Voto: 6.5/10 Titolo originale: Jurassic World Dominion , uscita: 01-06-2022. Budget: $165,000,000. Regista: Colin Trevorrow.
Jurassic World – Il Dominio: la recensione del film di Colin Trevorrow che chiude la nuova trilogia
04/06/2022 recensione film Jurassic World - Il dominio di Francesco Chello
L’ultimo capitolo della celebre saga dei dinosauri non sarà la chiusura epocale che in molti si attendevano, ma centra il suo bersaglio. Unisce volti vecchi e nuovi, mette qualche doverosa toppa sul passato, inserisce qualche variazione sul tema e sviluppa finalmente lo spunto dell’integrazione dei dinosauri nel nostro mondo. Tra azione, ritmo, adrenalina e una dose corposa di bellissimi bestioni preistorici.
Sì, ehm, buongiorno. Insomma, salve, coff coff. E niente, volevo sapere se era questo il posto dove poter spezzare un artiglio di terizinosauro a favore di Jurassic World – Il Dominio (Jurassic World Dominion). No, perché mi sembra di capire che in giro non stia piacendo granché, al punto che mi stavo quasi rassegnando a qualcosa di peggio de Il Regno Distrutto (la recensione).
Questo per dire che io invece ho gradito, certo con qualche riserva – ma quale dei capitoli post Staven Spielberg non ne ha? Il mio ‘senso di velociraptor’ mi dice che questa cosa potrebbe innescare più di un flame, una robetta stile vulcano di Isla Nublar. Non so come, ma in queste situazioni finisco per ritrovarmici con una certa frequenza, in redazione dicono di non preoccuparmi, che rafforza il mio spirito. Mi fido di loro.
Ma facciamo un breve passo indietro, giusto per capirci. E’ vero che, a suo tempo, da queste parti vi abbiamo già parlato di alcuni episodi della saga, del resto i miei colleghi sono più precisi degli svizzeri. E’ altrettanto vero che questa è la prima volta che spetta a me raccontarvi di un Jurassic movie, per cui immagino che un brevissimo recap personale della saga possa aiutarvi a focalizzare meglio il quadro insieme di chi vi scrive.
1993: Steven Spielberg si mette a clonare ed allevare dinosauri veri. La cosa è illegale, così deve spacciarli per animatronics e CGI per poi girarci un film come copertura partendo da un romanzo di Michael Crichton. Accidentalmente finisce che la storia è pregna di quel sense of wonder tipico del regista di Cincinnati. Con un messaggio sull’uomo che gioca a fare Dio e le implicazioni etico/morali che questo comporta. Viene fuori Jurassic Park. Sì, in pratica, un capolavoro. Ero in sala e ricordo ancora il rumore della mia mascella caduta per terra.
1997: Un sequel era inevitabile. Certo per il successo al boxoffice. Ma anche perché Spielberg aveva allevato così tanti dinosauri veri che sarebbe stato un peccato non utilizzarli in un altro film. Di inevitabile c’è pure il paragone con ciò che è venuto prima, specie se il tuo predecessore è parecchio grosso. Ed è da quel punto di visto che Il Mondo Perduto finisce per prendere qualche sberla.
Ma stiamo pur sempre parlando di un film di Spielberg che tratta di dinosauri che mangiano uomini (tratto da un altro romanzo di Crichton), non poteva finire male. Ed infatti, resta ancora oggi un capitolo di tutto rispetto. Con un incredibile finale in città che per quanto tenti la carta dell’assurdo resta uno spassoso tentativo di apportare una novità.
2001: Arriva puntuale la punizione per tutti quelli che avevano rotto il cazzo a Spielberg per Il Mondo Perduto. Jurassic Park III si priva di Steven e si spoglia di magia, atmosfera e contenuti. Il povero (e sempre dignitoso) Sam Neill viene circondato da personaggi stupidi. Viene piantato il seme di una delle idee meno azzeccate di tutto il franchise: l’intelligenza dei Velociraptor, eccessivamente arguti e persino comunicanti, che nel giro di un paio di sequel toccherà punte di ridicolo involontario. Non è tutto da buttare. I dinosauri, ad esempio. I dinosauri non si buttano mai.
