Voto: 4/10 Titolo originale: ベルサイユのばら , uscita: 31-01-2025. Regista: Ai Yoshimura.
Le Rose di Versailles: la recensione del film animato che rilegge Lady Oscar (su Netflix)
01/05/2025 recensione film Le rose di Versailles - Lady Oscar di Gioia Majuna
Un prodotto che svuota l’opera originale di tensione storica, ideologica e identitaria

Il nuovo film animato Le Rose di Versailles, diretto da Ai Yoshimura per lo studio MAPPA e distribuito da Netflix, si propone come una reinterpretazione contemporanea di uno dei capisaldi del manga giapponese degli anni Settanta. Celebre per aver unito il rigore storico alla sensibilità shōjo, l’opera originale di Riyoko Ikeda raccontava con forza visiva e ideologica gli anni che precedettero la Rivoluzione francese, attraverso il doppio sguardo della regina Maria Antonietta e della comandante delle guardie reali Oscar François de Jarjayes, personaggio fittizio ma emblematico.
Il manga intrecciava dramma storico, critica sociale e riflessione sui generi, aprendo nuove strade per la rappresentazione femminile e queer nella cultura pop giapponese. Ma nel tentativo di condensare dieci volumi di narrazione complessa in meno di due ore, l’adattamento cinematografico perde gran parte della sua profondità tematica, cedendo a una narrazione estetizzante, frammentata e priva di tensione ideologica.
Fin dalle prime sequenze, il film si presenta come un’operazione spiccatamente visiva: colori pastello, abiti riccamente decorati, scenografie maestose e movimenti coreografici dei personaggi trasformano Versailles in una fantasmagoria barocca, più vicina a un videoclip che a una narrazione storica.
Questo impianto visivo, pur ricco di fascino, tradisce però l’anima originale dell’opera: laddove Ikeda mostrava la magnificenza della corte come sintomo di cecità politica, qui lo sfarzo è celebrato senza ombre, come se potesse da solo giustificare l’adattamento. Le sequenze musicali, numerosissime, risultano invadenti e spesso scollegate dall’azione. Le canzoni – con liriche melense, arrangiamenti pop e inserti in inglese – non approfondiscono i personaggi ma li immobilizzano in un eterno presente emotivo, senza conflitto né sviluppo.
Oscar, una delle figure più iconiche del fumetto giapponese, perde in questo adattamento gran parte della sua potenza simbolica. Cresciuta come un uomo dal padre per ereditare il comando delle guardie reali, Oscar rappresentava nel manga un nodo irrisolto tra identità e ruolo, dovere e desiderio, maschile e femminile. La sua tensione interiore – tra fedeltà alla monarchia e comprensione per il popolo – costituiva l’asse morale dell’intera vicenda.
Nel film, però, Oscar viene ridotta a un archetipo eroico privo di ambiguità: abile con la spada, carismatica, ma priva di qualsiasi conflitto identitario o interiore. Nessuna riflessione viene dedicata alla sua educazione maschile, alla sua ambiguità sessuale, alla difficoltà di amare in un mondo che non ammette devianze dai ruoli imposti. Anche la sua graduale rottura con la monarchia è raccontata in modo sommario, quasi incidentale, privando il racconto della sua carica sovversiva.
Maria Antonietta, dal canto suo, viene rappresentata come una figura tragicamente inconsapevole. Il film insiste sulla sua frivolezza, sul suo amore per il lusso e sugli sguardi languidi rivolti all’ufficiale svedese Fersen, ma senza indagare davvero le motivazioni del personaggio o il contesto che l’ha resa tale. La Maria del manga era una figura ambigua: ingenua ma anche ostinata, superficiale ma profondamente sola, schiacciata dal ruolo e al tempo stesso incapace di uscirne. Il film, invece, la riduce a una bambola vittoriana: riccioli dorati, occhi azzurri, lacrime luccicanti. Nessuna maturazione, nessuna presa di coscienza, nessuna comprensione della tragedia che sta per abbattersi su di lei e sul regno.
A livello narrativo, Le Rose di Versailles sacrifica quasi completamente la dimensione storica dell’opera. La Rivoluzione francese, pur evocata nel titolo, è trattata come un sottofondo sbiadito. Le cause economiche, sociali e politiche del malcontento popolare vengono ignorate o ridotte a semplici scenari, mentre le tensioni interne alla corte – lotte di potere, giochi diplomatici, pressioni ecclesiastiche – sono completamente assenti.
Anche le figure storiche secondarie, che nel manga contribuivano a rendere credibile e dinamico il mondo della corte, sono state eliminate. La narrazione si concentra su pochi personaggi principali, e perfino questi sono sviluppati in modo superficiale. L’effetto è quello di una Versailles scollegata dalla storia, un luogo sospeso fuori dal tempo, dove tutto è bellezza, ma nulla è reale.
Se confrontato con adattamenti cinematografici di respiro storico ma con ambizioni pop, come Marie Antoinette di Sofia Coppola (2006), il film evidenzia ancora di più i suoi limiti. L’opera di Coppola, pur anacronistica e visivamente pop, dichiarava sin da subito la sua intenzione di rileggere la storia come allegoria della celebrità contemporanea, offrendo un ritratto psicologico e disilluso della regina adolescente.
Le Rose di Versailles, invece, finge di rispettare l’ambientazione storica, ma rinuncia a qualsiasi sguardo critico, accontentandosi di una superficie “carina”, consumabile, esente da conflitto. E se il musical Les Misérables (2012) di Tom Hooper cercava di conciliare emozione popolare e pathos politico, qui l’elemento musicale serve solo a frammentare la narrazione, sostituendo i contenuti con atmosfere.
Ancora più evidente risulta la distanza dal manga originale quando si considera il contesto politico di Riyoko Ikeda. Attiva in ambienti di sinistra e profondamente influenzata dai movimenti femministi e pacifisti degli anni ’60 e ’70, Ikeda non costruì un semplice dramma romantico, ma un’opera stratificata, nella quale il genere diventava strumento di critica, e l’aristocrazia incarnava una classe in declino.
Il disegno elegante e teatrale della mangaka non era mai fine a sé stesso, ma sempre funzionale a smascherare le contraddizioni del potere. Il film, invece, sembra ignorare queste radici, appiattendo tutto in un’estetica di superficie. Versailles non è più lo specchio di un sistema in frantumi, ma una vetrina senza profondità, in cui l’immagine sostituisce la realtà.
In definitiva, questo nuovo adattamento animato di Le Rose di Versailles appare come un prodotto pensato più per il marketing globale che per onorare la complessità dell’opera da cui è tratto. Concepito per attrarre spettatori abituati a un consumo rapido e frammentato – tra clip musicali e animazioni brillanti – il film sacrifica il cuore ideologico, femminista e rivoluzionario del manga sull’altare dell’intrattenimento visivo. È una Versailles da cartolina, pulita, priva di odore di sangue, di fango, di polvere da sparo. Una Versailles senza rivoluzione.
Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di Lady Oscar / Le Rose di Versailles, a catalogo dal 30 aprile:
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