Titolo originale: V for Vendetta , uscita: 23-02-2006. Budget: $54,000,000. Regista: James McTeigue.
Intervista a David Lloyd su V per Vendetta tra fumetto e film: l’indifferenza per la Portman, il finale ottimista, il valore di una maschera
19/06/2022 news di Alessandro Gamma
Al Comic Con di Zagabria 2022 abbiamo incontrato il disegnatore inglese, ripercorrendo la sua duplice esperienza con Alan Moore e con le sorelle Wachowski
Classe 1950, l’inglese David Lloyd è probabilmente noto ai più per aver illustrato V per Vendetta, seminale fumetto scritto dal venerato Alan Moore e pubblicato per la prima volta tra il 1982 e il 1985.
Altrettanto noto è però l’omonimo film del 2006 diretto da James McTeigue (la recensione) su sceneggiatura delle sorelle Lana e Lilly Wachowski con protagonisti Hugo Weaving e Natalie Portman, un adattamento capace di incassare globalmente oltre 130 milioni di dollari ma – soprattutto – di far ‘scoprire’ al mondo la sardonica maschera del controverso protagonista, un misterioso individuo in cui il desiderio di libertà si fonde con uno spiccato spirito anarchico e sovversivo che opera in una Inghilterra del futuro prossimo distopica e fascista in cui il potere è detenuto da una rigida classe dominante che governa col pugno di ferro su una popolazione ormai rassegnata.
Abbiamo avuto modo di chiacchierare proprio con David Lloyd durante il panel che abbiamo presentato al Comic Con di Zagabria 2022, in cui era ospite speciale, approfondendo il rapporto tra il V per Vendetta a fumetti e quello cinematografico.
Come ha reagito quando hai saputo che qualcuno a Hollywood era intenzionato a ricavare un film da V per Vendetta? Ha in qualche modo contribuito al film?
Inizialmente si trattava di un discorso più che altro di diritti per il film e commerciale – come accade sempre con Hollywood, ma poi il progetto è sta discusso e approfondito e il mio punto di vista era che se avessimo realizzato un film, io ero d’accordo, ma avrebbe dovuto essere un buon film – che poi è tutto ciò che serve. Ho quindi visto la prima sceneggiatura ed era, in effetti, terribile. Non farò il nome dello sceneggiatore, è meglio …
La DC voleva che leggessi la sceneggiatura e dessi loro un mio parere. A quel tempo Alan Moore, il co-autore di V per Vendetta, non aveva alcun interesse in possibili adattamenti cinematografici dal suo fumetto; quindi, non avrebbe mai letto la sceneggiatura. Io però ero stato contattato per un parere, ed era un script tremendo. Ho spiegato loro quindi i motivi. Così, i dirigenti della DC si basarono sui miei commenti per dare una risposta alla casa di produzione hollywoodiana e il progetto non ebbe mai il via libera. Quello che capitò poco dopo, fu che i Wachowski si dedicarono a un certo film intitolato Matrix e V per Vendetta venne accantonato.
Intorno agli anni duemila però – era il 2004 o giù di lì – iniziai a sentire nuove voci che davano i Wachowski di nuovo in ballo con questo progetto e poi notizie sempre più concrete in merito. E poi la pre-produzione ripartì, con Joel Silver e i Wachowski che erano convintissimi di realizzare l’adattamento.
E questa volta, grazie al potere contrattuale che avevano acquisito per il successo di Matrix, i Wachowski non sarebbero stati coinvolti solo come sceneggiatori del film di V per Vendetta, ma anche come produttori, il che era davvero ottimo perché erano grandi fan del fumetto e in questo modo avrebbero avuto molto più controllo e potere decisionale sul risultato finale.
Mi inviarono il copione, che era davvero buono – e in effetti era quello che poi fu utilizzato per il film. Dissi loro perciò che sarebbe stato un buon film e, a chiunque me lo chiedesse, ho sempre risposto che sapevo come funziona Hollywood e che non mi importava, che l’unica cosa davvero importante era di ricavare un buon film dal materiale di partenza originale.
Chiesi comunque a Lana – ai tempi Larry – Wachowski se volesse un mio parere e rispose: “Certo che lo voglio!”. Ero consapevole che non avrebbe cambiato ciò che stavano già scrivendo in maniera sostanziale, ma volevo dare dei feedback e lo feci, specificando gli aspetti che mi piacevano e quelli che mi piacevano meno. Sottolineai anche alcuni problemi a livello narrativo, che hanno poi in effetti sistemato.
E questo è il mio solo contributo al film di V per Vendetta del 2005: hanno preso alcune cose del graphic novel che pensavano potessero funzionare e non hanno usato tutto il materiale disegnato, ma l’essenza del libro è stata colta. La necessità di un pensiero indipendente che spronasse a non diventare parte di una sola tribù, di avere integrità, c’era tutto. E alla fine la macchina hollywoodiana si è messa in moto e la produzione è partita.
Molta gente mi ha chiesto se io abbia avuto un qualche ruolo, se mi abbiano consultato, e la risposta è fondamentalmente no. Hanno fatto ciò che volevano. Il mio input si limitò a leggere lo script e fare del mio meglio perché potesse diventare il migliore possibile.
Riguardo ai due protagonisti del film, Hugo Weaving e Natalie Portman, l’ha sorpresa che siano stati scelti questi due attori? Pensa che siano stati la scelta migliore per i personaggi di V e Evey? Specialmente per le fattezze di quest’ultima, aveva qualcun altra in mente mentre disegnava il fumetto? Ritiene che abbiano fatto un buon lavoro?
No, non ho mai fantasticato su chi avrebbe interpretato V e chi Evey dal vivo. E anche quando ci si intrattiene in questo tipo di fantasie, si finisce per immaginare qualcosa che non si realizzerà, perché sei a Hollywood e sceglieranno chi dà garanzia di successo commerciale. Quindi non mi sono intrattenuto in simili fantasie e non era nemmeno importante ai miei occhi.
Ciò che invece era importante a mio avviso era che la storia di V per Vendetta finisse nelle mani di un ottimo regista e di produttori che sapessero quello che stavano facendo. Natalie Portman ha fatto un ottimo lavoro. Era un nome che richiamava il pubblico in sala e si è dedicata anima e cuore alla storia. È stata anche felice di rasarsi a zero. L’unica cosa per cui ha avuto qualche problema è stato di dover recitare con accento britannico. È stata per questo affiancata a un coach che l’ha aiutata, e alla fine ha funzionato molto bene.
Forse sapete che Hugo Weaving non era la prima scelta per V. Inizialmente era stato scelto un attore inglese di nome James Purefoy, ma per qualche ragione alla fine non ha accettato il lavoro – ma non sono a conoscenza del perché. Poi ovviamente è arrivato Weaving e ha fatto un gran lavoro. Era già solito lavorare nel teatro Nō, il teatro giapponese. Aveva esperienza su come fosse recitare con una maschera perché quando indossi una maschera è necessario trasmettere le emozioni attraverso i movimenti. Non ci si può avvalere delle espressioni facciali.
Ora, quando stavo disegnando V, potevo rendere le espressioni facciali perché la maschera non era qualcosa di rigido quando disegni e quindi puoi usare l’illuminazione per dare risalto e diversi modi di disegnarlo per dare espressività o dare intensità. Invece, non è così semplice fare lo stesso quando hai una rigida maschera, ma credo lui abbia fatto un ottimo lavoro. Sono felice quindi della scelta degli attori e della loro performance.
Per quanto riguarda il copione e delle discrepanze con il graphic novel, cosa pensa della resa su grande schermo del personaggio di Evey?
Il film ha dovuto tagliare parti del racconto, che è sempre un problema. Se fosse stato lungo quanto il libro, avrebbe dovuto durare molto di più. Ogni film deve per forza condensare tutto il materiale originale in qualcosa che riesca a cogliere gli elementi centrali di quella storia. Nel libro, Evey ha un’evoluzione molto differente. Vive un’esperienza del tutto diversa, che doveva essere tagliata. Mi spiace che si sia perso, ma è una di quelle cose che di fatto si fa a Hollywood. Ci sono in ballo molti soldi in una produzione hollywoodiana, anche se V in effetti rappresentava una piccola produzione per i loro standard.
Mi ricordo che durante il tour promozionale del film, durante un incontro per la stampa con Joel Silver e il cast, Joel Silver disse che V per Vendetta era un film con un budget molto limitato [54 milioni di dollari]. E lo era se comparato ai budget spesi in media nei film hollywoodiani, ma si tratta pur sempre di un sacco di soldi. Sapete, nei film hollywoodiani come minimo un terzo dei costi sono destinati alla promozione, perché devono recuperare i dollari. È essenziale. È il modo in cui l’economia hollywoodiana funziona.
L’altro fatto è che il film, specialmente uno prodotto da Hollywood – e non una piccola produzione indipendente – deve poter raggiunge chiunque. Deve scendere a compromessi per incontrare le aspettative del pubblico in termini di violenza, di elementi romantici inclusi nel film. È tutto parte del puzzle, a Hollywood. Bisogna raggiungere il maggior numero di spettatori possibili perché, per fare soldi, un film deve arrivare ovunque. E lo progettano perché ci riesca.
Comparando il film e la graphic novel di V per Vendetta, tutte le criticità nel film sono dovute alla necessità di essere appunto pervasivo. Questo è il motivo per cui è stato un tale trionfo per me, dato che ci sono così tanti aspetti positivi, perché nonostante tali problematicità che hanno rovinato altri adattamenti di ottime opere originali, il risultato finale è stato buono. Questo perché quelli che lo hanno realizzato non erano semplici produttori e registi qualunque a cui è arrivato per le mani un progetto, ma veri fan del fumetto originale.
Vorrei sottolineare anche che, come sapete, le sorelle Wachoski hanno visto in V per Vendetta qualcosa della loro personale vulnerabilità, tipica degli individui che sono giudicati costantemente dalla società. Loro sono bene a conoscenza di problemi culturali che toccano persone che vogliono vivere una vita ‘diversa’. Penso che questo fosse un aspetto molto importante per loro e la ragione per cui volevano adattare V.
L’altra cosa che vorrei aggiungere concerne l’aspetto politico. Nel film, il retroscena politico si riferisce alla situazione americana. L’immagine della guerra nucleare che causa la situazione a cui assistiamo in V per Vendetta. Si tratta di dar rilevanza alla loro prospettiva politica e alla situazione in cui vivono, una cosa diversa dalla prospettiva contenuta nel graphic novel, perché noi eravamo inglesi e abbiamo dato importanza negli anni ’80 ad elementi politici e sociali relativi alla situazione britannica in cui vivevamo all’epoca. Ci eravamo soffermati ugualmente sui pericoli della dittatura e del fascismo, ma noi lo avevamo fatto mettendoci in relazione a ciò che stava accadendo nell’Inghilterra del tempo, in concomitanza con l’ascesa dell’estrema destra. Tuttavia, tali modifiche e compromessi non hanno impedito che ne uscisse un bel film.
Vorrei infine sottolineare che, nonostante le criticità che i fan del fumetto originale hanno notato, il film di V per Vendetta ha raggiunto milioni di persone che non avevano mai letto il fumetto e molte di queste l’hanno poi comprato, un fatto positivo per me – perché prendo le royalties! – e in generale per qualsiasi progetto che persuada più gente a comprare l’opera originale. Si può dire lo stesso di qualsiasi film come Via col vento, o Rebecca la prima moglie, ad esempio.
Parlando invece di grossi cambiamenti non necessariamente negativi apportati dal film rispetto al fumetto, ce ne sono almeno due che balzano all’occhio facilmente: lo sviluppo del personaggio di Dietrich e il finale
Il personaggio di Dietrich [interpretato al cinema da Stephen Fry] mette in primo piano il tema della discriminazione contestualizzandolo nel presente. Nel libro le persone che sono discriminate o hanno differenti orientamenti sessuali sono nel passato. Il cambiamento a cui è sottoposto il personaggio di Dietrich riporta la repressione e persecuzione al momento in cui si svolge il film. Nel fumetto la sequenza in cui Evey si trova per strada e deve trovare una via di salvezza da qualcun altro è qualcosa di determinante nella sua evoluzione, ritrovandosi lei sbattuta nel mondo reale e riportata indietro. Questo non è stato messo nel film, e avrebbe potuto esserlo.
Il finale del V per Vendetta cinematografico invece è completamente diverso dal fumetto. Nel film è molto ottimista. Il semplice fatto che ci sia un che un esercito schierato e armato, ma ci sia il popolo e che il suo potere possa infine vincere su qualsiasi cosa … beh, questo è ottimismo. Noi sappiamo che non succede nella vita reale, o almeno raramente. Tuttavia, è giusto che finisca così, perché la gente ha necessità di ottimismo. Non vuoi uscire dal cinema non sentendoti ottimista e fiducioso. Abbiamo un vendicatore solitario che muore, e questo descrive il meglio che l’essere umano può rappresentare e – Hollywood o meno – non vogliamo che finisca malamente. Ma è, in effetti, una delle principali differenze col fumetto.
Contrariamente al film, il libro ha un punto di vista sul genere umano molto cinico. Se l’avete letto saprete che inquadra la gente come imprescindibilmente criminale. La società elegge i più tirannici, i più malvagi. Ne è piena la storia. Lo fa sempre.
La ragione per cui lo fa è che la gente non pensa ai suoi simili, ma al proprio personale benessere sopra ogni altra cosa. E la gente è così malleabile … Possono essere portati a votare a sostegno di ogni genere di tirannia o di dittatura fintanto che questa dà loro i soldi. Questo è il motivo per cui le dittature in tutto il mondo sopravvivono ancora oggi, perché pagano per essere tenute al potere.
Alla fine di V per Vendetta, il fumetto, si dà libertà alla gente essere ‘buona’ o ‘cattiva’. È un finale del tutto aperto, che i Wachowski non volevano nel film perché non sottolinea come tutti gli individui abbiano infine riconosciuto quanto fossero stati stupidi, malvagi e corrotti e come uniti come fratelli avrebbero potuto sconfiggere un esercito, almeno a livello simbolico. Però non è quello che succede nella vita reale. Tutti sanno che la gente è essenzialmente egoista e che deve seguire qualcuno.
Un altro dei punti centrali del libro è l’anarchia, non in senso caotico, ma nel senso di riconoscere la possibilità che la società possa essere organizzata secondo altri principi, possa prendersi cura di sé senza avere un sistema di leadership centralizzato. Non gli serve un leader che organizzi qualsiasi cosa e si prenda cura di loro. Ciò però non succede mai: ci sono pochissime società in cui si sia tentato davvero.
Gli individui vogliono che qualcuno si prenda cura di loro, vogliono qualcuno che gli dica cosa fare e vogliono far parte di una tribù, circondati da altri che la pensino esattamente allo stesso modo. Perciò, il messaggio centrale di V per Vendetta, nel film come nel libro, è di essere se stessi, di non far parte di una tribù, di mantenere l’integrità, di non essere mosso da ciò che la massa pensa, di avere in mente in modo chiaro cosa tu ritieni essere giusto per te e per gli altri. Ma la gente non lo fa. Prende le scorciatoie e il finale del libro è dove la gente ha la possibilità di essere migliore. Lo sarà davvero? Chi lo sa … ma questo è il motivo per cui il libro è differente.
Soffermandoci all’importanza che V per Vendetta ha ormai raggiunto nella cultura pop globale. Cosa pensa del fatto che la maschera di Guy Fawkes sia divenuta un simbolo universale di protesta e di resistenza alla tirannia?
Non so bene come mai la maschera di V sia divenuta, d’un tratto, un simbolo di protesta. Inizialmente la maschera faceva solo parte del merchandise del film. Qualcuno probabilmente ha usato quella maschera e l’ha gettata da qualche parte. Un manifestante un giorno l’ha trovata e l’ha usata per celare la propria identità, come in effetti molti fanno. In qualche modo, è stato scelta come simbolo per qualcosa.
Non so quanti l’abbiano scelta per il messaggio contenuto nel fumetto contro la tirannia, e quanti sanno davvero che in verità rappresenta Guy Fawkes, a cui il personaggio si ispira per le sue gesta. Il fatto è che è stata usata come simbolo di protesta. Non molto ultimamente, ma c’è stato un momento in cui veniva usata in qualsiasi tipo di protesta, politica e non. È stato usata nella primavera araba, è stata perfino usata – fatto per me molto triste – anche da uno di quelli che hanno partecipato all’assalto al Campidoglio a Washington il 6 gennaio 2021.
Tutto questo si collega al valore intrinseco di questa maschera come simbolo di ribellione contro ogni forma di tirannia; e quella persona al Campidoglio l’ha indossata perché pensava che ci fosse una qualche forma di dittatura che lui si è sentito in dovere di attaccare. Si tratta di una cosa di cui non solo particolarmente contento, ma resta comunque un simbolo universale di protesta.
Qualcuno non sa ancora bene la storia dietro alla creazione dell’ormai iconica maschera di V. Può raccontarcela?
È molto semplice: la maschera viene da un costume di carnevale. Il personaggio di V in generale è ispirato a Guy Fawkes. Quindi l’idea era di farla somigliare proprio a Guy Fawkes. Volevo basarmi sulle limitate informazioni che avevamo sul suo vero aspetto. Quindi una via era quella di guardare alle rappresentazioni stilizzate del personaggio e del suo abbigliamento: un autentico abito del 1605, come rappresentato nel corso della storia britannica.
Il film era decisamente diverso, ma ciò che trovate nel libro è autentico. E la maschera viene dalla rappresentazione dall’aspetto che aveva davvero – almeno stando a ciò che sappiamo. Devo ammettere che il piano originale era di usare la maschera originale di Guy Fawkes che gli inglesi erano soliti usare per celebrare il 5 novembre. C’erano maschere che potevi comprare nei negozi, ovunque, durante quel giorno. Poi la si metteva indosso a un pupazzo di Guy Fawkes – a mo’ di sua effige – e la si bruciava in un falò perché si celebrava la morte di un terrorista. Si faceva in tutte le case fino a un po’ di tempo fa. Ora è passato di moda, ma era una tradizione.
All’epoca volevo quindi usare una di quelle maschere, ma non riuscii a trovarne una, quindi dovetti crearne una io. Il sorriso è stato in qualche modo casuale, perché ricordavo che c’era una sorta di sorriso sul volto delle immagini nei libri e così ho pesato: “Bene, la farò con un sorriso”. In effetti aggiungeva una nota spaventosa alla natura del personaggio, perché un tale che ti si avvicina con una maschera sorridente risulta decisamente più inquietante. Inoltre, il sorriso rappresenta un altro aspetto del suo carattere: è il suo sorriso davanti a ogni avversità.
Di seguito trovate il video in cui David Lloyd disegna V durante il Comic Con di Zagabria:
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