Home » Cinema » Sci-Fi & Fantasy » I Am Mother: la recensione del film con Hilary Swank, dove maternità e I.A. si incontrano

Voto: 7/10 Titolo originale: I Am Mother , uscita: 07-06-2019. Regista: Grant Sputore.

I Am Mother: la recensione del film con Hilary Swank, dove maternità e I.A. si incontrano

10/06/2019 recensione film di William Maga

Il regista Grant Sputore debutta - distribuito da Netflix - con un'intelligente analisi del comportamento umano che è anche un thriller squisitamente inquietante

I Am Mother (2019) film netflix

E se l’intera razza umana si fosse estinta e il destino della nostra specie fosse nelle mani di un robot? E se questo robot fosse un essere estremamente affabile, empatico, quasi ‘troppo’ umano e con una voce morbida (di Rose Byrne, che va esclusivamente sentita in lingua originale …), straordinari livelli di pazienza e una gamma di gesti materni da mostrare? All’inizio di I Am Mother – intrigante thriller sci-fi distribuito in esclusiva da Netflix – il regista esordiente Grant Sputore ci introduce a Madre, un androide insolitamente gentile e incredibilmente affascinante che sembra incarnare tutte queste qualità e altro ancora. Allo stesso tempo, più conosciamo Madre, più ci rendiamo conto che non ne sappiamo molto di “lei”.

La guardiamo mentre passeggia per quello che sembra essere una sorta di bunker nucleare, manovrando macchine futuristiche e mostrando un ‘trucchetto’ dopo l’altro per crescere la sua figlia umana, ma non sappiamo nemmeno dove esattamente e quanto lontano nel futuro ci troviamo. Ma, mentre sempre più domande ci balenano nella mente, una certezza resta: se la Madre di Grant Sputore non è un normale robot, neanche la ragazzina è un essere umano ordinario.

I AM MOTHER poster filmÈ il “days_since_extinction_event: 001” quando Madre seleziona un embrione umano da allevare tra i 63.000 contenuti nella struttura, ottenendo la simpatia del pubblico con i suoi ingegnosi, a volte persino i comici, tentativi di gestire la maternità. La relazione tra le nostre due protagoniste – i cui nomi sono, letteralmente, Madre e Figlia – si sviluppa tra una storia della buonanotte e l’altra, e la giovane figlia (Tahlia Sturzaker) arriva ad avere un’infanzia che potrebbe anche essere definita ‘normale’. Gioca, fa domande, decora le braccia meccaniche di sua madre con adesivi e rapidamente diventa pratica del limitato mondo che chiama casa.

Gli umani possono essere meravigliosi“, afferma Madre, e ci meravigliamo di quanto umano possa essere il robot. Certo, un’interruzione di corrente può metterla fuori gioco e i suoi metodi di insegnamento possono essere non convenzionali se non addirittura discutibili, ma nessuno è perfetto. Dopotutto, “le madri hanno bisogno di tempo” per imparare come allevare un bambino, e questa Madre è sicuramente la più empatica, premurosa e amorevole che Figlia avrebbe potuto desiderare.

Ben 13.867 giorni dopo l’estinzione, Figlia (ora interpretata dalla promettente Clara Rugaard) è un’adolescente e Madre non è più solo una figura materna, ma assume anche il ruolo di sua insegnante. Nono di inglese e matematica: la ragazza sa come eseguire procedure mediche e può citare Immanuel Kant in argomenti filosofici. Mentre Madre prova a lavorare sulle proprie capacità comunicative e sulle proprie battute comiche, Figlia è più curiosa che mai. Conosce a menadito il bunker, ma continua a esplorare e a mettere in discussione il mondo che la circonda.

Il che non significa solo guardare vecchie puntate del Tonight Show nel tempo libero: quando Madre si ricarica e l’unica creatura che respira rimasta sulla Terra è lasciata sola con le sue domande, questa desidera ardentemente un legame umano e si meraviglia dei racconti che le sono stati narrati nel tempo sulla tossicità del pianeta. Quando trova infine il coraggio di scoprirlo da sola, raggiunge la porta del bunker ed è lì che il suo intero mondo viene stravolto.

Clara Rugaard in I Am Mother (2019)I Am Mother tocca tutti i punti che ci si aspetterebbe di trovare in un film incentrato sull’Intelligenza Artificiale, ma non si ferma qui. Questo cyborg è anche una mamma che sembra allevare il primo di una nuova generazione di esseri umani, e questo è esattamente ciò che rende l’approccio di Grant Sputore alla fantascienza così fresco.

La sceneggiatura perfettamente sincronizzata dello sceneggiatore Michael Lloyd Green ci consente di assistere a questa relazione madre / figlia unica nel suo genere, e le splendide prove di Clara Rugaard e Luke Hawker (Madre) trasformano due personaggi già stratificati e affascinanti in pura emozione.

Quando vediamo le complesse dinamiche che guidano entrambi i protagonisti, non ci chiediamo solamente se Madre abbia veramente la capacità di pensare e provare sentimenti, e se le sue risposte siano state programmate o invece un prodotto geniale della sua mente “artificiale”. Non abbiamo bisogno di trovare la risposta a tutte queste domande: infatti, non è nemmeno il punto del lungometraggio. Mentre Figlia diventa via via più indipendente e il suo rapporto con la genitrice meccanica si evolve, non sono un essere umano e un robot quelli che guardiamo. Le due sono delle sopravvissute guidate da bisogni diversi che stanno ancora provando a capirsi, ed è questo ciò di cui I Am Mother parla.

I Am Mother non è tuttavia soltanto interessante dal punto di vista psicologico. In un film che mette in discussione la natura di tutto ciò che vediamo, è l’introduzione di un nuovo personaggio (Donna, magistralmente interpretata dal premio Oscar Hilary Swank) che altera il delicato equilibrio che tiene insieme questa insolita famiglia. Quando Figlia scopre che un altro essere umano è vivo, tutte le sue certezze cadono a pezzi e l’opera prende una svolta completamente diversa, molto più spaventosa.

L’esistenza stessa di Donna mette in discussione tutto, e noi spettatori siamo altrettanto confusi quanto Figlia quando sentiamo la sua versione della storia. “Che cosa succede se ti sbagli?“, chiede Figlia indagando sulle scelte di Madre. E qui la moralità entra in gioco. Dopo tutto, come si impara a giudicare ciò che è giusto dal torto e a sviluppare proprie idee se hai sempre avuto un solo modello cui guardare per tutta la tua vita?

Hilary Swank in I Am Mother (2019)Sono così tanti i film sull’Intelligenza Artificiale che è ormai difficile per un thriller di fantascienza di questo tipo risultare veramente originale, ma Grant Sputore riesce a creare una storia che, proprio come i suoi personaggi principali, è intelligente, credibile, non convenzionale e che non può essere inscatolata in una sola categoria. I Am Mother appartiene a più di un genere, e questa è la sua vera forza.

Questo thriller distopico è un racconto stimolante con riferimenti arguti (i classici della saga di Alien firmati da Ridley Scott e James Cameron – ma anche il Terminator di quest’ultimo – incontrano 2001: Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick, Ex Machina di Alex Garland e Moon di Duncan Jones) che ruotano attorno a una famiglia non convenzionale in cui dinamiche complesse sono sempre in gioco.

In definitiva, pur imperfetta (si può trovare il pelo nell’uomo a molto di quanto ci viene detto), è un’analisi psicologica di personaggi altamente umani e stratificati che solleva questioni importanti sui nostri valori come società, ma è anche un’indagine su alcuni degli aspetti più oscuri e inquietanti dell’umanità e un thriller fantascientifico angosciante e perfettamente progettato che tiene sulle spine fino al non difficilmente intuibile colpo di scena finale, oltre che un eccellente biglietto da visita per il giovane regista, capace di sfornare un film anche visivamente molto più ricco di quello che il budget limitato avrebbe lasciato intendere prima di girarlo.

Per la nostra spiegazione del finale e degli altri punti poco chiari vi rimandiamo al nostro approfondimento.

Di seguito trovate il trailer internazionale (con sottotitoli in italiano) di I Am Mother, nel catalogo di Netflix dal 7 giugno: