Voto: 8/10 Titolo originale: Love , uscita: 06-07-2015. Budget: $3,000,000. Regista: Gaspar Noé.
Love (2015): la recensione del film diretto da Gaspar Noé
10/12/2016 recensione film Love di Sabrina Crivelli
L'essenza nichilista dell'essere e dell'eros attraverso lo sguardo irriverente del controverso regista franco-argentino
Film discusso, senza censura, come sempre in Gaspar Noé, Love dietro lo scalpore dell’immagine cruda e senza pudore cela molto più dell’epidermico.
Fortemente destabilizzante su più livelli, certo la spettacolarizzazione del sesso, sensuale, a volte indagato nei suoi più estremi meandri, i meno esplorati, è al centro di questa pellicola, al cui centro c’è una relazione dilaniante e totalizzante, quella di Murphy (Karl Glusman) ed Electra (Aomi Muyock), in cui casualmente si intromette Omi (Klara Kristin), coinvolta in un ménage à trois che porterà alla rottura del legame tra i due, quando lui, durante un amplesso clandestino, per sfortuna mette incinta quest’ultima.
E’ lἜρως, nell’accezione greca che meglio caratterizzava e differenziava le mille sfumature dell’idea d’amore stessa, che regna nel film. Insaziabile signore, domina le azioni di Murphy, lo porta a perdere spesso il controllo di sé, a commettere l’errore che definirà per sempre la sua esistenza, a quel rapporto con Omi, da cui non sa desistere per irrefrenabile necessità fisica, che lo destinerà a un inferno domestico, imprigionato in casa sua con una donna che non ama e un figlio che avrebbe voluto da un’altra.
Allo stesso tempo è anche il fantasma dell’amore passato, Electra, immortale nella memoria come la ninfa amata da Giove, è una presenza costante nella sua mente, ossessione proiettata nelle sequenze attraverso un montaggio che alterna passato e presente, realtà e ricordo, infine allucinazione, quando sul finale vagheggia di vederla davanti a sé, poi ne fotogramma successivo c’è solo il vuoto.
E’ la concretizzazione di una pura, dilaniante disperazione, che attraverso un percorso narrativo tortuoso, labirintico, ci riporta a ritroso all’inizio di un sentimento devastante, alle radici di una intollerabile sofferenza cristallizzata lì, nell’immagine eidetica di loro due, amanti stretti in un abbraccio dall’intimità disarmante nella vasca da bagno che si tinge di rosso. Ma la realtà è differente, come accade in Irréversible, il tempo scorre all’opposto catturato attraverso la camera da presa di Noé, l’incipit ci trafigge, dolorosamente, con lo squallore opprimente dell’oggi, per poi riportarci indietro a un momento di luce, di gioia, facendoci così esperire ancor più il terribile onere, un macigno che quasi toglie il respiro, per contrappunto.
In Love, è forse più claustrofobia delle mura domestiche, una volta luogo di felicità, ora prigione soffocante, grigia e spenta, resa attraverso le luci scelte per la fotografia, che ancora una volta sono strumento espressivo: il contrasto risiede nel carattere dell’immagine filmica stessa, in senso tonale, le stanze cromaticamente si accendono quando traspongono il ricordo, si spengono e ingrigiscono quando catturano il presente, come se attraverso la percezione e il sentire del protagonista il mondo circostante si fosse ricoperto d’amarezza.
Poi c’è il passato, o meglio i passati, i diversi piani temporali confusi e fusi insieme, collage mentale di momenti, alcuni più assillanti, rivissuti più volte, in particolare il tradimento con Omi. Il racconto è volutamente caotico, incoerente, procede per aggiunta a singulti a ricomporre un quadro completo solo alla fine, come fossimo nella mente del narratore.
E poi c’è l’amore carnale in ogni sua possibile declinazione: dissonanti configurazioni di una medesima idea, c’è l’utopica eppur reale fusione di materia e spirito, quella concretata nell’incontro dei corpi nudi dei due amanti innamorati, di Murphy ed Electra, avvolti da purpuree lenzuola in parte increspate, baroccamente sensuali, pura erotica intimità. Poi ci sono gli incontri squallidi, fisici e meccanici, come lo sbrigativo sfogo momentaneo di Murphy con un’attricetta in bagno, che generano più dolore dopo, che piacere nel mentre. Infine c’è il lato più oscuro, fascinazione del perverso e ricerca dell’inesplorato che porta la coppia, già in crisi, in un locale per scambisti.
I due protagonisti, d’altra parte, sono anime perdute, la degenerazione del loro amore, come della ricerca di fisicità non può avere epilogo lieto, e tuttavia l’assolutezza della loro ricerca, della loro unione non cessa di sedurre per un istante, anche la peggiore delle cadute è assoluta, antiborghese, per questo contiene tutte le lusinghe di una totale nichilista libertà dell’immanente.
Libertà che viene ripresa nella qualità della diegesi e della regia di Gaspar Noé, geniali come irriverente anzitutto nel soggetto, nella totale rappresentazione della nudità, degli incontri erotici e del corpo, oltre che delle realtà più scabrose del reale, della nostra società, senza alcuna lente critica, semplicemente catturati nel loro esistere in mezzo al turbinio del creato.
Lacerazione poi della morale, portata sullo schermo dai dialoghi dei personaggi, ciascuno espressione di un disagio che lo porta a seguire strade esistenziali crepuscolari, mai la via maestra della normalità, mostrandoci così un ponto di vista differente.
Rottura infine delle convenzioni nel montaggio, che prescinde il tempo e lo spazio e narra solo per frammenti di vissuto accostati con poetica assenza di regola e incredibilmente soggettiva.
Se il sesso potrebbe apparire l’epicentro della narrazione, superficialmente, il regista non si limita alla sola carne e forse anzi è l’anima, nichilista e disperata, che traspare attraverso i fotogrammi visivamente pregnanti e sconvolgenti, a disturbare ancor di più l’equilibrio, la serenità omologante dello spettatore, che nell’amore cerca solo un porto sicuro.
Di seguito il trailer internazionale di Love:
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