2015: Dopo 14 anni era quasi necessario un sequel che fungesse anche da soft reboot. Che ha l’intelligenza di capire che l’atmosfera, la magia, l’impatto di Jurassic Park lo rendevano un film irripetibile, evitando un’emulazione controproducente. Jurassic World ci offre l’opportunità di vedere il parco finalmente aperto per un film che preferisce puntare su divertimento, bestioni preistorici e devastazione. Cercando qualche collegamento concettuale alla materia principale, attraverso l’Indominus che magari fa storcere il naso per aver dovuto creare un dinosauro di fantasia con tutte le specie ancora non sfruttate, ma si pone come gancio utilissimo al discorso dell’uomo che si crede Dio, oltre che specchio del consumismo frenetico dell’era moderna. Meno bene la questione dei Raptor, che espande il seme di cui sopra.
2018: Come sprecare le buone premesse di un nuovo inizio, nel giro di un sequel. Il Regno Distrutto si perde in una serie di scelte di scrittura che vanno dal discutibile allo scellerato. Superstiti traumatizzati che devono riconquistarsi, momenti di tristezza gratuita, cattivi tagliati con l’accetta, la location della villa che rende tutto più castigato (vanificando la suggestione dell’ambientazione urbana che aveva introdotto Spielberg 11 anni prima) e riduce pure il numero dei dinosauri. Assurdo come si voglia insistere su una delle sottotrame meno convincenti della saga, quella delle potenzialità cognitive dei Velociraptor che piangono, confabulano, sorridono e ci manca poco non facciano le storie su Instagram. Per chiudere in bellezza con la clonazione umana che per favore, anche no, dai.
Insomma, parliamo di un franchise in cui nessun capitolo ha saputo/potuto o saprà/potrà replicare la formula magica di un film come il primo Jurassic Park. Voglio dire, se non ci è riuscito lo stesso Steven Spielberg un motivo ci sarà. Ma, a mio parere, resta una saga con diverse frecce al proprio arco. Parliamo di film di dinosauri fatti con i soldi. A chi non piacciono? No, sul serio, se non vi piacciono i dinosauri siete delle brutte persone.
Sono loro a rendere potabili persino i capitoli meno riusciti (come il terzo o il quinto che metto a parimerito sull’ultimo gradino della mia personalissima classifica). Una serie che ha sempre esibito effetti speciali di prim’ordine e che ha saputo inserire quei meravigliosi bestioni in un contesto di intrattenimento tipico del blockbuster americano conservando l’anima del caro vecchio monster movie.
Per quanto la scrittura non sia stata sempre all’altezza della situazione, mantenendo però tracce di apprezzabile spirito critico nei confronti dell’uomo, del suo rapporto distruttivo nei confronti della natura e di altre specie viventi. E pazienza per la presunta plausibilità scientifica, cercarla in un prodotto come la ‘Jurassic Saga’ è un po’ come pretendere di tagliare sul serio il tonno con un grissino.
Per come la vedo io, è anche una questione di consapevolezza. Dopo 30 anni, credo sia il minimo. Senza contare che, è vero, nessuna ha saputo replicare quel ‘sense of wonder’ di Steven Spielberg. Ma è anche vero che da quasi tre decenni, questi amorevoli dinosauri sono puntualmente capaci di fare breccia nel cuore di nuove generazioni. Perché non bisognerebbe mai dimenticare (ma spesso sembra lo si dimentichi) che questi film sono tanto pensati per chi ragazzino lo era allora, quanto per chi bambino lo è adesso.
E a giudicare dalle reazioni di mio figlio che era con me in sala l’altro giorno, direi che la saga funziona ancora. Nota a margine, gli ho chiesto se aveva voglia di scrivere lui questa recensione (visto che scrive meglio di me), ma dice che non vuole privarmi del piacere della rissa sui social …
E allora, dopo ‘sta premessa un po’ larga, come si pone Jurassic World – Il Dominio in questo franchise? Ringrazio me stesso per avermelo chiesto. Innanzitutto mi ha divertito. Che per un prodotto di questo tipo mi sembra già un primo bersaglio centrato. Ricorrendo anche a qualche variazione sul tema della struttura portante.
Non da meno, risolleva la situazione dopo un capitolo decisamente balbettante, che non era cosa scontata. Predecessore che tra le cose migliori aveva un finale che, riprendendo l’accenno spielberghiano del 1997, si poneva come pre(o)messa che Jurassic World – Il Dominio si prende finalmente la briga di mantenere: i dinosauri sulla terraferma, l’ambientazione urbana, la preistoria che si fonde col presente, col nostro mondo, sviluppando quello spunto che per anni era rimasto latente per costruirci sopra un intero film.
Poi ho apprezzato il modo in cui tenta di ricucire alcuni strappi del passato (sia recente che distante), se non proprio mettere qualche toppa. Attraverso la creazione di due macrostorie semplici ma funzionali (e sufficientemente coinvolgenti) che abilmente arrivano a confluire nel terzo atto di un film che con i suoi 146 minuti si pone come il più lungo di tutta la serie. Non sarà la chiusura epocale che qualcuno si auspicava per questo secondo ciclo (con reminiscenze del primo). Ma, in fondo, chi ha detto che questa porta bisognava chiuderla perentoriamente, di dinosauri non se ne ha mai abbastanza.
Comunque, se avete qualche altro minuto, i suddetti concetti li approfondiamo. Fosse anche solo per argomentarlo per bene questo benedetto flame. Vi dispiace se però il film lo chiamiamo Dominion? Non so voi, ma suona decisamente più figo.
Io partirei da Laura Dern e Sam Neill. Temevo la strizzatina d’occhio fine a sé stessa, quella sorta di cameo che riduce i personaggi a poco più di soprammobili. Niente di tutto questo, i due sono i protagonisti di una di quelle due storyline di cui parlavo prima. Lo screentime è adeguato.
Hanno una missione, sono coinvolti. Si sporcano le mani, rischiano la vita come ai vecchi tempi. E sono in forma smagliante, tra le altre cose. Con loro anche Jeff Goldblum, leggermente più defilato ma comunque prezioso col suo acume sarcastico (e qualche metastilettata tipo “non sono un fan”) a completare il trio dei ricordi.
E, cosa non da meno, il ritorno di Ellie Sattler ed Alan Grant è finalizzato a rimediare alla cosa che avevo detestato di più di Jurassic Park III, in cui Ellie era relegata a semplice cameo, cancellando la loro storia d’amore e mortificando, di fatto, il finale del primo Jurassic Park che suggellava il cambiamento di Alan e lo sbocciare del suo istinto paterno.
Avevo sempre odiato questa cosa, letteralmente. Jurassic World Dominion (sentito come suona bene?) vi pone rimedio dopo 21 anni, tra i due c’è un sentimento ancora vivo, complicità, vibrazioni positive. Un riavvicinamento. In sostanza, come direbbe Johnny Depp, giustizia è fatta.
Quella tra Ellie ed Alan non è l’unica toppa sul passato. C’è da sistemare anche qualche questione più recente. A cominciare dai Velociraptor pensanti che si limitano a pensare lo stretto necessario (veicolando uno dei momenti più emotivi del film), eliminando quei siparietti (e quei comportamenti) imbarazzanti che di film in film sembrava dovessero raggiungere lo step successivo del disagio.
