Voto: 7/10 Titolo originale: Uomini si nasce poliziotti si muore , uscita: 11-03-1976. Regista: Ruggero Deodato.
Dossier: Uomini si Nasce Poliziotti si Muore, il poliziottesco cupo e violento di Ruggero Deodato
30/12/2022 recensione film Uomini si nasce poliziotti si muore di Francesco Chello
Ricordiamo il regista recentemente scomparso attraverso la sua unica escursione in un filone in cui ha avuto la bravura e il merito di lasciare il segno al primo colpo. Ritmo, azione e violenza sopra la media al servizio di Marc Porel e Ray Lovelock, coppia di sbirri senza regole.
La notizia di questi giorni è senza dubbio la scomparsa di Ruggero Deodato, nome di peso del nostro cinema di genere e non solo. Negli anni si era guadagnato il soprannome di Monsieur Cannibal, per il suo contributo al filone (prevalentemente nostrano) del ‘cannibal movie’, nel quale aveva messo a segno una personalissima tripletta con Ultimo Mondo Cannibale del 1977 – quello che preferisco dei tre per il modo in cui resta piacevolmente ancorato al macrogenere di partenza dell’horror avventuroso, Cannibal Holocaust del 1980 – il più famoso del trio per la forza delle tematiche, del messaggio e del linguaggio che anticipa il mockumentary, ed Inferno in Diretta del 1985.
Genere controverso, il cannibal. Che ha scatenato (e scatena tuttora) reazioni contrastanti. Prevalentemente per una ragione: le deprecabili violenze sugli animali. Io stesso, ad esempio, nonostante la mia passione di vecchissima data per l’horror, mi ci sono tenuto alla larga fino ad età matura, quando ho deciso di aprire una porta al filone proprio per le cose interessanti che aveva da dire in materia orrorifica e non, pur lasciando immutate rabbia e fastidio di fronte a certe scene tanto gratuite quanto insostenibili, così come i miei insulti nei confronti di chi le riteneva essenziali.
Argomento su cui lo stesso Deodato si era dichiarato pentito (a differenza, per dire, di un Luca Barbareschi che si conferma fieramente e imbecillemente stronzo), sostenendosi persino animalista, cercando di attenuare la cosa spingendo sul concetto dell’uccidere per cibarsene, scaricando parte della colpa sui produttori e sul mercato orientale; certo è che nella sua trilogia, il buon Ruggero aveva calcato la mano sul fenomeno, vai a capire per chi o per cosa, ma chiaramente non è questo il luogo o il momento per disquisirne.
Sono partito dai film sul cannibalismo e da quello specifico soprannome per sottolineare in realtà quanto potesse stare stretto al Deodato regista, così come l’idea di abbinare il suo nome soltanto all’horror. Lui che aveva spaziato in praticamente tutti i generi. Dall’esordio (non accreditato) nel 1964 col peplum Ursus il Terrore dei Kirghisi, co-diretto insieme a un altro grande come Antonio Margheriti, passando per commedie (vedi Vacanze sulla Costa Smeralda del 1968) e musicarelli (Donne… Botte e Bersaglieri, 1968), western (I Quattro del Pater Noster, 1969) e film d’avventura in costume (Zanabel, 1969), dal giallo erotico (Ondata di Piacere, 1975) al dramma (L’Ultimo Sapore dell’Aria, 1978).
Non mancano quei tipici epigoni italiani che si rifacevano a modelli stranieri, penso al rape & revenge de La Casa Sperduta nel Parco del 1980 o Camping del Terrore, uno dei figli di Venerdì 13 con Ruggero Deodato che nel 1986 traveste l’Abbruzzo da località statunitense; Concorde Affaire ’79 che tentava di sfruttare il successo della serie di Airport, oppure I Predatori di Atlantide (1983) che ho rivisto proprio di recente definendolo uno dei più divertenti action postatomici made in Italy, o ancora The Barbarians (la recensione) girato per la Cannon nel 1987 con cui il nostro si infilava con ironia nel solco aperto da Conan qualche anno prima.
