Voto: 6/10 Titolo originale: Dracula , uscita: 30-07-2025. Budget: $40,000,000. Regista: Luc Besson.
Dracula – L’amore perduto: la recensione del film vampiresco di Luc Besson
28/10/2025 recensione film Dracula - L’amore perduto di Alessandro Gamma
Il regista francese reinventa il mito come tragedia romantica: immagini potenti, cast in forma e invenzioni audaci, ma anche lungaggini e scelte didascaliche

Luc Besson affronta il mito di Dracula scegliendo la via meno ovvia: non il gotico di ombre e superstizioni, ma una tragedia romantica che attraversa i secoli. Il prologo nel Quattrocento mostra un principe innamorato che perde l’amata e, sfidando il cielo, si condanna all’eternità vampirica; molte ellissi dopo, a fine Ottocento, tra salotti parigini e manicomi, un sacerdote sulle tracce dei non-morti s’imbatte in una giovane con i segni della maledizione e in un avvocato destinato a varcare la soglia del castello. Quando Dracula rivede nel volto di Mina l’immagine di Elisabetta, il racconto diventa un triangolo in cui seduzione, colpa e desiderio cancellano il confine tra fede e dannazione.
La forza e la fragilità di Dracula – L’amore perduto nascono dalla stessa scelta: spostare il baricentro dal terrore alla passione. L’ambientazione nella Belle Époque, con Parigi al posto di Londra, consente a Besson di lavorare sul contrasto tra modernità scintillante e superstizione arcaica, trasformando il conte in un pellegrino dell’amore più che in un predatore. L’innesto del sacerdote al posto del cacciatore tradizionale porta con sé un’idea interessante (la caccia come confronto morale, non solo fisico), ma il duello spirituale resta spesso enunciato più che sviluppato.
Quando il film osa – il profumo capace di attrarre le vittime come un canto sensoriale, i piccoli gargoyle che custodiscono il castello, la scena alla corte di Versailles, l’assalto al convento che si muta in trance collettiva – se ne avverte la personalità: immagini che legano sensualità e potere, estasi e violenza. Quando invece deve far avanzare la trama, si affida a scorciatoie: la trasformazione iniziale in vampiro è postulata più che costruita; alcuni passaggi centrali si dilatano e ripetono il medesimo conflitto (l’ossessione del conte, l’indugio di Mina) fino a smorzarne l’urgenza; l’epilogo “chiuso” sacrifica ambiguità e vertigine all’efficienza del racconto.
Caleb Landry Jones (Dogman) regge il film con un Dracula fisico e febbrile: anziano decrepito o giovane magnetico, non scivola mai nella caricatura e fa sentire la ferita che lo muove. Zoë Bleu Sidel sdoppia innocenza e memoria, scintilla e specchio della perdizione; Christoph Waltz, sacerdote fuori registro rispetto al canone, sceglie sottrazione e pragmatismo, evitando l’istrionismo che ci si potrebbe aspettare.
La messinscena è ricca: costumi, arredi, saloni e candelabri costruiscono un mondo sensuale e spettacolare; la fotografia predilige nitore e chiarezza più che tenebre espressioniste, scelta coerente con l’impronta melodrammatica ma talvolta troppo levigata; la partitura musicale avvolge e trascina, sostenendo tanto i sospiri quanto le lame.
Il confronto con le grandi versioni del passato è inevitabile. Besson rinuncia alla paura come fine e conserva la violenza come conseguenza: il vampiro che seduce e morde non per vizio ma per necessità, la folla che s’inchina non solo per terrore ma per desiderio. È un gesto coerente con il suo cinema, da sempre attratto dagli archetipi riplasmati in chiave sentimentale. Proprio per questo colpisce quando abbraccia l’eccesso visionario (la coreografia dei corpi, l’icona del profumo, i custodi di pietra), e delude quando appiattisce la complessità del mito in una linea retta che spiega e conclude.
Ne risulta un’opera diseguale: a tratti lirica e sensuale, a tratti didascalica; capace di imprimere nella memoria alcune sequenze potentissime e, insieme, di perdersi in allungamenti che tolgono aria al rovello del conte.
Si può discutere se servisse davvero un altro Dracula. Questa versione ha però il merito di scegliere, con coraggio, il melodramma al posto dell’orrore e di ricordare che, spogliato del suo mantello di paura, il vampiro resta una figura del desiderio e dell’attesa.
Quando il film abbraccia fino in fondo questa intuizione, tocca corde nuove; quando rientra nei binari del “classico ben fatto”, tradisce la propria ambizione. L’amore, qui, è insieme salvezza e condanna: un impulso che illumina il quadro e al tempo stesso lo satura, proprio come la messa in scena di Besson. Non la migliore incarnazione del mito, ma una deviazione d’autore che, tra invenzioni riuscite e cadute d’enfasi, lascia almeno una scia di immagini e suoni che continuano a mordersi la coda nella memoria.
Vi lasciamo con la nostra intervista esclusiva con Luc Besson.
Di seguito trovate il trailer doppiato in italiano di Dracula – L’amore perduto, che sarà nei nostri cinema il 29 ottobre:
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