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Il diario da Venezia 78 | Episodio 2: pessimismo e fastidio serpeggiano al Lido

05/09/2021 news di Giovanni Mottola

Del Giudice, Zennaro, la lotta per trovare un posto alle proiezioni della Mostra, la discriminazione per le piccole produzioni e i film in Concorso troppo ermetici

chalamet e zendaya venezia 78

Due giorni prima che gli venisse assegnato il Premio Campiello alla Carriera è morto Daniele Del Giudice. Non lo avrebbe ritirato comunque: lo stadio ormai gravissimo della malattia di Alzheimer, della quale soffriva da quasi vent’anni, non glielo avrebbe consentito. Più che altro sarebbe stato, e sarà alla memoria, oltre che un tributo allo scrittore, una forma di riconoscenza per l’uomo che con la scelta di stabilirsi a Venezia lasciando Roma aveva compiuto il tragitto inverso a quello dei tanti figli di questa città che negli anni, non senza ragioni, hanno deciso di scappare.

Di Venezia non era figlio di letto, anche se certamente diletto, ma di adozione reciproca, in ragione di una comunanza di sensi tra mistero e discrezione. Solo l’amore per la “sua” città lo aveva convinto ad abbandonare l’inguaribile riservatezza – mai in tv a presentare un libro – per organizzare un Festival letterario di nome Fondamenta, per il quale era riuscito a portare in città i più grandi nomi della letteratura mondiale.

Venezia si ritrova a piangerne con dolore la scomparsa negli stessi giorni in cui invoca, con un misto di speranza e indignazione, la liberazione di un altro suo figlio, Marco Zennaro. Ingegnere di 46 anni, piccolo imprenditore, è prigioniero da oltre cinque mesi in Sudan, dove si era recato per risolvere un problema di forniture di trasformatori elettrici prodotti dalla sua azienda. Una vicenda che ha poco di chiaro, a partire dalle accuse di frode che non gli vengono formalmente mosse. Secondo la famiglia e i suoi legali, si tratterebbe di una sorta di rapimento a scopo di estorsione. Zennaro era stato infatti arrestato una prima volta, liberato a fronte del pagamento di una grossa somma di denaro, ufficialmente a titolo di cauzione, e poi riarrestato in aeroporto mentre stava per tornare in Italia.

marco libero venezia 2021Se aggiungiamo che la sua famiglia ha subito minacce e che colui che ne aveva richiesto l’arresto è stato trovato morto nel Nilo, abbiamo tutti gli ingredienti dell’intrigo internazionale. Domenica le barche impegnate nella Regata Storica verranno decorate con un fiocco verde a prua per sensibilizzare sull’argomento, e molti dei vogatori indosseranno una maglietta con la scritta “Marco libero“, che campeggia anche su molti striscioni in bella vista al Lido.

Oltre a queste due storie poco felici nel contorno, anche la Biennale ha avuto le sue belle gatte da pelare in questi primi giorni di Mostra. Gli inconvenienti, pur diversi, tendono ad essere sempre causati dall’alto livello di precauzioni predisposte a contrasto del rischio Covid. I tempi lunghi per sanificare le sale hanno comportato una riduzione del numero dei film proiettabili, con inevitabile incidenza del “peso” delle singole produzioni. Con un palmo di naso sono rimasti, per esempio, Tiziana Beltrame e Alberto De Grandis, rispettivamente sceneggiatrice/attrice e regista di Matrioska, un thriller ambientato nel mondo dei farmaci, in una sequela di omicidi e suicidi, girato tra Marghera e Mestre.

Il loro film abbisogna di circa 50mila euro per essere completato e i due erano convinti che la proiezione del trailer, prevista per oggi, avrebbe costituito un perfetto volano. All’ultimo momento, la cancellazione della proiezione e il misero invito a tenersi pronti in caso si liberasse un posto. Ma organizzare una proiezione in poche ore, senza la necessaria pubblicità, è quasi impossibile. “Per le piccole produzioni la porta è chiusa in faccia” l’amaro commento dei due autori.

Problemi di gerarchie sono alla base anche dell’altro grosso inconveniente di questi primi giorni di Mostra, cioè l’estrema difficoltà nel reperire posti per le proiezioni. Gli accreditati sono suddivisi in tre categorie, in ordine d’importanza: rosso, blu e verde, e solo i pochi appartenenti alla prima sono riusciti a rimediare agevolmente i biglietti attraverso l’obbligatorio sistema della previa prenotazione via internet. Ai possessori degli altri colori il sistema dichiara “sala piena” anche quando è mezza vuota, per l’eventualità che all’ultimo arrivi un rosso. Per di più, questo accade per tutte le sei o sette proiezioni previste per ogni singolo film, nessuna esclusa. Il grosso problema consiste nel fatto che molti possessori dell’accredito blu sono giornalisti, categoria cioè per la quale equivale a un grosso danno professionale non poter assistere alla prima proiezione di un film.

Alcune pellicole, quelle più attese ma non soltanto, risultano dunque impossibili da vedere anche per chi lo fa per lavoro, per non parlare del destino estremamente residuale degli accreditati di colore verde, ovvero i semplici appassionati di cinema. Per trovare i biglietti devono stare tutto il giorno attaccati al computer. Se per caso ne trovano uno, non possono poi vedere il film perché devono rimanere in casa per comprare il prossimo. Questa situazione è comunque destinata a risolversi presto. Sia perché la Biennale, a seguito delle proteste, si è attivata per risolvere gli inconvenienti, sia perché essi sono destinati a risolversi da soli nella seconda settimana, quando come ogni anno la gran parte della stampa straniera farà fagotto in direzione Festival di Toronto, come molti dei film qui presenti nella prima settimana.

il buco film venezia 78 2021Noi per fortuna siamo riusciti a vedere tutto quel che c’interessava, in particolare l’attesissimo Dune di Denis Villeneuve, fuori concorso e in prima mondiale, e Il Collezionista di Carte di Paul Schrader (la recensione).

Qui vogliamo dire soltanto due parole su un piccolo film italiano, onorato però di un invito abbastanza inspiegabile – visto anche che la rappresentanza nostrana ne contava già quattro – per il Concorso principale.

Si tratta de Il Buco di Michelangelo Frammartino, un “non-film” che alterna scene di vita quotidiana di pastori calabresi allo scavo di una grotta da parte di un gruppo di speleologi. Scene di lunghezza estenuante, zero dialoghi, nessun approfondimento dei personaggi, incomprensibile, sino alla didascalia finale, il nesso tra le due situazioni. Si trattava di un omaggio al lavoro di un gruppo di giovani speleologi i quali, nel 1961, ebbero il coraggio di lasciare un nord in piena espansione per dedicarsi all’esplorazione delle grotte del Bifurto, in un luogo rimasto indietro nel tempo e forse dimenticato anche da Dio. Come idea, siamo dalle parti di Ermanno Olmi.

Frammartino sembra averne frequentato la scuola ma senza averne imparato la lezione, rendendo così impossibile allo spettatore appassionarsi a personaggi e vicende. Tanto poco vi è riuscito che la sala, inizialmente piena, al riaccendersi delle luci era ormai pressoché vuota. Erano già tutti a casa a cercare di prenotare il prossimo film.

Di seguito il trailer di Dune: