Il regista torna sulle scene con una horror comedy ambiziosa nelle intenzioni, che manca però di verve comica e di personalità nei suoi personaggi
Gli zombie hanno ormai una cinematografia sterminata, dai primi lenti esemplari che popolavano La notte dei morti viventi di George A. Romero a quelli (meno celebri) evocati con riti voodoo in Il serpente e l’arcobaleno (la recensione) di Wes Craven, dagli infetti ipercinetici di 28 giorni dopo di Danny Boyle a quelli prodotti dal virus T nel franchise di Resident Evil. Tornando al vasto sottogenere, sono stati poi infiniti i titoli che si sono aggiunti ad allungare la lista negli anni, dagli low budget intimistici come il recente La Notte Ha Divorato Il Mondo (la recensione) di Dominique Rocher alle horror comedy più scanzonate come Benvenuti a Zombieland e il sequel Zombieland – Doppio Colpo (la recensione) di Ruben Fleischer, fino alla variante zombie romance alla Warm Bodies di Jonathan Levine.
Tratto dall’omonimo romanzo di Jeff Hart – ed evidente presa in giro ironica dell’opera di Elizabeth Gilbert Mangia Prega Ama (Eat Pray Love) – il film vede come protagonista Jake (Jake Cannavale), il solito emarginato da scuola americana innamorato della più bella della classe – ovviamente una cheerleader – di nome Amanda (Angelique Rivera). Lo vediamo in apertura mentre fantastica su di lei in un sogno, poi quando viene bullizzato dal fidanzato giocatore di football. Tuttavia c’è una buona notizia: lei lo ha appena lasciato e sembra finalmente essersi resa conto dell’esistenza di Jake.
Purtroppo, però, c’è anche una nota negativa, entrambi hanno contratto in maniera diversa un misterioso virus a trasmissione sessuale che causa una fame incontrollabile e li porta a divorare i loro compagni, senza lasciare alcun superstite. Per loro fortuna, al contrario di quanto vuole la tradizione, una volta saziati tornano umani, esattamente come prima del contagio e sono così pronti a scappare dalla scena del crimine. Certo, lasciare un’intera classe fatta a pezzi nella mensa della scuola non può che attirare l’attenzione generale. In particolare, quella poco gradita di un’agenzia governativa, la EBL, che invia una squadra di ‘eliminatori’ di cui fa parte Cass (Sarah Yarkin), una potente telepate capace di scovare chiunque e ovunque.
Strambo e sconclusionato ibrido di zombie-mutanti, Eat Brains Love combina – e punta tutto – sui due dei massimi cavalli di battaglia dell’ultima decade, ma li sfrutta malamente entrambi. Per distinguersi, non mette in scena il solito scenario apocalittico popolato di infetti ai quali i protagonisti devono sfuggire, ma ribalta la prospettiva, raccontando tutto dal punto di vista di quelli che di norma sono ormai diventati solo mostri disumani da uccidere senza pietà, dandogli un volto nuovo. L’idea (non originale, visto che si tratta di un adattamento) è anche interessante, ma la resa è maldestra e il cast decisamente privi di verve. Il tentativo, visto anche il voice over che ci introduce l’epidemia in apertura, è quello palesemente di emulare il tono spiritoso e leggero di Zombieland, ma mancano sia lo humor nei dialoghi e negli eventi descritti, sia soprattutto nei personaggi.
Lo stesso vale per il modo in cui sono messi in scena gli eventi in Eat Brains Love. Alcune intuizioni avrebbero anche potuto anche essere spassose, come la scelta del proprio pranzo da un menù di pedofili, neonazisti e clown (la colpa di quest’ultimo è meno chiara rispetto agli altri …), ma sono rese da uno scambio di battute senza ritmo e senza mordente. Come poi gli interessati riescano a rapire il loro ‘banchetto’ in modo di evitare vittime collaterali non è chiaro, né mai inquadrato.
Li vediamo semplicemente in macchina che viaggiano e discutono sul modo di scegliere la loro vittima. Amanda dichiara convinta che non vuole assolutamente diventare una ‘zombie vigilante’, al che Jake replica che devono per forza mangiare, quindi meglio selezionare con cura i pasti e che loro sarebbero piuttosto degli ‘zombie bounty hunter‘; al che, la coscienza civica di lei si tranquillizza, che poi si nutra di un essere umano non conta granché … Se solo il dialogo avesse avuto un mood più caustico o demenziale, di caricatura del tipo sociale, avrebbe anche funzionato, ma manca l’elemento satirico a renderlo succoso.
In tutto ciò non bisogna scordarsi del tocco ‘superomistico’ conferito all’insieme da Cass, altra figura piuttosto dubbia. Coprotagonista con crisi di coscienza dovuta alla caccia ai due ‘umanissimi’ zombie, la sua lotta interiore ha la superficialità degna del teen movie con dramma amoroso annesso. Anche in questo caso, il personaggio non è abbastanza comico per far ridere, né abbastanza tragico per coinvolgere emotivamente, ma solo lo stereotipo del mutante cacciato a forza nella trama per conferire un po’ di diversità (indubbiamente molte delle debolezze nella trama del film discendono direttamente dal libro).
In ultimo, se manca il lato comico, non c’è nemmeno alcuna tensione a controbilanciare la visione di Eat Brains Love. Qualche sequenza un minimo sanguinolenta (con effetti pratici per fortuna) è presente, ma di sicuro il gore non è il punto di forza su cui gioca il film. Anzi, rimane piuttosto da chiedersi quale esso sia nella mente del regista. Infine c’è il fatto, dato per vero, che qui gli zombie – o meglio infetti – tornino umani come ‘per magia’ una volta nutriti e che chi viene morso non si trasformi, contraddicendo alcune delle regole fondamentali di genere a cui in fondo siamo affezionati, e che peraltro hanno più che senso. Quindi perché cambiarle con qualcosa che non ne ha? Per stupire? Mah.
Di seguito trovate il full trailer di Eat Brains Love, uscito direttamente in VOD il 14 febbraio: