Shawn Levy.

Dossier: Real Steel di Shawn Levy, boxe, sentimenti & robots nel prossimo futuro

07/03/2022 recensione film di Gioia Majuna

Nel 2011 Hugh Jackman era il protagonista di un adattamento subdolo ma efficace, capace di mescolare sci-fi e sport per un risultato capace di intrattenere

real steel film 2011 atom

Arrivato nei cinema nel 2011 e subito ribattezzato la versione ‘dal vivo’ del gioco Rock ‘Em Sock’ Em Robots, Real Steel ha saputo dimostrare di andare ben oltre le implicazioni di un soprannome così limitante. Mix capace di fondere alcuni dei generi cinematografici più popolari – il film sulle relazioni tra padre e figlio, quelli su un ragazzo e il suo cane, e quelli sportivi – ha molto da dire nelle sue due ore di durata.

Vi troviamo sentimenti e manipolazione, effetti speciali impressionanti e alcune sequenze di boxe che coinvolgono dei robot. Sebbene il film diretto da Shawn Levy (Una notte al museo) inizi lentamente e girovaghi durante una prima metà inutilmente tirata per le lunghe, riesce infine a trovare il suo passo quando i robottoni iniziano sul serio a martellarsi l’un l’altro, garantendo un risultato complessivo che dovrebbe legittimamente aver fatto presa sugli spettatori.

Come ormai sappiamo, la misura del successo di un film sportivo è con quanta passione il pubblico scelga di supportare il protagonista. Se ci ritroviamo in piedi a esultare, il regista ha fatto centro. Se restiamo seduti con le mani in mano, ha evidentemente mancato l’obiettivo. Real Steel appartiene al primo caso, forse perché la relazione padre/figlio, non importa quanto possa essere crivellata di cliché, aggiunge uno strato emotivo a ciò che accade durante il confronto sul ring tra David e Golia.

RealSteel.jpgAnche se Real Steel si svolge in futuro, il mondo di domani non sembra molto diverso da quello di oggi, tranne per il fatto che ci sono i robot che gironzolano per le strade. L’anno preciso non viene rivelato esplicitamente, ma gli indizi indicano che dovremmo essere negli anni ’20 del 2000. Charlie Kenton (Hugh Jackman), un tempo un promettente combattente, è senza lavoro da anni, da quando i combattimenti con una posta tra esseri umani sono state bandite. Ora, solo i robot sono infatti ammessi sul ring.

Charlie è diventato un piccolo vagabondo/promoter che controlla una macchina arrugginita e mezza guasta che può vincere solo contro avversari di seconda categoria. Quando l’uomo, che è indebitato con almeno tre persone, spinge troppo oltre il suo robot, finisce però con nient’altro che un mucchio di pesanti rottami metallici. Per fare soldi, ha bisogno così di un altro combattente. Per ottenerlo, ha bisogno di denaro. Un grosso problema. Almeno fino a quando suo figlio di 11 anni, Max (Dakota Goyo), non entra in scena.

Charlie ha abbandonato Max quando era molto piccolo, ma la madre è morta senza lasciare precise indicazioni in merito e questo rende Charlie il suo tutore legale di fatto. L’ultima cosa di cui Charlie ha bisogno è avere tra i piedi un figlio e, tra l’altro, la zia di Max, Debra (Hope Davis), vuole crescere il ragazzo. Charlie fa allora una proposta al ricco marito di Debra, Marvin (James Rebhorn): per 100.000 dollari, gli venderà i suoi diritti di tutela legale. Marvin è d’accordo, ma solo a condizione che Charlie faccia da babysitter a Max per l’estate, in modo che lui e Debra possano prima prendersi una vacanza in Italia a lungo pianificata. L’accordo viene raggiunto e Charlie ottiene i soldi per comprare un nuovo robot. Ma si ritrova, naturalmente, anche un nuovo compagno non pianificato.

La storia di Real Steel non inizia davvero fino a quando Max non trova il suo robot, Atom, sotto un mucchio di rottami in una discarica. Dopo alcuni lavoretti da parte dell’amica di lunga data di Charlie e suo aspirante interesse amoroso, Bailey (Evangeline Lilly), Atom prende vita. Ma è vecchio, piccoletto e fragile. Diventa presto il migliore amico di Max e il ragazzo convince Charlie a combattere con Atom. Con grande sorpresa di Charlie, Atom vince il suo primo incontro, e poi continua a vincere.