E pure sulla questione del clone, non poteva esserci chiaramente un vero colpo di spugna (anche perché la ragazzina è il fulcro dell’altra storyline), ma in qualche modo si cerca di correggere il tiro della decenza e degli incastri con la logica del franchise. Che fa un po’ ridere se si pensa che il regista Colin Trevorrow era stato sceneggiatore anche de Il Regno Perduto, ma dimostra anche che nella vita bisogna saper ammettere e porre rimedio ai propri errori.
Ho menzionato più volte due storie portanti che fanno da doppia spina dorsale di Jurassic World Dominion. Da un lato, Ellie ed Alan che con l’aiuto di Ian seguono la pista ecologista, con l’intento di smascherare il complotto della multinazionale Biosyn e salvaguardare la catena alimentare del pianeta. Dall’altra Owen e Claire (Chris Pratt e Bryce Dallas Howard) alla disperata ricerca di Maise (Isabella Sermon), rapita da quella stessa multinazionale che tenta di carpire i segreti del DNA della ragazza.
Due fili che lentamente si intrecciano per diventarne unica trama nel terzo atto, aperto da un significativo incontro (a suo modo un evento) tra la vecchia guarda e quella nuova, che da quel momento in poi opereranno fianco a fianco.
Rapporto tra Owen e Claire che finalmente evolve, come avrebbe dovuto già fare nel capitolo precedente quando invece si era pensato bene (male!) di fargli fare un passo indietro per riproporre un nuovo inutile corteggiamento; i due hanno costruito una famiglia di fatto, amano e proteggono Maise come una figlia facendo leva sulla scoperta di un istinto genitoriale – basta pensare al modo in cui Claire faceva la zia all’inizio di Jurassic World, per pesare il cambiamento del personaggio.
Chris Pratt e Bryce Dallas Howard sono ormai padroni dei personaggi, interpreti con intensità ed impegno fisico; Owen resta ovviamente il maggior indiziato per le sequenze action in cui fa il suo, al punto che si può pure sorvolare su un momento in cui non muore di ipotermia pur affrontando ghiaccio e neve con una shirt leggerina e le maniche alzate persino a trequarti, così come siamo ormai abituati a vederlo con quella mano alzata sulla testa dei dinosauri manco fosse il Giucas Casella del cretaceo.
La giovane Isabella Sermon riprende il ruolo di Maise Lockdown, per l’occasione opportunamente esteso, in maniera meno fastidiosa del previsto. Si rivedono Omar Sy e Justice Smith che hanno fatto carriera alla C.I.A., mentre Mamoudou Athie e la bellissima DeWanda Wise sono le new entry nel team dei buoni.
Il villain, invece, non brilla particolarmente, non tanto per colpa di Campbell Scott che interpreta il suo Lewis Dodgson con sufficiente ambiguità e viscidume, quanto per un ruolo tratteggiato con poca personalità, come se l’intenzione fosse quella di non porre l’accento sull’uomo ma sulle conseguenze della sua avida stupidità; Lewis Dodgson che, piccola finezza, è un personaggio ripescato direttamente dal primo Jurassic Park: era il tizio della concorrenza che pagava Dennis Nedry per rubare gli embrioni, interpretato al tempo da Cameron Thor che nel 2016 è stato condannato a sei anni di reclusione per violenza sessuale su minore. Ulteriore ritorno per BD Wong nei panni del Dottor Wu, che sembra intravedere la redenzione in fondo al suo tunnel di immoralità.
La variazione sul tema principale, che ringraziando il Dio dei dinosauri resta quello del monster movie nella sua struttura portante, vede l’inserimento – specie nel primo atto – di un mood da spy action che sembra guardare a prodotti recenti come Mission: Impossible o Fast & Furious.
Ambientazione itinerante (Nevada, Texas, Utah, Sierra Nevada, Pennsylvania, Malta fino al nuovo parco ricostruito sulle nostre Dolomiti), gioco di squadra, inseguimenti forsennati (con la piacevole variante dei dinosauri al posto dei veicoli), morti scampate per il rotto della cuffia. Qualcuno storcerà il naso, ci sta.
Io ci ho visto il bicchiere mezzo pieno, col contributo che questa nuova quota ha potuto fornire all’azione e all’intrattenimento che restano il focus principale di un film come Jurassic World Dominion.
Che offre dinosauri in quantità generosissime, vecchie e nuove specie che non sto qui ad elencarvi che farei prima a prendere una laurea in paleontologia, limitandomi a menzionare qualche nuovo acquisto come il piumato Moros Intrepidus, gli Atrociraptor (da combattimento!), il Terizinosauro o il Giganotosauro, il più grosso predatore mai esistito. Anche se il mio preferito resta ancora il T-Rex, sempre badass, resto sul classico. Così come mi ha fatto piacere rivedere i Dilofosauri e le loro sputazzate acide.
Dinosauri che restano al centro di tutte le scene principali, che siano momenti di adrenalina (vedi lungo inseguimento a Malta, con finale sull’aereo) o di tensione ai limiti dell’horror (su tutte, l’immersione di Claire per sfuggire agli artigli del Terizinosauro), di gente che muore divorata ce n’è anche se in più occasioni si ha la sensazione di uccisioni ripulite dal sangue, in modo da raggirare la censura.
Mi è piaciuto il modo in cui i bestioni vengono mostrati ormai integrati nei nuovi ambienti, che sia in città o a contatto con la natura, passando per gli allevamenti illegali o il mercato clandestino dove si arriva addirittura a scommettere sui combattimenti tra loro. Dal punto di vista tecnico, la saga conferma un livello molto alto.
La realizzazione delle creature è decisamente realistica, studiata nei dettagli e ricorre ad un maggiore utilizzo di animatronics rispetto al capitolo precedente. La gestione dell’azione da parte di Colin Trevorrow ha un ritmo elevato, oltre che una padronanza del cambio di tono che può portare a frangenti più concitatamente caotici, ad altri in cui prediligere il soffermarsi sui particolari, ricorrendo anche ad espedienti differenti come il POV in occasione del lancio col paracadute o la corsa in moto.
Tanta forma, azione, distruzione e divertimento. Ma anche un po’ di contenuto. Se delle questioni sentimentali (soggettive) abbiamo detto, includendo riflessioni sulle relazioni che si possono sempre recuperare ed altre che possono trovare lo stimolo inatteso per evolvere in qualcosa di nuovo, c’è da sottolineare il messaggio di fondo di portata evidentemente più ampia. Che ok, è più o meno quello da sei film, ma ritengo che non sia mai un male ribadire certi concetti.
Tipo che l’uomo resta uno stronzo. Il maggiore pericolo per sé stesso e per le altre forme di vita presenti sul pianeta. Che è un messaggio da ribadire sempre, specie alle nuove generazioni nella speranza di metterle in guardia. Aggiungendo che il segreto per sopravvivere è coesistere, dipendere in maniera sana gli uni dagli altri. E mi fermo qui, che altrimenti trasformo questa interpretazione in paternale e ci scappa pure un calcio in culo a chi sceglie deliberatamente di non farne tesoro.
Costato la bellezza di 165 milioni di dollari (più chissà quanti altri di marketing), Jurassic World Dominion sembra essere partito abbastanza forte. Difficile fare una previsione finale. Anche perché oltre che paleontologo non sono nemmeno economista. Ma se lo chiedete a me spero che incassi bene. Questo ciclo può essere chiuso, ma non è detto che in qualche modo non si possa andare avanti. Il mondo ha ancora bisogno dei dinosauri. E noi di sognare che esistano. Esattamente come mio figlio e tutti quei ragazzini a cui ho visto sgranare gli occhi ed emozionarsi in sala.
Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di Jurassic World – Il Dominio, nei nostri cinema dal 2 giugno:
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