Voto: 5/10 Titolo originale: The Beguiled , uscita: 23-06-2017. Budget: $10,500,000. Regista: Sofia Coppola.
L’inganno: la recensione del film in costume di Sofia Coppola
14/07/2017 recensione film L'inganno di Alessandro Gamma
Nicole Kidman e Kirsten Dunst sono le protagoniste di un remake inspiegabile, che epura le parti più scomode del film del 1971 per puntare su un'estetica pericolosamente revisionista
Ci sono remake che – nonostante l’iniziale diffidenza – dimostrano di avere un ‘senso’ (prendiamo Scarface o La piccola bottega degli orrori) e nuovi adattamenti della stessa opera letteraria di base (vedere La Cosa, La Mosca o Dracula, per citare alcuni esempi tanto inflazionati quanto lampanti) in grado raccontare cose nuove o comunque in modo differente rispetto alla prima versione arrivata al cinema. O, che almeno, pur non raggiungendo le vette degli originali, mostrino l’impronta personale del regista di turno (Il Grinta, Halloween – The Beginning, The Ring).
L’Inganno (The Beguiled) di Sofia Coppola non rientra però in nessuna di queste categorie, attestandosi piuttosto nel mare magnum di quei rifacimenti/aggiornamenti inspiegabili, che prendono quanto di buono hanno per le mani migliorandone soltanto – se fosse proprio necessario – gli aspetti tecnici come la fotografia e i costumi, ma tranciandone gli aspetti più scomodi, pruriginosi e oscuri, come in questo caso la questione razziale, epurata con una battuta al minuto 5, o l’incesto, elementi che nel 1971 contribuivano a rendere La notte brava del soldato Jonathan un film quantomeno controverso e la cui assenza pesa ora come un macigno nell’economia del significato generale.
Basata sul romanzo omonimo del 1966, un cosiddetto “
Dopo l’iniziale diffidenza, essendo lui uno yankee, la sua presenza viene accettata, specie perchè la sua permanenza ha dato un’elettrizzante scossa alle miti e pudiche vite delle sette residenti della scuola, specialmente dell’insegnante Edwina (una Kirsten Dunst che la ammanta di disperata tristezza, una donna rassegnata a invecchiare lì a cui ora si schiude la possibilità di un’altra vita) e dell’adolescente ribelle Alicia (la maliziosa, ma in fondo troppo eterea, Elle Fanning).
Col passare dei giorni, John inizia a manipolare le sue ospiti, innescando rivalità e dissapori nel gruppo e minando l’unità che fino a quale momento le aveva legate. Per la più giovane, Amy (l’innocente Oona Laurence), è una sorta di figura paterna, ma per Martha, Edwina e Alicia, è una promessa di soddisfazione di istinti sessuali tenuti fino ad allora a bada o sopiti. Quando la miccia comincia a prendere fuoco però, l’incendio si propaga incontrollabile, portando presto alla rovina del soldato.
Prima di arrivare ai titoli di coda, ci si chiede spesso cosa mai abbia potuto eccitare tanto la Coppola – della pellicola originale o delle pagine cartacee – da spingerla a voler girare a tutti costi il suo primo film non originale. La maliziosità? La provocazione? Il femminismo? O piuttosto l’idea di allestire sequenze di cene al lume di candela e di annodare nastri di raso intorno alle trecce delle protagoniste … aiutata senza dubbio dall’elegante fotografia di Philippe Le Sourd, particolarmente adatta a queste scene di vestizione.
Don Siegel aveva girato una sorta di favola dark, fuori dal tempo, ma grezza e viscerale, priva dell’umorismo che qui a tratti emerge fomentato dai battibecchi tra primedonne. L’Inganno conserva l’atmosfera ovattata da sogno, almeno nei primi due atti, e sicuramente le affinità con Il Giardino delle Vergini Suicide possono aver giocato un ruolo importante nella mente della Coppola, ma la realizzazione totalmente asettica ed esasperatamente curata in ogni minimo dettaglio, troppo composta e sotto controllo, ci ricorda quanto la figlia di Francis Ford preferisca il fumo all’arrosto.
L’Inganno dura 94 minuti, un minutaggio che, come anticipato, la sceneggiatrice e regista raggiunge rimuovendo alcuni elementi tematici dell’originale (che infatti era più lungo). Sono spariti la sottotrama dell’incesto, una sequenza di sogno con un rapporto a tre inondata di luce rossa, una significativa porzione del rapporto tra Miss Martha e Miss Edwina e il personaggio di Hallie – l’unica schiava rimasta nella scuola, che assiste McBurney con le ferite e, a modo suo, cade anch’ella preda dell’eccitazione di avere un bell’uomo in giro per casa.
Tra tutte le censure, quella che ha colpito Hallie è senza dubbio la più importante, e non certo perché ora tocca interamente alle ragazze occuparsi della cucina, del giardinaggio e delle riparazioni. Il film originale utilizza la voce fuori campo per esprimere i pensieri interiori delle protagoniste, compresi quelli della schiava di colore. Era una serva, ma almeno aveva una sorta di voce. Qui non viene invece dato alcuno spessore alle protagoniste, nessun flashback, tutto quello che sappiamo di loro proviene dalle poche parole che si scambiano, quasi sempre alla presenza di John. Un peccato, specie per il potenziale che qua e là lasciano emergere la Kidman e la Dunst.
Non volevo il personaggio di uno schiavo perché questo è un argomento molto importante, e non volevo affrontarlo con leggerezza”, ha detto la Coppola. “Questo film parla di questo gruppo di donne lasciate indietro durante la guerra”. In due frasette rapide, la regista prende le distanze dalla schiavitù e allevia le coscienze degli spettatori. Così, Miss Martha e il suo clan non possono apparire in alcun modo in cattiva luce. La schiavitù, la causa stessa della guerra alle loro porte, è lontana dalla vista e dalle menti di tutti coloro che sono coinvolti. Semplicemente cancellata da questa versione stilizzata della Storia. L’Inganno è comunque solo l’ultimo di una lunga serie di film sulla Guerra Civile e l’Era della Ricostruzione che preferiscono ignorare la questione razziale invece che affrontarla. Non è nemmeno la prima volta che Nicole Kidman incrocia il genere (Ritorno a Cold Mountain aveva addirittura trasformato una donna nera in Renée Zellweger …) e neppure Colin Farrell (che ha interpretato Jesse James in Gli ultimi fuorilegge).
Certo la casa della piantagione è meravigliosa, così come pure lo scenario circostante di alberi cadenti e orizzonti nebbiosi al limitar dei boschi. Ha l’aspetto estetico che ci si aspetta da un’opera d’epoca e splendidi costumi da abbinare. La Coppola è maestra nell’esaltare lo sguardo femminile e imprigionarlo in inquadrature da cartolina, tanto che Farrell non è probabilmente mai apparso così bello sullo schermo. E questo è un problema. A costo di sembrare bacchettoni, in un’epoca di revisionismo forse sarebbe il caso di non raccontare il Sud confederato come una terra lussureggiante, piena di uomini attraenti, donne bianche e vivaci e fondali pittorici.
Forse la donna di quei luoghi/tempi non è il personaggio più adeguato per diventare un’eroina, non importa quanto sia eventualmente pulp o kitsch un film, ancora di più quando si rimuove deliberatamente il discorso razziale dall’equazione. Martha, Edwina, Alicia ed Amy sono in definitiva fatte passare come vittime in L’Inganno e il pubblico riesce tranquillamente a tifare per loro senza alcun senso di colpa. Fuori dagli Stati Uniti questo aspetto potrà pure passare in secondo piano, o addirittura essere ignorato del tutto, fatto sta che sorprende la leggerezza con cui la Coppola se ne disinteressi, specie in un momento storico tanto complesso come quello dell’America odierna.
Inspiegabile il premio per la Migliore regia a Cannes (la Coppola è stata la seconda donna della storia a vincerlo) o forse no, la dice lunga sulla qualità della concorrenza (sempre che i voti di una giuria abbiano davvero un peso per qualcuno). Da un punto di vista estetico e tecnico, il suo successo è lodevole, ma la mancanza di ricchezza storica, intellettuale e tematica non può essere giustificata in alcun modo.
Di seguito il trailer ufficiale italiano di L’Inganno, nei nostri cinema dal 21 settembre:
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