Tra un match e l’altro, Max insegna ad Atom nuove mosse e molti spettatori si aspetteranno di sentire “Gonna Fly Now” in sottofondo. La canzone potrebbe non risuonare, ma l’atteggiamento e l’approccio sono lì sullo schermo. Real Steel si trasforma in Rocky Balbot. Peccato che Atom non abbia una voce: ci sarebbe stato benissimo Sylvester Stallone.

Hugh Jackman in Real Steel (2011)Real Steel lavora sodo – troppo, in effetti – per conquistare gli spettatori. Soprattutto all’inizio, spalma copiosamente il copione di buoni sentimenti. E non solo una passata veloce, ma un paio. Tuttavia, grazie alla carica energetica dei combattimenti tra automi, l’insieme funziona.

I più cinici potrebbero essere consapevoli di ogni atto di sfacciata manipolazione, ma è difficile che non si resti comunque fino alla fine a fare il tifo per Atom. Real Steel non è stato realizzato da un ‘artigiano’, ma da qualcuno che sa come coinvolgere il pubblico e sa dargli esattamente quello che vuole vedere. Shawn Levy è un P.T. Barnum con il grande schermo al posto del tendone del circo.

Nei panni di Charlie, Hugh Jackman fa ciò che Hugh Jackman sa fare meglio: prende una ‘canaglia’ e spigiona la sorgente di umanità chiusa a doppia mandata dentro di sé. È un Han Solo senza l’equipaggiamento da space opera. È lì esclusivamente per la ricompensa monetaria, finché non conosce Max.

La performance del giovanissimo Dakota Goyo nei panni della prole testarda di Charlie, ricorda invece l’Edward Furlong di Terminator 2 – un po’ monello ma non simpatico o carino. È importante sottolineare che Max non si presenta mai come una vittima. I fan di Evangeline Lilly apprezzeranno poco lo scarso minutaggio dell’attrice di Lost e l’arco del suo personaggio. Bailey è infatti pochissimo sviluppata, finendo per essere il tipico interesse amoroso di Charlie. Il suo intero ruolo è uno dei tanti stereotipi riciclati da Real Steel.

Il design del robot, che è di per se efficace, è inteso più per l’estetica che per la vera funzionalità. La sua personalità si trasmette attraverso la forma. Atom, il classico ‘perdente sicuro’, sembra goffo e vecchia manierae, con una vaga somiglianza con un Cyberman degli anni ’60 di Doctor Who. Zeus, il campione di boxe simile invece a un dio, è elegante e imponente, qualcosa che Michael Bay sicuro apprezzerebbe. Il lavoro sugli effetti speciali impiegati per dare vita ai robot è però senza soluzione di continuità. Mescolando animatronica e CGI in motion capture, gli specialisti offrono creature elettromeccaniche che credibilmente abitano un mondo prevalentemente umano.

real steel film 2011L’ “ispirazione” per Real Steel è il racconto del 1956 Acciaio (Steel) di Richard Matheson, già adattato ub un episodio della serie Ai Confini della Realtà. Il nucleo della storia del libro – robot che sostituiscono gli umani come pugili – è l’unico elemento rimasto intatto. È sufficientemente convincente, tuttavia, per garantire freschezza alle formule note innestate su di esso da Hollywood.

La questione della senzienza degli androidi non viene affrontata, sebbene venga brevemente accennata. Percorrere quella strada avrebbe richiesto un racconto moralmente più complesso di quello che vogliono gli studios. E Real Steel funziona come semplice parabola edificante perché suona gli accordi giusti.

C’è genuina eccitazione negli incontri di boxe (soprattutto quando entra in gioco la strategia rope-a-dope) e Shawn Levy, nonostante i precedenti passi falsi alla regia, si rende artefice di una climax che è 15 minuti di puro spettacolo.

Insomma, Real Steel non è storia del cinema sci-fi, ma intrattenimento realizzato con sufficiente abilità da poterlo guardare senza scatenare sensi di colpa.

Di seguito trovate il trailer italiano di Real Steel: