Voto: 4/10 Titolo originale: Jurassic World: Fallen Kingdom , uscita: 06-06-2018. Budget: $170,000,000. Regista: J. A. Bayona.
Jurassic World – Il Regno Distrutto: la recensione del film diretto da Juan Antonio Bayona
07/06/2018 recensione film Jurassic World – Il regno distrutto di William Maga
Chris Pratt e Bryce Dallas Howard di nuovo alle prese con dinosauri più o meno amichevoli in un quinto film della saga costruito su una sceneggiatura grossolana, che fa delle situazioni assurde e del semplicistico i suoi cavalli di battaglia
Cosa succede quando nonostante tre anni di tempo, 170 milioni di dollari di budget a disposizione e la supervisione diretta di Steven Spielberg ci si dimentica non tanto del senso di meraviglia e maestosità che sarebbe quasi lecito aspettarsi da un blockbuster (l’originalità è una chimera), ma di mettere insieme uno straccio di sceneggiatura che sia pur minimamente coerente o anche solo non completamente approssimativa e lacunosa? Esce fuori Jurassic World – Il Regno Distrutto (Jurassic World: Fallen Kingdom), sequel ‘obbligato’ del successone del 2015 e diretto dallo spagnolo Juan Antonio Bayona (The Impossible, The Orphanage).
Il regista sarà pure cambiato (Colin Trevorrow ha ripiegato malamente sullo script al fianco di Derek Connolly …), ma i due protagonisti, l’addestratore di Raptor Owen Grady (Chris Pratt) e l’ex manager del Parco Claire Dearing (Bryce Dallas Howard), sono ritornati per un’altra sessione di sguardi imbambolati verso creature prevalentemente realizzate in CGI (qualche animatronic c’è dai) e per nuove fughe a perdifiato verso la telecamera scappando dai mostri della situazione.
Questo quinto capitolo della saga fanta-preistorica iniziata nel 1993 è così pieno di lacune logiche, di decisioni insensate da parte dei personaggi e di semplice confusione su come lo spettatore dovrebbe porsi rispetto al quadro generale (ricordiamoci che si tratta di una trilogia), che la ricostruzione genetica da un pezzo di ambra fossile di dinosauri vecchi di 65 milioni di anni inizia a sembrare credibile in confronto.
Il film si apre circa tre anni dopo che il parco a tema e resort di lusso chiamato Jurassic World è stato distrutto dai dinosauri scappati dalle gabbie di contenimento (di nuovo). Data la quantità di tempo che è passato, sembra che l’umanità abbia finalmente accettato che un’attrazione basata su enormi rettili preistorici ricreati in laboratorio potrebbe non essere un’idea così buona. E nel caso in cui qualcuno avesse ancora un dubbio, c’è una breve scena nei minuti di apertura in cui il sopravvissuto del Jurassic Park, teorico del caos e leggendario sciupafemmine, il Dott. Ian Malcolm (Jeff Goldblum), affronta impassibile una commissione del Senato americano che sta discutendo se evacuare o meno alcuni dei dinosauri per salvarli dall’imminente eruzione del vulcano che è l’isola su cui vivono.
Il consiglio di Malcolm: non tornate sull’isola; non cercate di salvare questi dinosauri; portarne qualche esemplare negli Stati Uniti o metterlo in qualsiasi altro posto “sicuro” è una cattiva pensata. Suona crudele, ma uno dei problemi di Jurassic World era di non rendere palese se il pubblico avrebbe dovuto allinearsi alle sue parole o meno.
Francamente, a questo punto, con la conta delle vittime della pellicola precedente decisamente alta, è adesso complesso pensarla diversamente da lui, se non altro perchè l’uomo descrive le terribili implicazioni dell’ingegneria genetica in termini che sembrano collegarle all’attuale instabilità dell’era Donald Trump. Tuttavia, accettare le argomentazioni del Dott. Malcolm significherebbe, naturalmente, porre fine alla saga cinematografica anzitempo. Così, Owen e Claire, che erano a malapena sopravvissuti tre anni prima, finiscono fare la figura degli sconsiderati scarsamente intelligenti dopo che si fanno convincere in circa tre minuti d’orologio a tornare indietro sull’isola come pedine dell’operazione di salvataggio in extremis messa in piedi da una misteriosa compagnia filantropica gestita da Sir Lockwood (James Cromwell), ex socio del fondatore del Jurassic Park John Hammond, e dal suo vice, il viscido Eli Mills (Rafe Spall).
Owen è deciso a ritrovare Blue, il suo preziosissimo Velociraptor che è ancora vivo e disperso nella giungla, e Claire ha cominciato ad amare e rispettare queste creature al punto da fondare un’associazione non-profit per la loro difesa, anche se hanno cercato di ucciderla almeno una dozzina di volte.
Che questa missione non esattamente ‘invisibile’ non riceva alcuna approvazione né dal governo USA né tanto meno da quello del Costa Rica (i costaricani, sotto cui ricade quasi sicuramente la giurisdizione di Isla Nublar, visto che era stata soltanto presa in affitto da Hammond all’epoca, non sono mai nemmeno citati a dire il vero …) e quindi potrebbe tranquillamente farli finire in prigione, è uno dei dettagli su cui non ci sofferma. Né i due vengono minimamente sfiorati dall’idea che possa esserci sotto un doppio gioco con inganno ai loro danni.
Cosa che, naturalmente, è. Sorvolando sulle acconciature sempre perfette anche dopo tuffi, ruzzoloni e traversate varie (si sa, l’occhio vuole sempre la sua parte) e sull’assoluta prevedibilità generale (la salvezza arriva sempre all’ultimo respiro a un passo da quella che sembrava una fine inesorabile, muore chi deve morire – senza una goccia di sangue ovviamente -, ecc. ecc.), fa sorridere il classico estremo tempismo con cui si porta a termine l’apparentemente complessissima operazione di ‘recupero e stoccaggio’ di dinosauri, che si conclude – guarda caso – giusto qualche secondo (non minuto …) prima che tutto quanto salti letteralmente per aria, nonostante avrebbe potuto essere messa in piedi anche molti mesi addietro.
Altresì non ci si preoccupa di chiarire come un numero piuttosto grande di rettiloni potrebbe poi essere spedito via nave e quindi sbarcato e trasportato a destinazione senza che nessuno (TV, dogane, militari, passanti …) se ne accorga, anche se bisogna ammettere che a questo punto della serie è complicato dire quale società o persone possiedano davvero questi animali preistorici e dove il confine tra megacorporazioni e autorità governativa finisca e inizi. Bayona e Trevorrow danzano pericolosamente sul filo del cartoonesco e del b-movie, senza mai però purtroppo prendere con decisione quella strada.
In ogni caso, veniamo risbattuti di nuovo su Isla Nublar, ora abbandonata dagli esseri umani, mentre i dinosauri sopravvissuti devono cavarsela da soli nella foresta tropicale. Il fu vulcano dormiente dell’isola sta già ruggendo, una bomba a orologeria pronta a esplodere.
Ma già qui, a un terzo di Jurassic World – Il Regno Distrutto, l’interesse langue, tra dinamiche amorose stra-trite tra i finti litigarelli Claire e Owen che non offrono proprio nulla di innovativo e i nuovi personaggi di Zia (Daniella Pineda) e Franklin (Justice Smith) – sciagurata spalla comica che se la gioca col dinosauretto che sfonda tutto a capocciate -, assolutamente ripetitivi e completamente sotto-sviluppati (i due sono, ovviamente, il medico tuttofare e l’hacker cervellone, più utili che belli).
Guardandoli sullo schermo, ci si ritrova a pensare come questi personaggi che si arrampicano tra le rovine del vecchio Jurassic Park / World potrebbero essere in realtà la metafora involontaria di Jurassic World – Il Regno Distrutto che calpesta le ossa dei migliori capitoli di questo franchise.
Sebbene Juan Antonio Bayona rallenti di tanto in tanto il passo del suo film per consentire ai protagonisti di meravigliarsi di fronte a un enorme dinosauro di passaggio, l’emozione e la maestosità nel vedere Steven Spielberg utilizzare l’allora modernissima CGI per ricreare animali estinti è oggi una magia difficilissima da ripetere, specie se ci si rivolge a chi allora era già nato (Jurassic Park uscì proprio in un momento storico perfetto), e considerato che i dinosauri clonati sono in giro in questo mondo ormai da anni, è arduo credere che qualcuno potrebbe ancora rimanere davvero a bocca aperta incontrandoli.
Quando invece l’azione si sposta lontano dall’isola, nella villa / museo di Lockwood – un incrocio tra la residenza labirintica e piena di passaggi segreti di Bruce Wayne e la magione dove si tengono le riunioni della Spectre di James Bond – verso un confronto finale che potrebbe sancire la clamorosa fuga dei dinosauri nel mondo popolato (un passo che la saga di Jurassic, così come pure quella di Alien, ha sempre voluto evitare), torniamo ad avere a che fare con una minaccia costituita da una aberrazione – il temibile Indoraptor -, il che fa sorgere la domanda se questi siano addirittura ancora dinosauri ‘vecchia scuola’.
E soprattutto perché mai, in un mondo come il nostro governato da potenze dotate di arsenali sempre più micidiali e di satelliti precisissimi, dinosauri non certo antiproiettile e intellettualmente sostanzialmente inferiori dovrebbero rappresentare un investimento militare irrinunciabile per qualcuno? Il Dott. Wu (BD Wong), mente ‘perversa’ e apparente di tutto il progetto, ha un minutaggio talmente infimo che viene da chiedersi se la sua parte non sia stata tagliata in fase di montaggio.
Juan Antonio Bayona e gli sceneggiatori hanno senza dubbio sperato che inserire i dinosauri in un ambiente insolito (andare alla carica per i corridoi e i tetti di vetro di una casa di campagna) e l’omaggiare apertamente svariate sequenze del capostipite e de Il Mondo Perduto sarebbe stato sufficiente a dare una rinfrescata alla dinamiche standard della saga dello scappa-nasconditi-scappa di nuovo, ma anche il movimentato ultimo atto viene vanificato da un copione estremamente pigro, che prevede militari presumibilmente esperti entrare nelle gabbie di dinosauri che è stato detto loro essere letali e intelligentissimi, nonché il resuscitare il vecchio trucco a buon mercato del far prendere le più eclatanti delle decisioni sbagliate – quelle davvero insensate ma necessarie per poter realizzare un altro sequel – ai personaggi più giovani e più ingenui.
Evidentemente, gli incassi renderanno ancora una volta palese chi ha ragione e chi torto, ma stupirsi o addirittura elogiare un’opera simile nel 2018 se non si hanno 10 anni è un insulto alla memoria di Jurassic Park e un preoccupante segnale sullo stato attuale del cinema.
Ah, c’è una brevissima sequenza dopo i titoli di coda, che dà un’idea di dove potrebbe andare il prossimo capitolo.
Ciliegina sulla torta, abbiamo scoperto che la versione proiettata nei nostri cinema è censurata in almeno due sequenze piuttosto crude (il nostro approfondimento).
Di seguito il trailer italiano di Jurassic World – Il Regno Distrutto, nei nostri cinema dal 7 giugno:
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