[esclusivo] Intervista a Stanley Tong, da Kung Fu Yoga alla crescita del mercato cinese
17/07/2017 news di Alessandro Gamma
Abbiamo incontrato il produttore e regista, tornato dietro alla mdp dopo 12 anni per creare il blockbuster 'perfetto'
Ex stuntman, regista e produttore, Stanley Tong ha alle spalle quasi 30 anni di carriera, iniziata dietro alla mdp nel 1989 con Iron Angels 3 (co-diretto a quattro mani assieme a Teresa Woo) e proseguita con titoli arrivati anche dalle nostre parti – per merito soprattutto della presenza nel cast di Jackie Chan – come Supercop (1992), Terremoto nel Bronx (1995) e The Myth – Il risveglio di un eroe, ultimo film da lui diretto nel 2005. Dopo 12 anni di ‘pausa’ registica, il sodalizio con la superstar è ripreso quest’anno con Kung Fu Yoga (la nostra recensione), pellicola che ha segnato il miglior incasso di sempre per un film di Chan in Cina (255 milioni di dollari a fronte di un budget di 65 milioni).
Durante l’ultima edizione del BIFFF di Bruxelles, abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Tong, che tra le altre cose ci ha svelato la ricetta perfetta per creare un blockbuster di successo:
Cosa l’ha spinta a tornare a dirigere un film dopo così tanti anni?
Dopo The Myth ho cominciato ad occuparmi maggiormente della produzione, sia al cinema che in televisione e ho fatto alcuni investimenti in sale cinematografiche, ristoranti e pellicole per studi con cui stavo lavorando e come regista. Sai che se non continui a lavorare con costanza e ti ‘disconnetti’ dal pubblico più giovane, diventi un regista vecchio. Un regista non guadagna molti soldi, capisci cosa intendo? Ho visto molti registi in là con gli anni rasentare la soglia della povertà. Così, dopo The Myth, mi sono detto che avrei dovuto cominciare a pensare seriamente al mio fondo pensione! [ride] L’aver investito nelle sale cinematografiche mi permette di avere dei report mensili sui film usciti, come va il mercato, quali sono gli investimenti, come va il box-office e soprattutto cosa piace al pubblico e cosa no. Ho fatto molte ricerche, perchè ormai il mercato cinese si sta aprendo e resta il maggior mercato per i film cinesi, quindi per un filmmaker è importante capirne le dinamiche. Il risultato del mio studio è che, al primo posto delle preferenze degli spettatori cinesi – circa il 34% – ci sono le commedie, perchè la gente vuole andare al cinema per rilassarsi. Al secondo, col 32%, ci sono i film d’azione e infine, ma qui siamo intorno al 99%, ci sono le storie romantiche. Tenendo questi dati a mente, negli ultimi anni ho sentito Jackie e siccome in passato abbiamo fatto alcune cose buone mi ha chiesto di scrivere qualcosa di nuovo per lui. Allora ho cominciato a cosa potesse fare presa sul pubblico. Scegliendo un nuovo Police Story o un Terremoto nel Bronx 2 sapevo che le ragazze non avrebbero apprezzato molto il soggetto, che per forza di cose quando ci sono di mezzo i criminali deve essere serio e questo si scontra un po’ con la presenza di Jackie, che invece è perfetto per le action comedy. Oggi abbiamo 25 anni in più della prima volta che ci siamo incontrati, quindi sapevo di dover lavorare maggiormente sul suo personaggio invece che limitarmi a fargli fare acrobazie e combattimenti contro i cattivi come quando eravamo più giovani. Così l’ho reso un professore, una specie di Indiana Jones che incontra James Bond, un personaggio che comunque va d’accordo con la sua età. In più, so che alla gente piacciono le cacce al tesoro e le location esotiche, per questo ho deciso di ambientarlo tra Dubai, India e Cina. Inoltre, so altrettanto bene che specie gli spettatori più giovani avrebbero potuto non essere interessati a un film di Stanley Tong & Jackie Chan, per questa ragione ho scelto attori giovani e belle ragazze. Il risultato è che il film è andato in cima al botteghino, doppiando gli incassi di Chinese Zodiac [2012]. Un grosso problema di questi tempi in Cina è che dopo l’uscita in sala, in 3/4 settimane il film si trova giù su Internet, quindi se il tuo film non è un grande evento da vedere assolutamente sul grande schermo, la gente preferisce aspettare e vederlo in streaming. Ho dovuto quindi capire come fare. Infine, c’è Jackie Chan, un attore che ha interpretato decine di ruoli in carriera e quindi non è semplice scrivere un personaggio nuovo per lui. Essendo classificato come action/adventure, ho dovuto poi pianificare 7 sequenze d’azione in Kung Fu Yoga per 105′ di film, oltretutto per un pubblico oggi ha una soglia di pazienza sempre più bassa. Questo ti porta a dover riempire la sceneggiatura con momenti d’azione nuovi alternati a momenti divertenti. Inoltre, devi cercare di tenere le cose su un piano semplice, se provi a rendere il film ‘complicato’ la gente tende ad addormentarsi, perchè non è quello il motivo per cui ha acquistato il biglietto.
Kung Fu Yoga però è una sorta di sequel di The Myth …
In verità solo il personaggio di Jackie è lo stesso visto in The Myth. Tutti gli altri sono nuovi e ho cercato di fare qualcosa di più contemporaneo. The Myth era un viaggio indietro nel tempo e raccontava una storia d’amore romantica. Questo è il motivo per cui non l’ho chiamato The Myth 2, non volevo dare al pubblico il messaggio sbagliato.
Per quanto riguarda la coproduzione con l’India, si tratta credo di una delle prime tra i vostri paesi giusto?
Quando abbiamo inizialmente cercato di organizzare la coproduzione con diverse compagnie, queste si sono presentate chiedendo di aver il controllo creativo. Questa è la parte difficile del fare un film … Faccio un film indiano di Jachie Chan o un film di Jackie Chan che è solo ambientato in India? Capisci cosa intendo? Alla fine non siamo giunti a un accordo, quindi abbiamo girato il film e alla fine abbiamo soltanto coinvolto un distributore per aiutarci. E’ stato più semplice così. Si tratta comunque di un film cinese parlato anche in inglese realizzato da Chan & Tong, un’associazione di nomi distintiva per il pubblico, con un tono ben distinto dal resto delle pellicole a cui partecipa Jackie con altri registi. Nei miei film vedi delle sequenze d’azione molto serie seguite da improvvisi momenti divertenti che suscitano risate, vedi quelli col leone o quelli con le iene!
Dopo 12 anni ha fatto fatica a tornare alla direzione di un film?
Cerco sempre di pensare a qualcosa di nuovo e la differenza maggiore è che nel 2005 non avevo un grande budget, solo 10 milioni di dollari per The Myth e 6 milioni per Terremoto nel Bronx, pochissimi soldi per quel tipo di film d’azione. Per Kung Fu Yoga ho invece potuto contare su un budget più sostanzioso, quindi ho cercato di dare al pubblico di più, ho girato in Islanda, a Dubai, in India, provando a dare al pubblico un motivo per venire fino al cinema a vederlo.
Mi dica qualcosa sulla grande sequenza di inseguimento con le automobili sportive di Dubai, che non può che far venire in mente in qualche modo quelle di Fast & Furious
Si, ma è qualcosa di diverso. Quando ho iniziato a fare film a Hong Kong ero solito occuparmi anche degli stunt con le macchine, ma erano tutte di scarsissimo valore, perchè non avevamo soldi! Mi dicevo: ‘Un giorno girerò una sequenza di inseguimento con le macchine più lussuose del mondo!’ Non sono sicuro che Fast & Furious possa vantare tutte le Bugatti, Ferrari, Lamborghini, Mclaren e Viper che ci sono in Kung Fu Yoga … Ma come rendere una sequenza di questo genere diversa da una qualsiasi vista nei film con Vin Diesel, o in James Bond o Mission: Impossible o Bourne? A Dubai la gente usa tenere in casa bestie selvatiche come animali da compagnia e da qui mi è venuta l’idea di un leone da mettere nell’abitacolo con Jackie. In questo modo a nessuno può venire in mente di fare paragoni!
Ho sentito che sta preparando un nuovo adattamento di City Hunter
No, non me ne sto più occupando.
Negli ultimi 10 anni il mercato cinese si è allargato tantissimo. Ritiene che i film locali riescano a competere con quelli hollywoodiani?
E’ vero. Pensa che solo in Cina, l’uscita di Titanic in 3D ha incassato di più che in tutto il resto del mondo. Alcuni film americani, come xXx 3, che non hanno incassato bene in patria, in Cina sono in cima la botteghino. La Cina è diventata un mercato molto importante anche per film americani, europei e anche indiani. Ci sono però delle quote prefissate di titoli che possono essere importati ogni anno, ma questo problema viene risolto attraverso le coproduzioni, alcune molto ‘stiracchiate’, di facciata, che però non stanno funzionando molto. Per le coproduzioni con Hong Kong e Taiwan la situazione è migliore invece. Tutti cercano di ritagliarsi la loro fetta di mercato, anche la Francia per esempio. Ogni filmmaker però deve avere ben presente che se la storia che vuole raccontare non funziona nemmeno a casa sua, è difficile che funzioni per un pubblico più ampio in giro per il mondo. Io sono cresciuto a Hong Kong, una città da 7 milioni di abitanti. All’epoca, Terremoto nel Bronx infranse il record di incassi, con 8 milioni di dollari! Di questi, il filmmaker ne porta a casa 1/3, questo è quanto puoi pensare di mettere in tasca al massimo per un tuo film. Se vuoi crescere e guadagnare di più, devi cominciare allora a pensare in grande, a creare qualcosa che possa essere apprezzato ovunque. Non fermarsi a raccontare storie solo per la gente di Hong Kong, all’estero a nessuno potrebbero interessare. Per questo motivo ho scritto due film della serie Police Story ambientandoli in Malesia e Thailandia. Conquista il mercato asiatico per prima cosa, poi pensa all’America, con Terremoto nel Bronx. Cerca di realizzare un film che possa essere venduto in molti mercati. Questo può garantire i soldi sufficienti a competere con le produzioni di Hollywood. Quando hai soltanto il 5% del budget di un film americano, come puoi pensare di competere?
Come è cambiato invece il pubblico cinese?
Sai, fino a 15/20 anni fa era molto diffusa la pirateria, ma questo ha in effetti aiutato i più giovani ad entrare in contatto con la cinematografia americana. Sopratutto le serie TV, che in Cina non vengono importate. Hanno ampliato le conoscenze cinematografiche e aiutato a far imparare un po’ l’inglese. Ora escono 50/60 film stranieri all’anno e aumenteranno. Il problema è soprattutto la barriera linguistica, specie per i paesi più piccoli, come quelli dell’Europa. La gente fa fatica a seguire i sottotitoli, perchè si perde la recitazione, e il linguaggio del corpo è fondamentale per capire cosa il film sta dicendo. Ogni paese ha il suo ‘stile’, che spesso non viene recepito a dovere al di fuori dei suoi confini, per questo si fa fatica a penetrare in altri mercati. Pensa alle battute … Come verranno recepite in un paese straniero? Torno a dire che registi e produttori devono capire prima questo assunto se vogliono vendere il loro film al di fuori dei confini nazionali. Faccio questo lavoro da molti anni ormai, sia come produttore che come regista, ho fatto film internazionali, lavorato con persone molto differenti, quindi ho imparato a semplificare molto il linguaggio dei miei film, così che possano essere compresi da ogni società e cultura senza grossi problemi.
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