Autore poliedrico, innovativo e sensazionalista, sostenitore del realismo, contraddistinto da una visione propria e riconoscibile, nasce nel 1939, il cinema lo attrae inizialmente con ambizioni attoriali che lo portano a fare la comparsa, per poi intuire la vera vocazione nel corso di una gavetta che gli permette di fare da assistente a gente come Roberto Rossellini, Ludovico Bragaglia, Sergio Corbucci, Antonio Margheriti.
Ricordato da tutti per gentilezza e generosità d’animo, mi ha colpito come nella mia bolla social in tanti avessero da mostrare una foto in sua compagnia spesso condita da aneddoti su incontri e chiacchierate, sintomo di una persona affabile e sempre disponibile nei confronti di fan e appassionati, attivo fino alla fine. Vorrei pure citare, senza ragione apparente, la sua partecipazione da attore in Hostel II, uno dei camei più simpaticamente indovinati che io ricordi.
Ed è proprio spaziando tra i generi che ho voluto scegliere il film attraverso cui omaggiare la memoria di Ruggero Deodato. Sono andato su un titolo magari tra i meno menzionati in queste ore ma non per questo meno importante. Il mio preferito della sua filmografia. Mi riferisco a Uomini si Nasce Poliziotti si Muore del 1976, prima e unica incursione del regista in un filone che amo come quello del poliziottesco.
Al primo (e purtroppo ultimo) tentativo, Ruggero Deodato lascia il segno con un fiero esponente di categoria, uno di quelli che rientrano tranquillamente in un ipotetico (e, per fortuna, nutrito) gruppo di titoli da consigliare a un neofita che decide di approfondire il mitico poliziesco all’italiana. Una sorta di ‘buddy cop’ ante litteram, che segue le regole del genere a cui il regista aggiunge e integra lo stile delle proprie, dal ritmo elevato, scorretto e con una dose di violenza sopra la media che porta a ricordarlo come uno dei più crudi e brutali in questo senso.
L’idea di Uomini si Nasce Poliziotti si Muore viene a un altro pezzo da novanta come Fernando Di Leo, il quale firma prima il soggetto (con i produttori Alberto Marrias e Vincenzo Salviani) e poi la sceneggiatura, che viene proposta ad un Ruggero Deodato in piena risalita dopo il discreto successo di Ondata di Piacere dell’anno precedente, che aveva segnato il suo ritorno al cinema dopo un lungo periodo di tv e spot pubblicitari, altri campi in cui si è sempre mosso con disinvoltura. I due ebbero modo di incontrarsi una sola volta per la prima lettura del copione, a Ruggero Deodato venne concessa piena libertà creativa e di scelte, con Di Leo che in seguito si disse molto soddisfatto della riuscita sullo schermo del suo script.
A mettere le cose in chiaro ci pensa un prologo che diventa specchio dell’intero film. Musica pop/soft rock in sottofondo, i due protagonisti girano in moto capelli al vento quando la quiete viene interrotta da un ferocissimo scippo in cui una malcapitata viene prima trascinata e poi presa a calci in faccia da due malviventi in sella ad un altro ciclomotore.
E’ la miccia che scatena una sequenza funambolica che finisce di diritto tra le note di merito di Uomini si Nasce Poliziotti si Muore, un lungo inseguimento motociclistico nel mezzo del traffico romano, da Via del Corso a Piazza del Popolo, passando per gli interni (letteralmente) del bar nei pressi della Chiesa degli Artisti, il Muro Torto, la scalinata delle Belle Arti, fino a Piazza Monte Grappa. Una serie di prodezze a oltre cento all’ora, moto che salgono sulle auto, percorrono gradini, sfrecciano tra veicoli e pedoni, con piloti rigorosamente senza casco.
E, soprattutto, senza alcun tipo di permesso da parte del Comune di Roma, con Ruggero Deodato e la sua crew in costante apprensione per i controlli delle forze dell’ordine, per una scena iniziale in realtà girata per ultima, a conclusione di tutte le riprese. Mette in chiaro, dicevo, non solo dal punto di vista dell’azione, ma fondamentalmente anche di quello della violenza e del modus operandi dei due sbirri, non a caso vediamo il personaggio di Antonio chiudere la scena infliggendo un inaspettato colpo di grazia a uno dei due rapinatori ormai inerme e sul punto di essere arrestato.
Un gesto inequivocabile che indirizza subito la caratterizzazione dei due poliziotti del titolo, appartenenti a una squadra speciale che predilige l’omicidio come soluzione al crimine, in una vocazione più da giustiziere che da tutore della legge in senso etico. Una sorta di ‘next level’ della figura del commissario integerrimo dai modi spicci ed incline alla violenza, una coppia di piedipiatti giovani, piacenti, audaci, scavezzacollo.
Che risolvono questioni a cazzotti o, più spesso, a suon di pallottole. Sabotano bische dando fuoco ad auto di lusso, sventano rapimenti e rapine con comportamenti da killer, sparando anche a chi si arrende, se non proprio di soppiatto intervenendo armati di pistola con silenziatore. Un campionario di violenza che tra le altre cose include dettagli di colpi di pistola alla nuca con fuoriuscita dalla fronte, alla bocca, un tizio schiacciato tra due auto, torture e un occhio cavato con un pollice – scena purtroppo tagliata dopo pochi fotogrammi, che prevedeva la fuoriuscita del bulbo e l’inquadratura sul tacco che lo calpesta.
Una sequenza, quest’ultima, che Ruggero Deodato aveva pensato ispirandosi (e omaggiando) a quella dell’orecchio in Django di Sergio Corbucci. Violenza come elemento cardine di una buona parte del cinema del regista, che si diletta nel portarla in scena con quel realismo da lui spesso orgogliosamente definito rosselliniano. Lo stesso realismo con cui affronta le scene d’azione, dalle sparatorie agli inseguimenti, con fare dinamico e adrenalinico, catapultando lo spettatore al centro di una scena avvolgente.
Un prodotto come Uomini si Nasce Poliziotti si Muore per funzionare ha ovviamente bisogno di un casting azzeccato. Cosa che avviene puntualmente con la scelta del duo Marc Porel e Ray Lovelock, dopo che uno dei due ruoli era stato proposto ad Al Cliver che aveva lavorato con Ruggero Deodato nel precedente Ondata di Piacere e che rifiuta l’offerta ritenendo lo script troppo violento, per accettare un ingaggio ne Il Colpaccio di Bruno Paolinelli, film che otterrà scarso successo, con Cliver che ammetterà (con rammarico) di aver preso palesemente un granchio.
I due giovani, 27 e 26 anni, indossano alla perfezione i panni degli sbirri senza regole, sprezzanti del pericolo e dal grilletto facile, puttanieri incalliti – in barba al soggetto di Fernando Di Leo che prevedeva riferimenti ad una omosessualità più o meno latente tra i due che verrà convertita in altro da Ruggero Deodato.
Il regista, dal carattere mite ed empatico, non avrà problemi a gestire un soggetto turbolento come Marc Porel, irruento, fragile e già alle prese con quei problemi che ne segneranno il destino. Il francese mostra un buon feeling sullo schermo col più pragmatico Ray Lovelock, al netto di qualche gioco/sfida di supremazia visiva come nel già citato prologo in moto, in cui Porel prova a impallare il volto di Lovelock che a sua volta tenta di spallarsi spostando il capo a destra e sinistra; i due non si frequentano fuori da un set su cui lavorano in sintonia, senza screzi a differenza delle voci che si susseguiranno negli anni successivi e che saranno smentite dallo stesso Lovelock, che racconterà di aver tranquillizzato sull’argomento persino il padre del collega al cui orecchio era giunta la stessa versione burrascosa.
Un Ray Lovelock a cui Ruggero Deodato regala l’occasione di mettere in mostra la sua seconda passione, quella musicale, coi i due brani Won’t Take Too Long e Maggie inseriti nella colonna sonora cantati dall’attore angloitaliano. Brani solari ed orecchiabili, vagamente bobdylaneggianti, che confermano un altro tratto distintivo di Ruggero Deodato, quello di raccontare per contrasto, con la violenza realistica che era ritratto fedele di un momento storico delicato messa in contrapposizione a canzoni dal mood positivo, quasi allegro.
Un gioco di contrasti che include battute o momenti ironici, come il cameo di Alvaro Vitali alle prese con un giornaletto rigorosamente porno. Ironia che viene veicolata anche dal personaggio del capo della squadra speciale affidato alla classe di Adolfo Celi, che spesso sdrammatizza sul comportamento dei suoi sanguinari sottoposti, e che insieme a Renato Salvatori (doppiato, come spesso gli accadeva, nel ruolo del bad guy) conferisce lustro ed esperienza al cast.
Alle sorelle Dionisio la quota femminile, la bella Silvia (all’epoca moglie di Deodato) è la poliziotta corteggiata dal duo ma difficile da scardinare, le scene di nudo toccano a Sofia, che avrà un focoso flirt con entrambi i protagonisti. A completare il cast il consueto numero di caratteristi affidabili tipico delle nostre produzioni di genere, da Franco Citti (doppiato da Ferruccio Amendola) a Marino Masè, passando per Bruno Corazzari e Claudio Nicastro.
Uomini si Nasce Poliziotti si Muore esordisce nelle sale italiane l’11 marzo del 1976, registrando a fine corsa quasi 750 milioni di lire di incasso, un grande successo al botteghino che avrebbe potuto essere anche maggiore se non ci fosse stata la concomitanza di un altro cult come Squadra Antiscippo di Bruno Corbucci, capostipite della serie con Tomas Milian nei panni di Nico Giraldi, che sbaragliò il box office superando i due miliardi di lire.
Numeri che portarono a una distribuzione all’estero – con il titolo Live like a Cop, Die like a Man, che paradossalmente ribalta il senso di quello italiano – e che fecero pensare a un sequel mai realizzato per svariati motivi; le solite voci infondate avevano dato la colpa ai presunti litigi tra Porel e Lovelock, in realtà Ruggero Deodato parlerà di mancati accordi tra gli agenti degli attori nonché di dissapori tra i due produttori con Vincenzo Salviani, che voleva confermare il regista mentre Alberto Marras voleva dirigerlo in prima persona, ripiegando poi sulla regia del modesto L’Avvocato della Mala.
Inutile dire che la critica dell’epoca notoriamente sempre sul pezzo (dimmé) si affrettò a bollare Uomini si Nasce Poliziotti si Muore come fascista e qualunquista, mentre quel galantuomo del tempo gli ha reso giustizia (come per tantissimi altri casi analoghi) grazie all’amore e la competenza di fan più o meno famosi – ogni riferimento a Quentin Tarantino (che ha definito il film come uno dei più grandi di tutti i tempi) non è casuale.
Lasciare il segno in un filone al primo e unico colpo non è cosa da tutti. Ruggero Deodato ci è riuscito con Uomini si Nasce Poliziotti si Muore. Poliziottesco cupo e violento, considerato tra i migliori del filone e, per quanto mi riguarda, della carriera di un regista che non ha mai avuto paura di osare, di imporre il suo stile, di stimolare una riflessione, di colpire lo spettatore.
Di seguito il trailer internazionale di Uomini si Nasce Poliziotti si Muore:
© Riproduzione riservata